Autore originale del testo: Alfredo Morganti
L’ipotesi extracostituzionale descritta da Della Loggia viene da lontano
Il Draghi di Della Loggia, quello che dice: “I partiti svolgano pure il loro dibattito. Il governo va avanti” (di cui parlavo nel post di ieri), non è piombato qui all’improvviso, non è piovuto dal cielo come le famose polpette. Tutt’altro. Conservo un vecchio articolo di Repubblica (poi vi dico la data), che titolava: “Un partito trasversale che vuole Draghi per l’emergenza”. Il sottotilo accennava anche a “trame nel Palazzo”. La base del pezzo è un sondaggio di Diamanti in cui l’ex Presidente BCE era dato al 53% di gradimento dalla “voce del Paese”, la stessa cui ieri si appellava Della Loggia. Nello stesso sondaggio Conte era comunque posizionato al 60%, tutt’altro che inviso quindi alla opinione pubblica, che non era ancora stata sottoposta al lavaggio del cervello pro-Draghi promosso dalla stampa embedded.
L’articolo si chiedeva se esistesse nel Paese una specifica “domanda politica” di governo Draghi, o non invece un quesito “sincero e più tecnico”, questo: “di fronte alla minaccia del baratro italiano, se non Draghi, chi?”. Che cosa si sosteneva? Che non era tanto la “politica” a invocare Draghi, ma la cosa stessa, i fatti stessi, il supposto e oggettivo “baratro” italiano, a cui avrebbe dovuto porre rimedio il migliore, il tecnico, mr. Wolf, quello che risolve problemi. La soluzione era insediarlo d’emblée sul trono di Palazzo Chigi a dirigere l’orchestra dei tanti soldi europei in arrivo, senza che il parere della politica fosse dirimente, anzi. Della Loggia ha confermato ieri questa lettura. Da tempo, insomma, si lavorava a ribaltare (e sono buono a usare questo termine) l’assetto politico a tutto vantaggio di una soluzione extracostituzionale, che tagliasse i lacci e lacciuoli politici e liberasse il decisore dalla presunta palude politica che impantava le procedure e impediva scelte rapide ed efficaci a proposito dei 230 miliardi di euro che il governo Conte, non altri, aveva ottenuto dall’Europa.
La data dell’articolo che ho conservato? 30 agosto 2020. Pensate. Un anno fa si tramava lucidamente e pubblicamente contro il governo Conte. E si indicava già la soluzione possibile, un esecutivo Draghi, un governo di unità nazionale, con la Lega dentro e con Giorgetti più possibilista di Salvini. Del capo della Lega si scriveva temesse la concorrenza esterna della Meloni. E si diceva che “mai” Salvini avrebbe concesso questo vantaggio dell’opposizione a FdI! Ma non si precludeva affatto l’ipotesi, anzi. Più accortamente la si metteva sul tavolo (Salvini fuori o dentro), si indicava la difficoltà della soluzione (Salvini mai lascerebbe l’opposizione alla Meloni) e, nello stesso tempo, si avviava un’opera di persuasione attorno allo scoglio da superare (la partecipazione della Lega all’esecutivo) per insidiare finalmente il governo che ci avrebbe “salvato”. Anzi, che avrebbe salvato le imprese con una iniezione di miliardi di euro pubblici mai vista in Italia. Un occhiello a margine dell’articolo ci diceva che in tanti nella maggioranza (a partire dal nano politico Renzi) ritenevano Draghi “l’unica soluzione in caso di caduta di Conte”. In caso!


