Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Governo Draghi. Finiscono le chiacchiere, ritorna la realtà.
Non è un dream team, non poteva esserlo. E non lo è mai, soprattutto se a parlare è Renzi (a Roma lo conosciamo bene, così come lo conoscono i notai). Anzi, è un governo, come pensavo, al cui interno passano molte faglie. La prima tra tecnici e politici. Su di essa faranno leva in molti, per addebitare ai tecnici tutti i meriti e ai politici i demeriti (come ha spiegato Chiara Geloni). La seconda faglia sarà tra rivali politici che resteranno tali, introducendo all’interno dell’esecutivo lo scontro destra/sinistra altrimenti destinato al Parlamento. La terza faglia è tra chi si occuperà direttamente del Recovery (3-4 ministri in tutto, tutti vicini a Draghi) e chi no. E pensare che, a Conte, Renzi addebitò come grave colpa la task force che avrebbe dovuto gestire operativamente il Recovery Fund perché tecnica, perché avrebbe sottratto ruolo al Parlamento. Oggi anche la lobby di Repubblica (il fantastico Claudio Tito) si accorge che il governo sarà quello “degli opposti”, cioè traversato da una trincea (o più di una) su cui si farà molta guerra di posizione. Lo scoprono adesso dopo aver bombardato Conte come se fosse stato la Berlino hitleriana.
Detto questo, noto che un terzo del governo proviene dal Conte II, peraltro quasi tutto dislocato nei ministeri forti. Un segno di continuità che la destra ha subito notato. Oggi i giornali di quella parte politica sono furibondi, altro che luna di miele. Definiscono Draghi un nuovo governo Conte. Salvini ha già dichiarato che la brutta notizia, dal suo punto di vista, sarebbe la presenza nell’esecutivo di Lamorgese e Speranza. Per non parlare della Meloni, le cui dichiarazioni sono belliche, altro che opposizione responsabile. Renzi, invece, non raccoglie granché. Perde un ministro, perde la rendita di posizione, il suo presunto machiavellismo gli si rivolta contro. Non ci vuole molto a capire che tra un po’ tornerà a fare danni, sperando di incidere sull’elezione del Presidente della Repubblica, magari facendo l’ennesimo patto col diavolo (Salvini).
I draghiani già mettono le mani avanti. Ci sono quelli che se la prendono coi politici nel governo, che sarebbero un freno in quanto tali verso il “prezioso” lavoro dei tecnici. Ma con la “pessima” offerta politica che abbiamo, si dice, Draghi non poteva scegliere di meglio. Offerta politica? Ma la politica non è un mercato. La politica è quella che dà la fiducia ai governi; è il Parlamento che decide sugli esecutivi, non i consessi tecnici; sono i partiti a essere riconosciuti nel loro ruolo dalla Costituzione, non i consigli di amministrazione o i laboratori scientifici. Siamo già alle scuse anticipate ove il governo dovesse fallire? Abbiamo già i capri espiatori pronti sull’altare? È sempre colpa della politica? Oppure della burocrazia? La tecnica è santa? Draghi è santo?
Una buona notizia. Speranza c’è, ed è una garanzia. Su di lui graverà l’emergenza più grande, che non è rifornire di soldi la bisaccia delle imprese e dei clientes, ma affrontare la crisi sanitaria. Dovrà fare un lavoro pazzesco, anche perché non avrà attorno un governo solidale, ma una squadra in massima parte concentrata sui soldi, sull’economia, sull’interesse delle imprese. Sarà meno tutelato, meno protetto, sarà sotto il tiro di una parte del governo e continuerà a essere bersagliato dai giornali di quelli che pure stanno al governo ma che fanno opposizione e spaccheranno di fatto l’esecutivo. Per questo si tratta di sostenere il Ministro della Salute, di capire che ci sono fronti endogovernativi, che farsi da parte è come titrarsi indietro dal confronto, è come lasciare solo Speranza e tutti quei ministri che affronteranno un impegno durissimo, sotto i colpi di certi presunti sostenitori del governo, in realtà provocatori nati.
Un governo “degli opposti” non è, non può essere, un governo di unità nazionale. Soprattutto se permarranno i fronti politici, che stavolta taglieranno in due (o più) l’esecutivo. Paradossalmente, questo governo è una specie di Conte ter, con la fastidiosissima (e inutile) presenza dentro della Lega, ma senza la Bellanova (meglio). Un Conte ter, però, senza quattro ministri come Gualtieri, Boccia, Provenzano e Amendola. Quattro ministri del centro-sud. Quattro ministri del PD non renziani, che pagano il lavoro durissimo e meritorio di questo ultimo anno. Un governo che paga prezzo al renzismo delle lobby e dei potentati, che resta diviso, una parte politica contro l’altra, tecnici contro politici, Recovery contro pandemia, Nord contro Sud. Alcuni commenti sono di delusione, soprattutto di chi voleva un governo toitalmente di tecnici, con tante “novità”, che rompesse con l’eredità di Conte, perché la politica è sempre considerata la vera colpevole di tutto. Beh, questa ideologia antipolitica, che i giornali hanno fatto propria e alimentato, è il male vero che, da decenni, avvelena la vita pubblica. Per questo dell’informazione non mi fido più.
E infine Draghi. La luna di miele è cominciata in anticipo, e rischia di finire subito. Pur di cacciare Conte per arraffare il malloppo si è gettato nel calderone una cosiddetta riserva della Repubblica, un uomo che avrebbe stravinto al Quirinale, che appariva come “terzo”, che poteva essere una risorsa, e che invece da oggi è sotto botta dei giornali, della comunicazione, dei social, delle fazioni politiche improvvidamente accumunate al governo. Sotto botta pur di fare il “magna magna”. Bruciare Draghi pur di mettere in tasca due soldi, è questa la sostanza della battaglia delle lobby e dei potentati scatenata in questi mesi. Tutto, ma proprio tutto, anche la terra bruciata pur di arraffare. Tutto pur di trasformare presunti “sussidi” (Bonomi) in “investimenti” (soldi ‘brevi manu’ alle imprese). È questo il punto. Per questo non fate passi indietro. Non lasciate, per “purezza” personale, che si mangino tutto. La politica non è un ragionamento fatto nei salotti, ma un cuore grosso così (e anche uno stomaco con tanti peli). Ci vuole coraggio, tanto. Bisogna prender parte, essere di parte, schierarsi e combattere. E farlo sul campo di battaglia, non sugli spalti mentre di mangiano pop corn (anche se sono buonissimi). Sennò è tutta e solo teoria. Non politica.


