L’aria che tira in Italia. Mefitica

per mafalda conti
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
L’aria che tira in Italia. Mefitica.
Non so se avete letto Galli Della Loggia oggi sul Corriere. Beh, fatelo. È scritto nero su bianco che ce la siamo voluta. Che se oggi c’è Draghi, se i partiti sono diventati irrilevanti, se il Parlamento è svuotato di senso, se la Costituzione è violata, se il Presidente è stato “costretto” a seguire la “voce del Paese”, prendendo atto, dice Della Loggia, della “virtuale disintegrazione del sistema dei partiti”, beh, se è accaduto tutto questo, la colpa è solo vostra, cioè nostra. “Colpa della mediocrità intellettuale e della mancanza di coraggio di una classe politica figlia di un parlamentarismo esasperato abituato a nascondere le sue miserie dietro l’insopportabile retorica della ‘difesa della Costituzione'”. Tra virgolette, eh. Se stiamo scivolando verso il gaullismo, verso una indeterminata Terza Repubblica e se “finisce così la lunga storia della partitocrazia italiana” (ndr, non dice sistema dei partiti, no, dice proprio partitocrazia) lo si deve a intellettuali imbelli, a una sorta di nuovo ‘culturame’, e alla mancanza di coraggio dei politici, da cui Della Loggia si aspetta, forse, che saltino nel cerchio di fuoco in divisa paramilitare ogni mattina al canto del gallo e sotto gli occhi di un uomo nuovo (ma soprattutto solo) al comando.
Se il Corsera esce così allo scoperto con l’editoriale di una sua grande firma, io ve lo dico: state accorti. Non solo si prende atto con disincanto del cambio di regime incipiente (fuori e forse contro la lettera della Costituzione, se non fuori della Costituzione tout court), ma se ne tratteggia la necessità, anzi si punta pure il dito contro chi ha difeso la Costituzione e si dice: è colpa vostra, vili, imbelli, se tutto sta andando come sta andando. È colpa vostra se avete Draghi-De Gaulle a Palazzo Chigi, è colpa vostra se adesso non si va più per il sottile e io (cioè Della Loggia) mi posso permettere di certificare con questo editoriale un cambio di regime in stato avanzato di compimento. Cornuti e mazziati, come si dice a Napoli.
Era chiaro dalla defenestrazione di Conte che le cose sarebbero andate così. E che toccasse agli editoriali il compito di sondare il terreno e lanciare avvisi e preavvisi. Ricordate Sorgi? La strana minaccia dei colonnelli? Oggi Della Loggia, con più eleganza ma nemmeno tanto, certifica la novità istituzionale di un esecutivo che se ne sbatte del Parlamento, ché tanto è sbriciolato come i partiti che lo occupano. La verità, che Della Loggia non dice, è che dietro questo sommovimento che solo i ciechi non vedono, c’è il mondo delle imprese, che spinge per rappresentarsi da sé, senza lacci e lacciuoli (che stavolta sono i partiti e le istituzioni). Altro che colpa dei difensori della Costituzione (che avrebbero dovuto svuotarla di senso, si suggerisce, prima che se ne assumessero il compito i loro avversari: perché lasciare l’anticostituzionalismo agli anticostituzionali? Vecchia storia…), altro che, qui c’è un mandante preciso, che ha voluto questo esito, lo ha cercato e adesso (davanti a 230 miliardi di superbonus) ne gode gli effetti pratici.
Attenti amici e compagni, ci stanno sfilando da sotto il sedere la sedia delle libertà politiche (perché questo sono i partiti e le istituzioni rappresentative, non altro: strumenti di libertà politica), statevi accorti, aprite gli occhi. Tra un po’ ci troveremo Palazzo Chigi trasformato in una torre d’avorio a cui potrà accedere solo la créme de la créme, i migliori, i competenti, i filosofi-re, messi lì a svolgere un compito di stabilizzazione per conto dei potenti. Una cosa a metà tra oligarchia e timocrazia, dove ricchi e tecnici si scambiano i convenevoli per il bene comune dei soliti noti (e anche di qualche sconosciuto). Certo, se questo esperimento pseudo gaullista non riuscisse, se non fossimo disposti ad ascoltare ancora la “voce del Paese”, allora ci potrebbe essere il rischio che qualcuno venga a stapparci le orecchie affinché la sentissimo più chiaramente. Dio non voglia. Ci mancherebbe solo questo a fronte dei 230 maledettissimi miliardi di euro che stanno facendo saltare il tappo democratico del Paese.
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