Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Draghi ha parlato. E dice, tra le righe, che vorrebbe fare il Presidente.
«Il governo avanti indipendentemente da chi ci sarà. Sono al servizio delle istituzioni. Questo esecutivo ha fatto molto di più di quel che era stato chiamato a fare». Più chiaro di così. Draghi mi pare che abbia parlato e abbia detto, all’incirca, quale sia il suo desiderio. Essere Presidente della Repubblica, così come aveva scritto allarmato l’Economist, quando lo aveva quasi intimato a continuare l’opera da premier. Ma le cose cambiano, ed è di questi giorni il via libera del Financial Times al Quirinale. A patto che a Palazzo Chigi si stabilisca un clone dell’ex BCE. Voi direte: ma mica decidono le classi dirigenti europee, è roba nostra. Beh, sarebbe così se fossimo in uno stato normale, con la democrazia rappresentativa a pieno regime e il mondo delle imprese al suo posto. Ma non è così, mi pare.
Certo, tra i desiderata e i fatti ci passa il mare (o forse solo un rivolo d’acqua). E potrebbe darsi che accada l’impensabile, ossia la salita al soglio del Quirinale di un Presidente di garanzia. Va detto pure che questo possibile Presidente non-draghiano potrebbe anche essere frutto di un accordo avvelenato, capace di spingere lassù “voi sapete chi” o all’incirca. Beh, in quel caso avrebbe vinto la politica peggiore, quella che sembra dominare il campo in tempi renziani o di PNRR. Detto questo, mi piacerebbe che non filasse tutto liscio come l’olio, e che certi nomi (in particolare quello che dico io) compaiano sulla scena e insinuino dei dubbi ai grandi elettori schierati in Parlamento. Nel frattempo, scrivo il nome del mio candidato nella letterina di Natale e aspetto buone nuove, chissà.


