Cambiare leggi elettorali come par de scarpe

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Cambiare leggi elettorali come par de scarpe
«Credo che il sistema politico abbia subìto molti danni per questa legge elettorale. Il quadro è frammentato come non mai». Lo ha detto Enrico Letta nell’intervista di oggi al Corriere. È un ammissione molto forte che non condanna solo il Rosatellum, ennesima legge elettorale brandita come strumento di lotta politica, ma mette l’accento, secondo me, sul ruolo dei sistemi elettorali nella conformazione dei sistemi politici e rispetto alla qualità della battaglia politica.
È un modo per suggerire (non so quanto Letta lo faccia consapevolmente) che la forma della politica è davvero parte essenziale dei suoi contenuti. Faccio un esempio. La scelta del maggioritario e delle coalizioni, dalla Seconda Repubblica in poi, ha portato a compimento la crisi delle identità e delle culture politiche, producendo un mescolanza tale, ai fini della “vittoria”, da dare così la spallata finale ai partiti. L’attuale nominalismo politico (partiti ridotti a nomi+nomenclature) è il frutto di un intervento sulla legge elettorale che ha scardinato i loro confini e la loro organizzazione.
Il calderone delle coalizioni (che ci ha tolto il piacere delle alleanze, del dibattito politico, della discussione pubblica, del conflitto e della mediazione, interiorizzandoli nei caminetti) ha disciolto gli “ingredienti” organizzativi in una zuppa alla fin fine immangiabile. Letta ammette, in un certo senso, che 25 anni fa facemmo una cazzata, consegnando i partiti a una caciara maggioritaria, di cui ancora oggi paghiamo pegno.
Il sistema, peraltro, non è più stabile di prima, i premier fioccano come saette, i partiti sono ridotti alla classe dirigente e tali si comportano, l’esecutivo si appella direttamente al popolo (che non esiste, peraltro, dunque a un fantasma), la disintermediazione avanza e il Parlamento, senza partiti, è ormai solo una camera di risonanza. Senza ripristinare (ripristinare!) queste condizioni di base, la qualità della politica resterà pessima ed élitaria, concentrata sulle “vittorie” e sugli spoil system, e poco più.
Solo i partiti rimettono in circolo l’agire politico, il dibattito pubblico, la partecipazione che, in un sistema maggioritario, è retrocessa a centrifuga di opinioni sparse e confuse, quasi sempre eterodirette dai media. Una democrazia vive di Parlamento, ben più che di esecutivo. Possibile non sia ancora chiaro? Nella Germania proporzionale, dopo 16 anni di Merkel!, ci hanno messo tre mesi (tre!) a fare un governo, e ne è uscita pure una cosa tricolore. Eppure sono lì, davanti a tutti in Europa, e tanto di cappello.
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