Pecunia olet

per mafalda conti
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Pecunia olet
Draghi è stato chiamato per i soldi. Conte defenestrato per lo stesso motivo. L’attuale premier è incaricato di portare a termine una missione, quella di approntare la distribuzione alle imprese di una montagna di euro di provenienza europea. E per farlo, ha avuto anche il compito di “allisciare” il più possibile i canali di distribuzione mediante riforme ad hoc che cancellino la “burocrazia”, “semplifichino”, eliminino intoppi, grinze, strappino i lacci e lacciuoli che impediscono all’economia di crescere. Poco importa quanto andrà a scuola, sanità, trasporti, tutela sociale. Si tratta del settore pubblico, che dovrà contentarsi di quote obbligate, dovute o poco più. Sono le imprese ad aver spinto per la venuta di Draghi (le imprese e le loro parti politiche), e oggi sono le imprese a passare proditoriamente all’incasso. Non sia mai che i soldi pubblici servano a ridisegnare il campo del nostro vivere assieme. Vivere assieme? E quando mai.
Questo è. Se non fosse che il mondo bussa alle porte, e che non tutto può ridursi al tema del Recovery e del susseguente foraggiamento delle imprese. Parlo del mondo con i suoi problemi, i suoi dilemmi, le sue urgenze, la sofferenza e la morte. Un governo della tecnica come quello di Draghi quanto può essere all’altezza dei temi pazzeschi che la politica deve affrontare di petto, non marginalmente rispetto al tavolo dove si smazzano euro pubblici? D’altronde, lo aveva detto pure lo sponsor ‘Repubblica’ quando il governo si formò: i ministri tecnici sono il fulcro, devono distribuire risorse – ai politici in seconda fila il compito di occuparsi delle “emergenze” non pecuniarie che disturbano il manovratore. Scrisse proprio così: “emergenze”. La più totale squalificazione della politica a vantaggio del lavoro dei ragionieri.
I flussi migratori sono “emergenza”, mi chiedo, oppure una grande questione politica, che solo governi politici possono e debbono affrontare nella misura dovuta? Quei bambini morti, abbandonati sulla spiaggia africana, quei morticini che non fanno PIL, che non producono “crescita”, che non rilanciano le imprese e non fanno economia, consumo, lusso, vacanze, sono “emergenza” oppure la più grande questione aperta, anzi spalancata, oggi dinanzi al mondo? Cosa possono fare dei semplici ragionieri in tal caso? Come possono i tecnici affrontare un tema politicissimo, anti-economico persino? Io credo che non possano, anche perché gli sponsor della manovra di gennaio non chiedono certo questo, soprattutto quelli di destra.
E poi. Non è vero che ignorandoli, ignorando i migranti, alzando le paratie, bloccando le onlus, chiudendo i porti, il problema che sta a monte delle migrazioni sarà risolto, non è vero che donne e uomini cesseranno di morire, non è vero che chiudendo le rotte essi resteranno a terra e non affonderanno in mare. Non è vero che ci sarà più giustizia. Le migrazioni sono l’epifenomeno di un mondo ingiusto, diseguale, di grande ricchezza e di immensa povertà. Esso è la vera causa della fuga verso l’Europa del Recovery, la stessa Europa in cui i privati sono oggi impegnati principalmente a conteggiare e smazzare soldi pubblici. Senza un piano di accoglienza, senza la grande politica, ci sarà sempre un naufragio che rigetterà i morti a riva. E quei corpi resteranno lì, ignorati, dimenticati, almeno sinché l’ultimo centesimo di euro non verrà distribuito e tutti ne saranno soddisfatti. E ci sarà modo, solo allora, di affrontare con comodo l’emergenza, inviando una squadra di bonifica che, prima delle meritate vacanze, liberi le spiagge dalle vite umane spezzate e gettate all’ammasso come un incarto che ormai non serve più – come una vita che forse non è mai servita a granché.
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