Primarie bolognesi e dintorni in unico pippone notturno del giorno dopo

per mafalda conti
Autore originale del testo: Fausto Anderlini
Primarie bolognesi e dintorni in unico pippone notturno del giorno dopo
Buona partecipazione, risultato netto, anche se l’attenzione si concentra su quel 40 % radunato dalla santa ragazza di Saint Lazare. E’ tanto o poco ? E che prospettive ha ?
ll lancio della Pomona
Per il nostro Lepore, e tutti noi, Isabelita era il peggior outsider che si potesse immaginare. Tutti gli elementi lombrosiani della futilità post-moderna congiuravano a suo favore: donna con un bel viso regolare e pienotta il giusto, con baricentro a scendere, una giovane pomona intimamente bolognese. Di carattere passionale e determinato, molto autocentrata, molto ragazza, poco materna, dotata di una empatia centripeta, cioè capace di attirare simpatia e desiderio di protezione anche per la sua propensione ribelle e insieme vittimistica. Personalità sfidante ma anche patetica e melodrammatica. Un’eroina da fotoromanzo politico, sebbene con qualche elemento certificato di professionalità amministrante. Con tutti i media draghisti di lor signori alle spalle, persino stupefatti dal vedersi recapitato dal casting renziano un prodotto così atipico rispetto alla dominante ivi imperante dei manigoldi, dei leccaculo antipatetici, dei saprofiti e delle fighe che se la tirano. Spiazzante e perfetta per pescare in ogni dove: a destra e sinistra, ma soprattutto sulla superficie levigata dei buoni sentimenti.
Il terzo incluso
A Bologna in ogni primaria si è sempre manifestato un terzo di votanti ostili alla candidatura ufficiale messa in pole position dal potere politico prevalente. Una sorta di centro-sinistra di frangia, paladino della ‘società civile’, ma dell’interno, radico-ulivista per natura, molto amato dall’entourage di Repubblica (e adesso anche del Corriere e del Carlino). Quando Sel e i prodiani si radunarono attorno alla Frascaroli essa seppe imporre a Merola un risultato vicino a quello della Conti. Ottimo per redistribuire posti quando il sangue delle primarie passa alla coagulazione. I prodiani (e i vendoliani) sono sempre stati maestri nel suturare ben a modo le lacerazioni da essi stessi create. Dei veri sarti e grandi gigioni. Andrà così anche stavolta che il terzo incluso è stato persino superato ? Dopo vedremo. Intanto notiamo che neanche erano chiuse le urne che già una ressa di mediatori e pontieri s’era messa in moto sulla via Emilia levante..
Davide contro Golia
Perciò, bando alle fesserie. E’ stato Lepore nei panni di Davide e noi leporisti a sostegno dei poveri opliti. E abbiamo vinto. Solo un cretino con tutto quello che è accaduto in questo terzo di secolo può pensare che Golia fosse impersonato dall’apparato di partito del Pd. A sua volta un residuo gravemente corrotto e sgretolato dell’Apparato che fu il Pci bolognese. Poche migliaia di iscritti, vieppiù sconcertati e sedi territoriali ormai sporadiche, disadorne e puntiformi. Laddove il Pci ancora negli ’80 aveva in città circa la metà degli oltre centomila iscritti della provincia, case del popolo e sezioni in ogni dove…..Un risibile baluardo rispetto alla potenza degli apparati mediatici e di potere in campo. Alla fine vince non tanto l’apparato politico di potere reale (peraltro bombardato dalle divisioni interne) ma l’apparato ideale che la gente di sinistra si porta in testa come i libri del dottor Kien. Un corpo vivente (e peraltro insufflato di quella energia morbosa che si manifesta pre mortem) il cui immaginario si muove al seguito di una razionalità auto-imposta, come fosse guidata da un ‘apparato politico-morale’ che ordina, amalgama, disciplina e detta la linea giusta al comportamento, Cioè come se ancora esistesse il ‘Partito’. Vera istanza psichica della città.
La spectre…
A Bologna il Pd ha solo quattromila iscritti, un settimo dei partecipanti alle primarie, un quarto dei votanti per Lepore ! .E questo è tutto l’apparato che passa il convento. Se Lepore ha vinto è perchè si è mosso l’apparato fantasmatico dello scantinato urbano. Gli ex-iscritti in sonno del partito che fu.
