Il vero discorso importante di Biden a Varsavia

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo:  Niccolò Locatelli
Fonte: Limes

Il vero discorso importante di Biden a Varsavia

Fuori dal castello reale, il presidente degli Stati Uniti ha accennato alla rimozione di Putin. Ma il valore geopolitico del suo viaggio in Polonia era stato espresso qualche ora prima, al palazzo presidenziale.

Il viaggio in Polonia di Joe Biden potrebbe passare alla storia per il discorso che il presidente degli Stati Uniti ha tenuto al castello reale di Varsavia, ma da un punto di vista geopolitico è più interessante quello che ha detto al palazzo presidenziale.

Nell’immediato l’attenzione si concentrerà sulla frase finale del comizio di sabato pomeriggio (fuori dal castello): “Putin non può rimanere al potere”.


È la prima volta che il presidente degli Stati Uniti si schiera pubblicamente a favore della rimozione dell’attuale inquilino del Cremlino – il cosiddetto regime change, anche se non sempre la sostituzione del vertice comporta lo smantellamento della struttura che ne ha permesso l’ascesa al potere.


L’entourage della Casa Bianca, consapevole dell’effetto dirompente di questa dichiarazione, ha subito provato a contestualizzare la frase, circoscrivendola al potere esercitato dal presidente russo “in altri paesi vicini o nella regione” e smentendo che Biden punti alla rimozione di Putin.


Al di là della spiegazione raffazzonata, il successore di Donald Trump non è nuovo a gaffe vere o presunte. Poco prima di chiudere il discorso con quella frase roboante, aveva detto che il presidente russo può e deve terminare questa guerra. Immaginare che la stessa persona che ha iniziato la guerra la termini un mese dopo senza aver ottenuto alcun risultato e poi si faccia/venga fatto da parte va un po’ oltre i confini abituali del wishful thinking.


Sicuramente Biden festeggerebbe un cambio della guardia al Cremlino se il nuovo inquilino fosse filoamericano, ma per provocarlo dovrebbe investire molte risorse in un’impresa dall’esito incerto. La frase pronunciata a Varsavia farà dunque il gioco di Putin, che vi trova un’insperata conferma delle accuse di imperialismo che rivolge agli americani. Anche se in un certo senso è una chiamata alle armi: il destinatario però, più che gli eventuali golpisti russi, è il mondo democratico.


Una settimana fa il presidente degli Stati Uniti ha definito Putin “un dittatore sanguinario” e l’invasione dell’Ucraina “una guerra immorale”. Il discorso di Varsavia ha chiarito che il conflitto scatenato da Mosca si inscrive nella narrazione di una battaglia tra democrazie e autocrazie. Questa battaglia – ha detto Biden – non durerà alcuni giorni o alcuni mesi, ma sarà molto lunga.


Sottolineare la posta in gioco valoriale di un conflitto combattuto in un paese extra-Nato ed extra-Ue dovrebbe servire a rendere più tollerabile il tributo (auspicabilmente non di sangue) che i paesi occidentali dovranno pagare in termini economici e migratori. Soprattutto in Europa.


Proprio il Vecchio Continente, più della sola Ucraina, è al centro dei pensieri geopolitici di Washington. Per il motivo ricordato da Biden nel suo discorso del primo pomeriggio al palazzo presidenziale di Varsavia: la stabilità dell’Europa non è solo di cruciale importanza per gli Stati Uniti a livello “locale”, ma è la precondizione affinché essi possano esercitare un ruolo in altre parti del mondo.


La definizione a stelle e strisce di “stabilità in Europa” implica l’assenza di potenze o coalizioni di potenze in grado di mettere in discussione l’egemonia degli Usa sul continente più ambito (c.d. impero europeo dell’America).


Gli interessi degli Stati Uniti in Europa sono strutturali e prescindono dalla permanenza o meno di Putin al Cremlino.

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