Panebianco e la voglia di centro
di Alfredo Morganti
Angelo Panebianco oggi sul Corsera mette in guardia tuttI. Scrive che l’astensionismo delle recenti amministrative sarebbe composto di elettori moderati perplessi dinanzi alle contraddizioni presenti negli attuali schieramenti di csx e cdx (PD). Tutti gli elettori che non si sono recati alle urne, in realtà, attenderebbero un segnale confortante da un rinato centro politico, che tuttavia (mannaggia) secondo l’editorialista non potrà mai nascere per mera sommatoria di personalità come Renzi e Calenda. Un vicolo cieco, dunque? Niente affatto. Panebianco, anzi, prefigura uno scenario. Dice che, davanti a una ipotetica vittoria elettorale di Fratelli d’Italia e alla impossibilità (ma anche alla necessità) di fare un governo, i due poli si spezzerebbero in due e le parti moderate di entrambi darebbero, infine, vita al nuovo esecutivo. Solo così, dice l’editorialista, “comincerebbe un’altra storia”. Quella di un sistema bipolare che si negherebbe come tale, convergendo al centro.
Io posso anche capire che vi sia un desiderio di centro. Posso anche capire che taluni ritengano il centro stesso un’indispensabile boa del sistema politico parlamentare. Quello che non capisco è come si possano fare certi calcoli senza considerare il contesto. Non è che le prossime elezioni si svolgeranno nel vuoto. Verrebbero da una fase in cui, con una certa destrezza, si è congelato il sistema parlamentare, resi innocui i partiti e insediato un premier impolitico. Una fase in cui si è palesato un centro “tecnico”, vuoto di ambizioni politiche in senso stretto, la cui unica ambizione e unico obiettivo è quella di portare a casa il soldi del Recovery, fare le riforme “giuste”, invocate da decenni dal mondo delle imprese, e attivare una serie di bonus e sgravi a vantaggio delle stesse. Il centro “tecnico” non mollerà l’osso sinché questo programma non sarà completato. Chiedo: dove dovrebbe insediarsi il centro politico, se lo spazio è già stato saturato dal draghismo? Se le procedure di contabilità e appannaggio delle risorse pubbliche sono ancora in corso?
Panebianco sembra consapevole del problema, perché insinua che questo bisogno di centro moderato nascerebbe proprio dall’epoca contrassegnata dal Covid e dalla ascesa di Draghi al soglio. Delle due l’una, allora: o Draghi è davvero asceso a Palazzo Chigi con motivazioni molto solide, oppure è tutta un’illusione; in tal caso, lo spazio centrale del sistema politico sarebbe davvero vacante in attesa di un inquilino. Non solo. Se siamo davvero in uno stato d’eccezione, se la mediazione politica è ridotta a due spicci, se la tecnica sta imprimendo un marchio alla vita pubblica, di quale centro politico si discetta? Dove lo scorge Panebianco? Il quale afferma, bontà sua, che questo centro nascerebbe, alla fine, dall’ennesima emergenza, da una frammentazione post elettorale dei due poli, da una convergenza al centro dei due schieramenti di tipo emergenziale. Il classico colpo di scena alla Mike Bongiorno. Così “comincerebbe tutta un’altra storia”, scrive. No, così assisteremmo all’ennesima emergenza italiana, all’ennesima debacle democratica, all’ennesima nascita dell’ennesimo governone assembleare dove si perderebbero proprio i caratteri politici, altro che.
Insomma. Vogliono tornare agli antichi equilibri. E pensano che ciò sia possibile puntando su marchingegni e colpi di scena, invece che riattivare i meccanismi di mediazione, il dibattito pubblico, il confronto aperto, il sistema dei partiti, il Parlamento – invece che promuovere una nuova fase della democrazia rappresentativa in Italia. Ma la politica non è roba da narrazione distopica – la politica è azione pubblica partecipata, organizzata, istituzionale per deliberare sull’impiego delle risorse pubbliche di cui disponiamo, in vista del bene comune. Semplice. Che c’entra, allora, la divinazione del colpo di scena distopico? Nulla. “Alfio, nemmeno più i ferri del mestiere!”, direbbe un Verdone stranito dinanzi all’ennesimo editorialista del Corriere alle prese con una materia che pure studia da decenni.


