La Riello trasferisce la produzione in Polonia e licenzia i 90 lavoratori in Italia

per mafalda conti
Autore originale del testo: Gianni Cuperlo
Carrier corporation è una multinazionale che nel 2017 ha rilevato una parte del gruppo Riello fondato a Legnago nel 1922 (come ricordavano ieri diversi articoli tra cui quello di Francesco Rigatelli su La Stampa).
La nuova proprietà ha comunicato ai 90 lavoratori della sede vicino Pescara la decisione di procedere al loro licenziamento dopo 75 giorni dall’avvenuto annuncio. Solamente i 19 lavoratori occupati nel settore ricerca e sviluppo hanno saputo che saranno trasferiti in una sede diversa (Lecco).
Intenzione della corporation è il trasferimento della produzione in Polonia dove otterrebbe una riduzione del costo del lavoro pari al 20 per cento.
Esempio più classico non si può trovare di cosa vuol dire delocalizzare seguendo logiche di puro profitto e prescindendo da qualità della produzione, preparazione e professionalità degli operai, rispetto (Sì, anche rispetto) del territorio dove quell’industria ha trovato il proprio insediamento per un tempo più o meno lungo fruendo di agevolazioni, servizi e spesso trasferimenti e sostegni.
Il governo sta mettendo a punto le nuove regole per evitare processi di delocalizzazione analoghi a questo, incentivando chi sceglie di rimanere e investire in realtà di crisi.
Nell’immediato, come ovvio, si tratta di attivare tutte le procedure per gli ammortizzatori.
Sull’altro fronte bisogna riproporre nel quadro del programma del “governo dei migliori” un taglio del cuneo fiscale (quel che si direbbe “tagliare la testa al toro”) dal momento che torna a essere questione più che urgente se vogliamo preservare posti di lavoro oggi a rischio di dumping.
Come al solito la domanda da rivolgere all’Europa è se oltre a liberarsi “dall’ingombro” di nuovi profughi ai suoi confini non pensa sia tempo di colpire l’idea che multinazionali di varia estrazione proseguano a fare shopping su e giù per il continente.
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