Sono rimasti in tre: Mattarella bis, il politicante Casini e il tecnocrate Draghi

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini
Sono rimasti in tre
Ho taciuto sino ad ora reso inerte come non mai dalla consapevolezza che Ubi nihil vales, ibi nihil velis. Fuor di metafora, prostrato da un grande smaronamento. Sicchè tanto valeva stare a guardare piuttosto che motivarsi in una vana partecipazione. Ma siccome a grande richiesta mi si sprona a dire la mia (che è sempre quella della Mauthe) prima dell’apertura dei seggi ecco qui il mio cazzeggio.
Una situazione di stallo caratterizza ogni lato della questione. Una incertezza decisionale conseguente a un perfetto equilibrio confusionario delle forze in campo. Ultimo polpettone velenoso depositato dal passaggio di un lestofante nel cielo della politica. La ricerca di un punto mediano ‘alto’, ‘super partes’, cioè di una personalità splendente per la sua opaca ‘neutralità’ non sarebbe cosa difficile non regnasse il casino di un parlamento allo sbando.
Ma a rendere ardua la soluzione è soprattutto il combinato disposto che mette in gioco il governo in carica. Talchè la soluzione non riguarda solo la scelta del ‘neutro’ ma anche la sua fungibilità nel garantire lo status quo ante. Ovvero un governo incapace di decidere alcunchè, data la sua composizione promiscua, forzosa e antipodica, ovvero confusionaria, che superi la ‘neutralità’. E cionondimeno privo di alternative che non siano avventurose. Un circolo vizioso, un vero stato d’eccezione: la politica paralizzata mentre infuria una tempesta emergenziale perfetta. La pandemia, l’allocazione delle risorse del Pnrr. la crisi sociale ed energetica, l’inflazione, la precarietà, la falcidia del potere d’acquisto, i venti di guerra che insidiano un Europa a sua volta paralizzata nell’irresolutezza…..Un puzzle drammatico dove il ‘sovranismo’, cioè la secessione nazionalista potrebbe riemergere come l’unica, fatale, via di fuga. Estremo paradosso: se ‘sovrano’, come conferma il lemma, è chi decide nello ‘stato d’eccezione’, allora questo benedetto Presidente incardinato alla più onoraria delle cariche, dovrebbe essere non solo perfettamente ‘neutro’ ma anche capace di prendere decisioni ‘supreme’ nello stato d’eccezione. Una bonaccia malandrina che prelude a una rivoluzione.
Rebus sic stantibus, a meno di un imponderabile spariglio sembra siano rimasti in tre. Tre somari o tre briganti, sempre tre. Ognuno dall’altro così diverso, ognuno perso per i fatti suoi. Ognuno portatore di incognite nella soluzione impossibile dell’equazione. Tre figurazioni del ‘neutro’. Ognuna capace di inquietare.
Il tecnocrate Draghi del quale, fatta salva la vocazione atlantico-europea, la conclamata perizia e l’accredito generale che ne ossequia il curriculum, nulla si sa. Nessuno sa per chi abbia mai votato e anche la sua vociferata inclinazione liberal-socialista pare più un ossimoro aperto a qualsivoglia soluzione che un certificato tracciabile di garanzia. Un uomo freddo, calcolatore, con occhi serpenteschi, di ghiaccio, ma anche animato da uno smodato rispetto di sè. Penso che una variabile imponderabile si cela nel suo mistero, come di ogni tecnocrate: una iper-soggettività cementata dalla presunzione scientifica.,L’essenza, a veder bene, dell’epistocrazia.
Il politicante Casini. Anch’egli una figura del neutro, ma per caratteri opposti a quelli di Draghi. Esperto nel traccheggio parlamentare (malgrado l’età non così anziana è il decano del parlamento) è un ‘centrista’ democristiano che ha girato le sette chiese per spillare il rancio. E dunque tutte le conosce. Un girovago di centro, laddove Draghi è stato per tutto il suo tempo in una unica cattedrale in vetro-cemento. Vero interprete della politica come commedia all’italiana si direbbe quasi un empatico personaggio vanziniano. Una risposta quasi comica e irridente allo stato d’eccezione.