Il ventre della città
Questo lo si è ben visto nelle periferie, vero sottoscala psichico demografico in quiescenza della fu grande Bologna industriale, operaia, socialista. Dove non c’è più una fabbrica che è una, solo centri commerciali et similia, e men che meno una casa del popolo. Ma dove resta l’imprinting del genius loci di quel mondo. Lepore stravince a Borgo, San Donato, Corticella, la Barca, San Vitale ecc.. La Conti fa il pieno in Irnerio, Santo Stefano e Colli, dove la buona borghesia si mescola con classi medie gentrificate equamente suddivise fra esasperati insonni e new-agers post-moderni. Cioè nel mondo della ztl, crogiuolo condiviso del Pd renzo-liberista ma anche della sinistra radical transgender del ‘pianeta-Dams’. Mettendo la sua sede alla ex Corazza in Andreini strasse, perfetto interfaccia della Beccaccino row degli Anderlini, il Lepore ha dato corpo alla migliore intuizione. Evocando quel mondo, facendo come esistesse ancora. Una magia prestidigitatoria, come l’otaria che porta la palla sul muso. Un incantesimo. Direi la sua cosa meglio riuscita. Ha evitato di far danno mettendo il nuovo contro il vecchio come ennesimo rottamatore.
I ladri
Tutte le sfighe precipitarono quando si cominciò a parlare di aprire porte e finestre delle sezioni alla nuova società civile. Fu allora che Mauro Zani ammonì: “Bravi coglioni ! Così fate entrare i ladri…”. Fu l’espressione più felice, forse non l’unica ma di certo la più importante, per la quale merita d’essere ricordato.
La goccia che fa traboccare il vaso
Sia ben chiaro questa vittoria della ‘sinistra’ è tutta nostra. Non della scialba burocrazia a mezzo tempo del Pd, non della gauche civica e dintorni, non delle sarde e men che meno dei prodi-boys. Ma di Articolo uno. Non solo perchè parlare di quella istanza magico-psichica rinvia immediatamente al suo negletto sacerdozio, cioè alla santa Sovrintendenza bersaniana che ne custodisce il segreto. Ma perchè la differentia specifica l’ha fatta il Gardeng Party. Qui non ho tempo per spiegare in dettaglio chi siano la Sovrintendenza e il Gardeng Party (al tempo sarò a disposizione dei curiosi). Mi soffermo solo su un dato. Art. Uno è elettoralmente infimo in quanto raduna una ristretta retroguardia elitaria di massa (cioè il corpo degli ex militanti e quadri del Pci), ma nel campetto a sette delle primarie conta eccome. Lo si vide già in occasione della promozione del brocco, cioè di Zingaretti. Senza i voti di Art. Uno, infatti, avrebbe vinto di misura, non di dismisura. Così in quei venti punti di distacco che Lepore marca sulla Conti almeno quindici (così stimo) li ha portati il Gardeng Party.
Perversioni
E qui si manifesta l’ennesimo paradosso. Se le primarie sono per noi una ciofeca che ci fa persino schifo, è nondimeno nelle primarie che siamo in grado far valere la nostra geometrica micro-potenza. Meditate gente….
Gli atei devoti e altre parodie
Se la sono tutti presa con gli incauti Sita, Olivi and company per quella richiesta di purga procedurale ai danni degli Aitini, dei Lombardo, della Gualmini ecc. ecc. Persino quel coglione di Fassino è sceso da Torino (dove non cavano un ragno dal buco) per fare la ramanzina contro l’impoliticità del burocratismo del probiviro. Ma essi sono stati coerenti. Il centralismo democratico immanente. Chi sgarra dalla linea sia escluso e perseguitato. Extra ecclesiam nulla salus. E’ sulle stesse note che una volta eletto Renzi si disposero a suo servizio in quanto incarnazione dell’infallibilità ex cathedra del segretario. E si diedero alla persecuzione degli eretici bersaniani dai quali, quando stavano sul podio, essi stessi provenivano. Tacciandoli di eresia, e settarismo scissionista. Si autoillusero che il Pd renziano fosse l’ennesima reincarnazione del Pci, addirittura il compimento del togliattiano ‘partito nuovo della nazione’. Cosa non inventare per seguire l’intendenza…. E adesso procedono con lo stesso schema: eletto Letta se ne segue la linea. Veri cattolici apostolici romani. Portati, per amore del metodo, a incensare qualsivoglia autorità d’ufficio. In ultima analisi l’istanza della disciplina del ‘noi’ istituzionale contro l’anarchismo dell’io. Un sano principio, non fosse che se ne chiede l’applicazione come parodia. Esattamente speculare alla parodia del dissenso messa in campo dagli indisciplinati. Non eretici ma giocatori di poker, ovvero cacciatori di cariche. Ribelli a che cosa se il partito è un’ameba che galleggia sulla mucillagine ?
