Fonte: Il Fatto Quotidiano
Più che una comunità politica erano una “abbazia”, come l’aveva soprannominata il compagno Fausto Anderlini. Bolognese, comunista italiano come non ne fanno più, sociologo della politica, penna caustica ed elegante, ex militante di Articolo Uno. È un grande fenomeno in un piccolo partito: elettori, attivisti e iscritti del movimento fondato da Pierluigi Bersani e Roberto Speranza se ne vanno. Delusi per l’accordo elettorale con il Pd e per l’abbandono del rapporto con i Cinque Stelle, ignorati dai vertici, lasciano la “abbazia” e restano senza chiesa; molti di loro sono convinti o costretti a votare Giuseppe Conte.
“Ho coniato la metafora dell’abbazia”, sorride Anderlini, “perché siamo gli ultimi depositari di quella cultura politica della sinistra socialcomunista italiana. Parliamo una lingua morta come il latino, ma bella, classica, utile per fertilizzare il mondo barbaro”. Come molti altri, ha lasciato Articolo Uno dopo il patto col Pd per un pugno di seggi. “Nella missione di Bersani c’è sempre stata l’idea di un rientro alla casa madre, un giorno”, riconosce Anderlini, “ma presupponeva che avvenissero dei cambiamenti positivi nello stesso Pd”. Una tensione a sinistra, un accenno di sensibilità verso la questione sociale. Non è successo niente di tutto ciò. “Invece il rientro di Articolo Uno è avvenuto lo stesso e in modo semiclandestino. Hanno definito le poste, patteggiato posizioni e seggi e sono entrati surrettiziamente. Ha visto il simbolo della lista? Dicono di essere cofondatori di questi fantomatici ‘democratici e progressisti’, ma non si vede: il logo è rimasto identico a quello del Pd!”.
Le proteste della base hanno preso forma attorno a petizioni e appelli. Il primo è stato presentato su Change.org da Paolo Trande, segretario provinciale di Articolo Uno a Modena. “Il centro-sinistra dialoghi con il M5S per costruire il campo progressista”, è il titolo del documento. “Come suggerito da molti ideatori del Campo Progressista, come Pier Luigi Bersani, va avviato immediatamente un confronto con Giuseppe Conte e il M5S per arrivare ad una proposta di alleanza politica e civica, unitaria in grado di offrire una prospettiva di impegno e mobilitazione a tutte le donne e uomini, come noi, che non vogliono la vittoria della destra sovranista”. Un appello caduto nel vuoto e una prospettiva mai contemplata in Articolo Uno, nonostante tra gli oltre 1.800 firmatari si leggano i nomi di tanti attivisti dell’ex creatura bersaniana, mai rassegnati a sciogliersi nel Pd che corteggia Calenda e abbraccia Cottarelli.
Un altra petizione, firmata da quasi 300 militanti e dirigenti locali, soprattutto in Sicilia e Sardegna, annuncia un ammutinamento di massa: “Non seguiremo il gruppo dirigente nazionale di Articolo Uno nelle liste del Pd”, anche per via della scelta “profondamente sbagliata e politicamente incomprensibile di escludere dall’alleanza politico-elettorale e dal fronte progressista il Movimento 5 Stelle”.
“La delusione è tanta”, racconta Sonia Serra, iscritta dal 2017 e appena eletta consigliera comunale nelle liste di Articolo Uno a Budrio (Bologna). “Fa male che abbiano deciso senza tener conto degli umori e i desideri della base. Loro dicono di aver fatto un Congresso, ma le premesse non erano quelle che poi si sono realizzate. Non penso che riprenderò la tessera, il progetto politico è fallito. La sinistra andava costruita su altre basi: bisognava guardare ai nove punti del programma sociale di Conte. Ora tanti di noi voteranno Cinque Stelle”.
Ci sta facendo un pensiero anche Alfredo Morganti, romano, bersaniano convinto. “Mi aspettavo che si facesse una scelta diversa”, dice, “che ci si occupasse di povertà, lavoro, disagio sociale e sostegno ai più deboli. Invece si è finiti dentro al Pd, che in questi anni si è posizionato da tutt’altra parte. Piuttosto che essere complice di questo, sto pensando seriamente di votare Conte”.
In molti dei fedeli in fuga dall’abbazia, c’è un senso di solitudine e malinconia per l’abdicazione dell’abate: “La scelta di Bersani – dice Anderlini – è emblematica. Se ne va, si mette da parte, dà un sostegno di prammatica all’operazione di Articolo Uno, ma sostanzialmente il gruppo dirigente ha deciso per conto proprio. Fino all’ultimo Bersani ha sostenuto la linea di Conte e io sognavo che Pier Luigi si ribellasse e facesse un’operazione con lui, sarebbe stato un gran colpo di teatro. Ma era chiedergli troppo, forse non ha più l’età per buttarsi in certe avventure”. Così, anche il vecchio comunista italiano nell’urna non vede alternativa al Movimento: “Figuriamoci se posso essere un fanatico di Conte, ma oggettivamente per ragioni sistemiche oggi i Cinque stelle rappresentano un’alternativa di sinistra al Pd. E spero che la loro agenda sociale sia una sfida anche per il Pd, che la smetta di guardare a destra”.