Dulcis in fundo, Mattarella, L’ottimo politico di seconda fila che il carisma d’ufficio del settennato ha issato a incarnazione marmorea dello Stato. Di lui, essendo ancora in carica, mi guarderò bene dall’esprimere alcun giudizio che possa incorrere nel reato di vilipendio. Ne rilevo solo il tipo sociologico: a fronte del severo tecnocrate (brutto e forse anche cattivo) e del facondo politocrate (sans doute il bello) lo definerei come uno schivo statocrate. Figura siuprema del ‘neutro’: nè brutto, nè bello, nè cattivo. E proprio per questo, forse, il più inquietante di tutti. Che cosa, infatti ?
Ognuno può scegliere nel mazzo burocratico della trilogia quel che meglio gli aggrada. Contro-indicazioni. a vari livelli di pericolosità, nel rapporto col rebus della governabilità, e schemi evolutivi mi sembrano comunque evidenti.
La soluzione Casini sarebbe perfetta come risposta ‘minimalista’, e perciò rettamente costituzionale allo stato d’emergenza. Sancirebbe il ritorno della politica sulle onde di una ordinaria bassa frequenza. Con ciò una clamorosa smentita del ricatto emergenziale. Ma va da sè che il governo Draghi crollerebbe come un castello di carta, anche perchè il ‘tecnocrate’ è tutto fuorchè un modesto civil servant. A meno che i partiti abbiano la forza e la capacità, oserei dire la presunzione, di dar corpo a un autogeno programma di legislatura. Su quale base programmatica coerente e con quali forze non è dato sapere.
La soluzione Draghi, come arcinoto, aprirebbe in modo clamoroso il problema del suo governo, che è poi quello di Mattarella. Il governo cadrebbe all’istante anche se il neo-presidente potrebbe avocare a sè la costituzione di un governo fotocopia. Tenendo ancora sotto tutela i partiti. Cosa possibile e proprio per questo temuta come la sanzione di un regime a base tecnocratica.
La soluzione Mattarella, tramite la sua riconferma, sarebbe l’unica capace di riconfermare lo staus quo ante. Simul stabunt simul cadent. Vero collante del governo in carica, partorito in condizioni d’emergenza per volontà del Presidente. Come tale inconcepibile in assenza del suo mallevadore. Questa sarebbe, a mio vedere, l’unica soluzione perfetta dell’equazione. La replica del Napolitano bis a tutta birra. I partiti policratici e deboli tenuti al guinzaglio dal tecnocrate, il tecnocrate al guinzaglio dello Statocrate. Vera soluzione extra-costituzionale allo stato d’eccezione. Questo sì un presidenzialismo di fatto. Altro che la paventata tecnocrazia al potere. Quattordici anni di reggenza prefigurerebbero il totale annullamento della politica e l’instaurarsi di una vera e propria autocrazia. Un colpo di stato bonapartista con avvallo parlamentare.
Personalmente giudico la soluzione Casini come la più avventurista e imponderabile, oltre che improbabile, per quanto a me possa piacere. Casini è bolognese, lo conosco di persona e il Bologna di cui siamo entrambi tifosi naviga in acque così simili a quelle nelle quali si trovò a suo tempo, nel campionato 2004-2005, il grande Mazzone. In zona uefa al girone d’andata, in b al termine del ritorno. In c addirittura l’anno a seguire. Come già pronosticato dal compagno Paolo Soglia sarebbe fuor di dubbio aspettarsi dal nuovo presidente un fattivo interessamento per la squadra. Anche questa essendo, in fondo, una faccenda d’eccezione.
La soluzione Mattarella bis è quella più schmittianamente pericolosa e gravida di conseguenze rivoluzionarie. Per quanto probabile, e da molti perorata, anzi proprio per questo la prima da rifiutare. Del resto Mattarella non ha secondo me la stoffa di Napolitano. Per quanto abbia curato in modo maestoso ed elegante la sua uscita di scena (il miglior viatico per un rientro, forse un recondito desiderio che ne rivelerebbe una insospettata furbizia volpina del deserto). A mio modesto parere sarebbe un autocrate fragile non al livello della domanda tragica di autocrazia. Sicchè la statocrazia potrebbe rapidamente evolvere nell’anarchia.
Draghi non mi è per nulla simpatico. I pericoli e le forzature sono evidenti. Ma il suo elevamento al soglio avrebbe a mio parere meno contro-indicazioni. Il rischio di un dominio tecnocratico quale paventato da D’Alema mi sembra eccessivo. I partiti, ove ne avessero la forza, potrebbero anche dire la loro. Che poi, se davvero posso dirla tutta, la buro-tecnocrazia con la sua gabbia d’acciaio tanto temuta da più di un secolo (da Weber in poi) è una tigre di carta.
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