Fare la lista della spesa oppure fare politica, that’s the question

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Fare la lista della spesa oppure fare politica, that’s the question
Draghi a un certo punto dovrà tirare una linea. Il compito è improbo anche per lui, che pure è stato dipinto come un super eroe Marvel. Dovrà scegliere, decidere, tracciare un confine. Se non lo farà, avrà un governo che sembrerà un pollaio. È giusto dare la propria disponibilità, è giusto che la ex maggioranza Conte non si tiri indietro dinanzi alla opportunità (necessità) di vigilare da vicino sul Recovery, dando così anche un impulso alla lotta al Covid. È giusto sedere al tavolo dove sarà possibile indicare soluzioni, sarà possibile rintuzzare da vicino gli avversari, offrendo il proprio contributo e presidiando il luogo ove, ritengo, si prenderanno importanti decisioni. Abbiamo il dovere di garantire agli italiani che quei soldi non vengano spesi secondo criteri personali, con usufrutto di parte e fuori dalle effettive necessità del Paese. La faglia passerà dentro l’esecutivo, là dentro si svolgerà la guerra di posizione, lì si lotterà centimetro dopo centimetro. Tutta la stampa si concentrerà su quel tavolo, perché anche i media vigileranno e terranno Draghi sotto botta, visto che rappresentano lobby e potentati con la bava alla bocca. Sarà come stare al centro del sistema, una specie di panopticon. E lì si deve stare per capire il da farsi.
Detto questo, sappiate che la politica non finisce lì. Che quel che si preannuncia è la compilazione di una maxi lista della spesa, dove ognuno spera di spuntare almeno un pezzo, il proprio. Che il motto sarà “fare”, e fare in fretta; spendere e spendere a scapicollo. Che tutto il resto sarà marginale, secondario, che Draghi lo voglia o meno. Lui per primo, dopo le consultazioni monstre, dovrà fare in fretta a scegliere la maggioranza e i ministri: coloro che hanno voluto che Conte cadesse hanno l’acquolina in bocca e non vedono l’ora di attingere al pozzo pieno di acqua “ferugginosa” (cit. Stanlio e Ollio). Una ragione in più per stare dentro all’esecutivo e frenare i bollenti spiriti, ma anche una ragione in più per capire che la politica, appunto, è altra cosa dal semplice “fare”. A “fare” sono i capaci, i competenti, i bravi, i tecnici; per la politica invece servono le grandi discussioni, il dibattito pubblico, il confronto, la mediazione, la trattativa, i tentativi di reciproca persuasione, l’apertura di consessi. Su cosa? Sul destino dell’Italia, sulle sue prospettive, sulla strada che deve intraprendere, sulle scelte da fare, sui confini da tracciare, sulle idee-guida, sui paletti e le discriminanti. Questa prassi è la garanzia che si lavori per il bene pubblico, non altro. La politica è un fatto linguistico, senza linguaggio semplicemente essa non esiste, senza linguaggio non c’è nemmeno la democrazia.
Un patto di consultazione tra le forze della maggioranza Conte sarebbe politica. Fare un ponte è invece tecnica (di bilancio, amministrativa, ingegneristica). Indicare un percorso e commisurare le proprie scelte al contesto in cui avvengono e ai rapporti di forza è politica. Stilare una lista della spesa che fa contenti tutti, è invece semplice ragioneria. I grandi politici assumono decisioni ragionevoli, i tecnici attivano meccanismi produttivi di cose da fare. Se si trattasse solo di fare “cose” (tipo tappare le buche in strada) perché fare elezioni? Basterebbero quelli bravi a realizzare lavori, a saper spendere soldi: appunto i ‘meritevoli’ di Brunetta, i ‘migliori’ di Renzi. Mentre, invece, la politica è “parlare”, “parlarsi”, dibattere, avviare discussioni pubbliche, tentare di persuadere e persuadersi, assumere decisioni collettive, partecipare, sentirsi tra uguali, pur al di là delle ovvie distinzioni e differenze sociali. Un tessuto di confronto e una rete di partecipazione, venendo a mancare i quali, crollerebbe il senso stesso della democrazia.
Ora, per la sinistra, il governo Draghi è davvero una prova del fuoco. Guai a star fuori per scelta, ma guai anche a stare solo dentro, evitando la discussione pubblica, aperta, il dialogo con i cittadini e le organizzazioni che li rappresentano. Una lista della spesa è falsa se non è frutto di un confronto con Paese, i suoi bisogni, le necessità effettive, le sue linee di sviluppo, le parole di ultimi e penultimi. O meglio, è possibile compilare una lista della spesa nel chiuso di una stanza, tra tecnici e maneggioni, ma certo si tratterebbe soltanto di una distribuzione di soldi e risorse ai soliti noti, quelli che hanno prima abbattuto Conte e ora sperano di aggirare Draghi, confonderlo, circoscriverlo, per carpirgli qualche spicciolo miliardario e garantire così, per il futuro, le proprie fortune politiche e personali.
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