Le strumentalizzazioni della giornata del 25 aprile, infangata dalla retorica atlantista-russofoba e dall’ipocrisia umanitaria, erano ampiamente prevedibili.
Purtroppo stiamo vivendo il coronamento dei tre slogan orwelliani: la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza e, in ultimo, la guerra è pace.
Per capire cosa sta accadendo in Ucraina dall’inizio dell’operazione speciale russa, infatti, occorrerebbe un’analisi approfondita su un’ampia finestra temporale focalizzata sugli eventi di quell’area e non una posizione manichea dettata solo dalla conoscenza distorta delle ultime righe della storia.
Già si dovrebbe prendere in considerazione il fatto che da dopo la disgregazione dell’Unione Sovietica, ai russi fu promesso che la NATO non si sarebbe espansa ulteriormente nell’est Europa e invece, a seguito delle guerre balcaniche, le nazioni che aderirono al cosiddetto patto atlantico aumentarono fino ad arrivare ad accumulare installazioni militari vicine ai confini russi.
Tuttavia, oltre ai necessari approfondimenti sulla storia di quei popoli, occorrerebbe quanto meno partire dalla fine del 2013, quando in Ucraina furono organizzate manifestazioni filoeuropee a seguito della decisione del governo, democraticamente eletto, di non firmare un accordo di adesione ai dettami di Bruxelles a beneficio di un altro con la Russia. L’allora presidente Yanukovich fu vittima di quello che le istituzioni europee, per non parlare di quelle nostrane, sembrano aver dimenticato, ovvero l'”Euromaidan”: un autentico golpe che favorì l’installazione di un regime fantoccio voluto dalla NATO, realizzato grazie alle violenze di diversi piccoli gruppi nazisti come “Pravy Sektor” (tradotto: Settore Destro), un partito politico russofobo e antisemita presentatosi come l’erede dell’esercito ribelle ucraino che combatté contro l’Unione Sovietica e a fianco della Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale.
Nel 2019 Pravy Sector sostenne la candidatura del partito “Svoboda” alle elezioni presidenziali che videro prevalere l’attuale ex comico Zelensky. Uno dei bracci armati dei sostenitori dell'”Euromaidan” fu il reggimento Azov, ad oggi integrato appieno nelle forze dell’ordine e dipendente direttamente sia dal comando del ministero dell’Interno che dalle forze di Difesa dello Stato maggiore ucraino. Questo reggimento, nonostante il progressivo sdoganamento da parte della nostra propaganda, indossa simboli nazisti ed è noto per le sue numerose violazioni dei diritti umani tra cui le umiliazioni nei confronti dei cittadini vittime di reati (o presunti tali) che vengono legati agli alberi con il nastro adesivo.
Sorprendentemente, nessun paese occidentale ha ritenuto opportuno denunciare gli abusi di questi nazisti. Il regime di Kiev ha anche fatto affidamento su questi gruppi antisemiti per combattere nel Donbass contro i civili russofoni con il sostegno della NATO e dell’Unione europea. Dmytro Yarosh, fondatore di “Pravy Sektor”, prese parte all’assedio di Sloviansk e alla seconda battaglia dell’aeroporto di Donetsk, episodi che ebbero luogo nel 2014 nel silenzio assordante dei nostri media e che da 8 anni, insieme ad altre continue offensive distruttive, hanno totalizzato circa 13 mila morti fra i civili. Le grandi potenze occidentali, per quanto soggette apparentemente a buone intenzioni e sempre pronte a denunciare gli estremisti nei loro rispettivi paesi, si sono affidate a questi gruppi di ribelli antirussi per condurre la loro politica internazionale e probabilmente a queste formazioni sono destinati gli armamenti che inviamo oggi in Ucraina.
Riducendo il conflitto russo-ucraino a quanto è iniziato il 24 febbraio 2022, le potenze e i popoli occidentali hanno finora cercato di ripulirsi la coscienza chiudendo un occhio su quanto sta accadendo dal 2014 in Ucraina e senza considerare che, con i parametri guerrafondai ed imperialisti di Washington, il supporto militare russo sarebbe potuto iniziare già otto anni fa. L’ipocrisia della NATO e in particolare degli USA, che da 30 anni conduce guerre illegittime in Iraq, Libia o Serbia, contribuisce da oltre due mesi a questa retorica saldamente padrona del mainstream informativo arrivando persino ad infangare la giornata del 25 aprile, ormai diventata la celebrazione dell’inizio del colonialismo a “stelle e strisce”, con tanto di bandiere che in alcuni cortei garrivano al vento insieme ai vessilli guerrafondai della NATO e, dulcis in fundo, a bandierine gialloblu paradossalmente espressione dal 2014 di un regime di impronta nazista.