Law & order
E già che ci siamo concedetemi una divagazione che centra il cuore del problema sciamanico. I partiti, il ‘Partito’, erano strutture d’ordine con alti recinti che ne delimitavano i confini. Il partito nuovo di Togliatti fu una geniale invenzione che mentre lasciava entrare masse di proseliti si dava da fare al meglio per non farli più uscire. Una forza politica osmotica col mondo ma anche di ritenzione, trattenimento e contenimento. Così il partito era come un galoppatoio ben recintato: allevava purosangue e teneva a bada i ronzini dandogli un ruolo. Dentro il recinto non c’erano solo i migliori esponenti della classe e dell’ideologia, ma anche legioni di coglioni e cretini. Li teneva a bada, e questa funzione era altrettanto importante che la promozione dei geni. La quintessenza di ogni efficace disciplinamento. Il più grande disastro conseguito alla fine del partito-impero gerarchicamente ordinato, ovvero il trapasso al partito liquido, a-ideologico e privo di barriere, cioè libero da sè medesimo, è stato non solo l’annichilimento dei veri meritevoli, ma la liberazione dei cretini. Ognuno libero di dire-fare la sua. Passando dal pensare incognito e trattenuto all’agire esplicito. Qui non li sto a contare ma di cotali ‘liberati’ messisi in proprio ne ho visti un tot assieparsi dietro la pasionaria di Saint Lazare.
Il partito che è in noi
La nostra storia è diversa. In parte ce ne andammo in parfte fummo cacciati fuori, anche con l’ausilio dei più ciglioni dei nostri vecchi sodali. Ma la nostra non fu indisciplina. Tutt’altro ! Vista la sua degenerazione uscimmo raminghi come anacoreti per coltivare la memoria della vera disciplina. Salvando il partito che era in noi, marmorizzandolo come un intimo tabernacolo. E diventammo, su intizione della Marcella Mauthe la Sovrintendenza di una cultura politica morta seppure bellissima. E a contorno edificammo il Gardeng party, giardino pensile e pensante aperto agli illuminati e curato da Giordano Gardenghi….Perchè solo come eresia l’idea della chiesa poteva essere conservata.
Perdono e castigo
Seguissi la mia personale inclinazione, ma anche un tot di esempi storici di scuola, vinte le primarie concederei ai combattenti un tempo di preda e saccheggio. Se non un pogrom, almeno un diritto temperato di persecuzione dei vinti. Come l’ambizione la vendetta non si può escludere dall’humana condicio ed è sempre un movente dell’animus pugnandi. Anche sapendo, avendoli conosciuti, che questo sarebbe stato il comportamento dei renziani ove avessero vinto. Ma siccome sono un analista razionale capisco che un comportamento egemonico implica una pacificazione. Capace di riconoscere alcune (ma solo alcune, anche come placebo) delle ragioni dei vinti e di dare loro una prospettiva che li tolga dal lutto o dalla faida. Meno nemici si hanno al momento della battaglia finale meglio è. Qualche circoscritta punizione va comunque comminata e la disponibilità al dialogo non dovrebbe oscurare le ragioni del programma vincente. Leggo in proposito stupidaggini ed elogi irenici che si spingono fino a ipotizzare una sorta di matrimonio fra Matteo e Isabella, neanche fossero Barak e Michelle. Uniti in una sorta di mistura ermafrodita. Un mieloso Isatteo della Matterella. Sui quotidiani locali già si sprecano gli editoriali che perorano speranzosi un epilogo da ‘sinistra dal volto renziano’. E allora è il caso di mettere le cose in chiaro. Il problema non è se fare o meno prigionieri. Cio’ che è da evitare come la peggiore delle disgrazie è piuttosto di finire noi stessi prigionieri dei vinti. Come già avvenne in occasione della brillante sconfitta di Renzi nelle primarie contro Bersani.
L’assessore del comune accanto.
