LO STUPRO E IL SEPARATISMO NEOLIBERALE A COSTO 0

per mafalda conti
Autore originale del testo: Federico Leo Renzi
LO STUPRO E IL SEPARATISMO NEOLIBERALE A COSTO 0
Lo precisiamo subito: questo non è un post che tratta il problema della violenza di genere, ma un post sulla sconfortante penetrazione della logica neoliberale in ogni aspetto della nostra vita collettiva e del nostro modo di pensare soluzioni a problemi sistemici.
Come sapete sul treno regionale Milano-Varese è avvenuto uno stupro, e i rei sono scappati senza problemi a causa della mancanza di controlli. Viene quindi lanciata una petizione online per creare nei treni regionali vagoni divisi per sesso. Secondo la logica di chi appoggia tale richiesta, la creazione di vagoni per sole donne garantisce 3 vantaggi: ogni uomo che entrasse in tali vagoni sarebbe automaticamente un sospetto, i controllori (se presenti) avrebbero uno spazio limitato da sorvegliare, le donne facendo gruppo avrebbero più possibilità di difendersi dall’eventuale aggressore.
La richiesta ha dei presupposti implici abbastanza evidenti, che non a caso molti commentatori individuano subito: soldi per aumentare i controlli e le forze di polizia sui treni e nelle stazioni ferroviarie non ci sono e nessuna istituzione pubblica o privata è interessata ad investire in tale ambito. Il problema dell’insicurezza e dell’abbandono a se stessi è tipico dei treni regionali (detti non a caso “treni dei poveri” o “porta poveri” nel linguaggio popolare) mentre sulle Frecce&affini il cui costo del biglietto è triplo o quadruplo ci sono più controlli e tale problema non esiste, non a caso la richiesta di separare i vagoni riguarda solo i treni regionali, mentre in quelli a lunga percorrenza si potrà continuare con la vecchia promiscuità dei sessi.
La proposta quindi istituzionalizza quello che già tutti sappiamo e pensiamo ma a livello formale non è ancora sancito: esistono due mondi separati e incomunicanti fra loro, un mondo fatto da poveri e un altro da ricchi (a volte, come un questo caso, la linea economica di demarcazione può essere 15 euro di differenza sul prezzo del biglietto), e quindi esistono due mondi dai diritti completamente separati ed incomunicanti… se la parità dei sessi può andare benissimo nel mondo dei ricchi, in quella dei poveri è impraticabile a causa della scarsità delle risorse spese per garantirla, quindi il logico passo successivo è sospenderla o abolirla.
L’altro presupposto sottointeso a tale proposta è che -come hanno notato i commentatori più attenti- si inserisce in un contesto socio-culturale in cui la sospensione dei diritti per cause economiche e forme di rigida separazione fra cittadini sani e malati è diventata la norma durante questa pandemia. Esattamente come in ogni luogo ormai vige la separazione fra i punturati e i non punturati, un modo da tenere separata la popolazione sana dagli untori, così la proposta di divisione per sesso dei vagoni si rifà alla stessa logica: le donne -che in questo caso sono il soggetto sano- vanno separate dagli uomini, che se non sono ovviamente tutti malati, portano sempre con sé la possibilità di essere affetti dalla peste della violenza.
Interessante come le obiezioni a tale proposta in larga parte si basino sugli stessi presupposti, e ne contestino solo l’utilità: molti obbiettano infatti che bisognerebbe fare banchine e poi strade divise per uomini e donne, poiché anche se il treno dei poveri diventasse sicuro grazie alla divisione dei vagoni, poi il problema della promiscuità senza controlli si ripresenta una volta scesi in stazione e nel camminare nelle stradi adiacenti ad essa.
Ciò che ci preme far notare è come l’intera discussione sia impregnata di pensiero neoliberale: dall’accettazione sconsolata esista un mondo dei ricchi e uno dei poveri e che questi due mondi abbiano diritti separati, passando per l’idea che ogni soluzione debba essere sempre e comunque a costo 0 per lo stato e le aziende private (la divisione dei vagoni non costa nulla a Trenord), fino all’idea che la società del futuro si baserà sempre più su separazioni de facto fra “sani” e “malati”, e come questi termini siano applicabili ad una quantità abnorme di situazioni e problematiche sociali (dalla violenza di genere al consumo di sostanze psicotrope, dagli stili di consumo ecosostenibili o meno, ecc).
Questo ci porta ad una conclusione estremamente pessimista: il Draghistan non è stato un accidente politico legato alla pandemia, il Draghistan era già dentro di noi, la pandemia l’ha solo realizzato nel pieno del suo ributtante rigore.
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