Cacciari: “Ministro Giuli:  ‘ste scemenze di destra e sinistra, sono battute da comico. Il lavoro intellettuale non può essere di destra o di sinistra, ha solo il dovere di dire le cose come stanno”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Francesca Schianchi
Fonte: La Stampa

Cacciari: “Ministro Giuli:  ‘ste scemenze di destra e sinistra, sono battute da comico. Il lavoro intellettuale non può essere di destra o di sinistra, ha solo il dovere di dire le cose come stanno”

«La smetta il ministro Giuli con questo complesso d’inferiorità che lo danneggia», sbotta il filosofo Massimo Cacciari. Ospite a un’iniziativa di Fratelli d’Italia, sabato a Firenze, il titolare della Cultura, irritato dalle critiche di Elio Germano e dagli sfottò di Geppi Cucciari in occasione dei David di Donatello, se n’è uscito dicendo che a sinistra «avevano intellettuali e li hanno persi, si sono poi affidati agli influencer, ora gli sono rimasti i comici e basta».

È così, professor Cacciari, alla sinistra restano solo i comici?
«Ma dai, è una battuta da comico».

Comico il ministro?
«Massì, Giuli è simpatico, carino, ma non sa niente. Il lavoro intellettuale non è di destra o di sinistra. Può essere giudicato in base al contesto storico più vicino a una parte rispetto a un’altra, ma il dovere dell’intellettuale è cercare di dire le cose come stanno».

Raccontare la realtà…
«Poi ogni dottrina è una prospettiva e non la totalità, quindi limitata, e può risultare parziale o anche erronea. Ma il dovere dell’intellettuale consiste nel cercare di dire la realtà, Giuli se la metta via… Sono gli altri poi a etichettare: “Quello è un intellettuale di sinistra”, come hanno fatto con me. Ma non è un problema come ti considerano gli altri, devi essere in pace col tuo dio: cercare di dire il reale».

Lei non si considera un intellettuale di sinistra?
«Nel modo più assoluto, io non l’ho mai detto di me. Mi sono trovato più d’accordo con alcuni che con altri, ma quando ritenevo che avesse ragione Miglio sul federalismo l’ho detto, e quando ho parlato di Carl Schmitt qualche scemo mi ha dato del fascista. Quando nel ’76 morì Heidegger, e ne scrissi, il giorno dopo da sinistra qualche stupido nemmeno mi salutava più. Ma mica gli Ingrao o i Napolitano, qualche peone del Parlamento».

Eppure la destra insiste sull’idea di dover cambiare l’egemonia culturale…
«Ma perché su un piano storico le forze di destra, in Italia e in Europa, stanno cercando di legittimarsi culturalmente, di dimostrare che hanno una cultura e una tradizione. Fanno bene, poverini, perché la sinistra ha a lungo ignorato la cultura contraria rispetto alla sua».

Quindi hanno ragione a dire che a lungo c’è stata una egemonia culturale di sinistra?
«Ma dove? L’egemonia c’è quando una parte egemonizza tutto ciò che conta, gli organismi che decidono, le cattedre universitarie. L’egemonia la faceva Giovanni Gentile durante il fascismo. Quello che c’è stato è il fatto che alcuni tra i più importanti artisti, scrittori e filosofi della seconda metà del Novecento si sono orientati dal punto di vista politico più verso partiti di sinistra. Semmai c’è stata una vaga egemonia sul piano della politica editoriale, un maggior peso della sinistra».

Nelle Università però si è spesso detto che ci fosse una predominanza di docenti di sinistra, non è così?
«Macché, c’era una spartizione assoluta: un terzo di sinistra, un terzo cattolici e un terzo per caso. Nessuna egemonia di sinistra».

E quelli di destra?
«Finché erano fascisti ti credo che non ci fossero: l’apologia di fascismo è reato. Ora che sono diventati democratici e postfascisti eccoli qui».

A proposito di Giovanni Gentile: Giuli vorrebbe che gli venisse dedicata una rotonda a Firenze, la sindaca non vuole. Che ne pensa?
«Perché no? Non lo troverei scandaloso. Come filosofo e teoreta, Gentile è il più importante del Novecento italiano, con un’influenza enorme anche sul pensiero del Dopoguerra».

È vero che la cultura di destra è più popolare e quella di sinistra più salottiera?
«Non lo credo assolutamente. Ci sono artisti popolarissimi di sinistra, poi ce ne saranno anche di destra, sempre per restare a questa categorizzazione sbagliata. La maggior parte degli intellettuali più seri non sono di destra o sinistra, ma capita loro di prendere posizione in un modo o nell’altro».

Giuli rivendica anche di aver visitato il Vittoriale di D’Annunzio, dopo 50 anni che un ministro non ci andava…
«Ha fatto bene, io ci sono appena andato a fare una conferenza, è un posto divertentissimo».

Almeno su questo sarete d’accordo…
«Ma guardi, appena nominato alla guida del Maxxi di Roma, chiamò il sottoscritto per propormi di fare di una discussione».

E lei cosa rispose?
«Andai molto volentieri. Parlammo di cultura umanistica e scientifica, senza che né uno né l’altro tirasse fuori la destra o la sinistra. Così dovrebbe fare, come sta facendo Pietrangelo Buttafuoco alla Biennale: fa cose che possono piacere oppure no, ma non in una logica di categorie politiche».

È quello che consiglia di fare a Giuli?
«Quando venne nominato ministro, proprio su La Stampa gli indirizzai una lettera aperta: smettila con ‘ste scemenze di destra e sinistra, basta col revanscismo. Ora gli dico: stai tranquillo, quando ti agiti dimostri solo di avere un complesso d’inferiorità. Lascia che ti critichino e quando parli di cultura preoccupati solo di dire: questo è interessante, quest’altro no».

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