La multinazionale McKinsey è stata designata dal governo Draghi per una consulenza inerente alla definizione dei progetti del Recovery Plan.
Nei giorni scorsi alcuni organi di stampa avevano riportato la notizia, costringendo il Ministero del Tesoro, guidato da Daniele Franco, ad intervenire con una nota chiarendo le motivazioni di questa opinabile decisione.
Nel comunicato ministeriale si legge che la McKinsey non sarebbe coinvolta direttamente nella definizione e negli aspetti decisionali degli investimenti. Tali competenze spetterebbero agli organi della pubblica amministrazione preposti in materia.
La McKinsey, multinazionale di consulenza strategica con sede a Chicago, fornirà solo un’analisi dei dati e dell’impatto dei singoli progetti selezionati dal Tesoro.
La società non sarebbe nuova ad incarichi di questo genere. Anche l’allora premier britannico Tony Blair si avvalse delle valutazioni di McKinsey per la ristrutturazione dell’Ufficio di gabinetto, suscitando molte critiche nel Regno Unito.
Alcune perplessità sulla linea adottata dal governo nostrano sono emerse dalle dichiarazioni di alcune forze politiche anche in seno alla maggioranza, mentre esponenti di Confindustria hanno elogiato il contratto di consulenza stipulato dall’esecutivo che prevede un compenso netto di 25mila euro ed è stato affidato, a quanto pare, rispettando la legge vigente sul Codice degli Appalti.
Per quanto la decisione di affidarsi ad una società di consulenza straniera possa essere discutibile, essa è sicuramente la logica conseguenza delle linee guida del Recovery Plan stesso in quanto l’accettazione delle sue direttrici di investimento sono già state decise ai piani alti nei mesi scorsi, vedesi la destinazione di gran parte del progetto alla cosiddetta transizione ecologica.
Ci auguriamo soltanto che quelli della McKinsey siano buoni consigli, non come quelli che i suoi consulenti avevano dato ad alcune industrie farmaceutiche statunitensi le quali, dopo una campagna molto aggressiva per la vendita di farmaci oppiacei consigliata dalla multinazionale di Chicago, furono costrette a pagare multe milionarie perché i prodotti si erano rivalati dannosi per la salute.


