Autore originale del testo: Giovanni La Torre
Fonte: i gessetti di Sylos
Fonte: i gessetti di Sylos
Il M5S ha compiuto l’ultimo passo e ora è a pieno titolo PNI doc (Partito Normale Italiano)
Il M5S da tempo ha dato dimostrazione di essere sulla strada della normalizzazione partitocratica italiana, però avvertivo che mancava ancora qualcosa per ritenere il percorso compiuto. Ora quel qualcosa è giunto finalmente. Ripercorriamo il percorso. Il primo segno tipico del politicismo italico manifestato dal M5S è stato il trasformismo. Il 31 maggio 2018 nasce il governo gialloverde, composto cioè da due partiti che durante la campagna elettorale si erano dichiarati incompatibili. Detto trasformismo è stato poi confermato il 18 settembre 2019 con il disinvolto passaggio al governo giallorosso.
Il secondo segno è stato l’adozione del trombonismo quale mezzo di comunicazione. Il 27 settembre 2019 il vice premier Di Maio e altri ministri 5S escono trionfanti sul balcone di Palazzo Chigi per annunciare, al popolo raccoltosi sotto, di aver fatto deliberare al governo un deficit del 2,4%, al posto del 2,1 precedentemente previsto, come se fosse un merito fare qualcosa che dipende solo e solamente da se stessi. Avrebbero potuto benissimo deliberare il 4%, il 10% e così via, ma avevano comunicato la cosa come se avessero scoperto una miniera d’oro cui attingere. Per la cronaca poi quel deficit fu portato, su ingiunzione dell’Ue, al 2,04%, quindi meno addirittura del 2,1%.
Il terzo segno è stato la qualificazione ideologica del trasformismo: il 13 ottobre 2019 Di Maio dichiara “saremo l’ago della bilancia dei futuri governi”, tipico di un partito che non ha più un suo programma e si regolerà di volta in volta da che parte stare a seconda delle convenienze del momento.
A questo punto, come ho detto, avvertivo che mancava ancora qualcosa per catalogare il M5S come PNI, ma non sapevo cosa fosse. Me lo ha fatto capire Di Maio in questi giorni, e dicendolo ha colmato il vuoto. Il 23 aprile 2021 Di Maio, rivolgendosi al Pd, ha dichiarato: “l’alleanza non decolla, così vince Salvini”. In questo modo il M5S ha abbracciato quello che è uno dei leit motiv dei partiti italiani quando non hanno più idee: chiedere il voto non per un programma in positivo, ma per un atteggiamento in negativo verso qualcun altro. E così dopo che per decenni si è invitato il popolo italiano a votare in un certo modo “perché se no vincono i comunisti”, poi “perché se no vince Berlusconi”, oggi “perché se no vince Salvini”, il popolo italiano non voterebbe più per un programma ma per un ostracismo, e il M5S si è prontamente accodato anche a questo.
E’ confermato un processo che riguarda quasi tutte le organizzazioni: all’inizio nascono e operano per quello che in inglese si chiama “mission”, ma poi operano per il mantenimento e la sopravvivenza della struttura che intanto si è creata.