Ove non si cedesse alle lusinghe pelose del neocentrismo il 40 % delle primarie non ha alcuna proiezione elettorale ad esso congrua ed è destinato a sciogliersi nelle varie e più confuse componenti. Una lista di centro alleata alla sinistra avrà i voti che spettano a Italia viva, cioè pochi, per quanto possa contrattare al rialzo nella giunta e per quanto possa nuocere come è nella sua natura. Nè si vede come la Conti possa fare la capolista visto quanto si è dannata per nascondere la sua ascendenza. Una lista di centro che si presenta in proprio contro la sinistra sotto le gonne della sanlazzarese non andrebbe oltre quel 10 % che è il bacino del guazzalochismo.. Non andrebbe mai al ballottaggio. L’optimum per costoro sarebbe nascondersi in una lista del candidato sindaco, come fecero con Bonacini i vari saprofiti renziani e calendiani (come Mauro Felicori, lucrando anche un assessorato). Più probabile per molti un rientro nei ranghi renziani del Pd sperando sul potere contrattuale delle correnti e sulla stupidità magnanima dei vincitori. Comunque cazzi loro. Uno schieramento di sinistra è in ogni caso autosufficiente, in grado di giocarsela al primo turno.
Il destino della Conti è appeso all’indeterminazione. Intanto tornerà a San Lazzaro, dove non credo sarà ben accolta. Con la coda tra le gambe e l’aria penosa del coniuge che torna a casa dopo essere stato scartato dall’amante. I cittadini non perdonano un Sindaco che li tradisce usandoli come un tramvai per altra destinazione. C’è chi, come l’astuto Andrea Chiarini su Repubblica propone per lei il modello Priolo. Sindaca a San Lazzaro e assessore a Bologna. Un obbrobrio istituzionale che già allora chiamava vendetta. E comunque ci sono di mezzo impedenze rilevanti: San Lazzaro non è Calderara e la Conti non è sposata con De Maria, ma col figlio di una stilista che non mi risulta abbia grane in sospeso con Merola…..
Un rifugio per Virginio
A proposito del quale Merola gradirei un piccolo epitaffio. Come collocarlo nel pantheon dei sindaci bolognesi ?. Paragonarlo ai sindaci dell’età dell’oro, cioè dei 40 gloriosi di Bologna non avrebbe senso. Virginio si è mosso in altro ambiente e in altro ciclo politico. Assai tormentato e per molti aspetti degradato. E certo se paragonato ai ‘minori’, come Cofferati e Vitali mi sentirei di collocarlo decisamente sopra. Il maggiore fra i minori. Sapendo che la grandezza la fanno i tempi prima che i protagonisti. I due mandati li ha guadagnati in situazioni non facili: prima la debacle amoroso giudiziaria di Del Bono e il passaggio della Commissaria, poi le vicissitudini del Pd renziano. Erroneamente si avvalla la diceria di una sorta di aurea mediocritas amministrativa. A parte che altrove è difficile ritrovare qualche esempio luminoso di governo urbano, è vero piuttosto che Virginio ha esibito una capacità non comune di navigazione in tempi incerti e controversi. Cioè in tempi di bassa. Ha voluto fare il sindaco e c’è riuscito impedendo che il posto fosse occupato da De Maria (cosa in sé già meritevole). Capace di ironia e spensieratezza, talvolta di trovate estemporanee e imprevedibili, Merola ha ondivagato fra i flutti di una politica meschina senza macchiarsi più di tanto. Quel tanto di adesione al renzismo è stato più per necessità che per convinzione e appena ha potuto ha messo in piedi un network con Pisapia anche rivelatore di una certa propensione alla commedia dell’arte. Ma soprattutto Virginio è riuscito in una impresa nella quale tutti hanno fallito: allevarsi il successore in casa riuscendo infine a portarlo sino al soglio. Direi che Lepore è, in sé, la sua più notevole realizzazione. E comunque Virginio non ha mai derogato più di tanto rispetto al nucleo della ‘nostra’ cultura politica e dell’onorata Ditta. Per questo lo considero degno di aderire, se vorrà, alla nostra sovrintendenza. Ci sarebbe finito Fanti e ci sono finiti Guerzoni, Bersani ed Errani. Anche Turci, malgrado si sia infilato in quel ramo morto del network socialista. Tempo tre mesi un posto nel Gardeng party è per lui.
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