LA VITA NON SI LASCIA RIDURRE

per Filoteo Nicolini

LA VITA NON SI LASCIA RIDURRE

La vita non si lascia ridurre, esclamò Pablo Neruda in una poesia. Prendo in prestito l’idea e mi accorgo che quanto più lo spirito si abitua alla rigida precisione del pensiero matematico e geometrico, meno sarà capace di conoscere la diversità mobile, cambiante, qualitativamente determinata dell’essere, della individualità. Può suonare a eresia, dopo che C.F. Gauss affermò che “La matematica è la regina delle scienze e la teoria dei numeri è la regina della matematica”. Ma è impossibile ottenere una deduzione matematica della qualità. Galileo e dopo di lui Descartes si videro obbligati a sopprimere la nozione di qualità, a dichiararla soggettiva ed espellerla dall’ambito della Natura. Oggi noi dovremmo scandalizzarci perché la qualità * è stata espulsa e magari rivolgerci alla poesia e le arti come consolazione. Detto altrimenti, non ci si avvicina alla qualità attraverso il calcolo e la misura, più di quanto si arrivi all’essenza di una persona al conoscere quanti passi compie in un giorno e quanto cibo ingerisce in media. Naturalmente, nessuno mette in dubbio la certezza e l’esattezza dei teoremi matematici e delle dimostrazioni geometriche, e nemmeno si nega il diritto di misurare o di contare, ma si tratta della visione unilaterale a cui la scienza ci ha abituato. Questo ci riporta indietro ai tempi di Platone ed Aristotele. Tra il medioevo e la rivoluzione scientifica, si riconosce l’ispirazione profondamente religiosa di Platone. Come non vedere nel suo Demiurgo che forma l’Universo per il bene il corrispondente Dio della Bibbia? La parola chiave dei seguaci di Platone è l’anima, così elevata e perfetta rispetto al resto del mondo che il filosofo non si volge verso il mondo ma verso la sua anima, dove risiede la verità. L’essere umano è un’anima che pensa e percepisce la verità, e allora il corpo gli serve poco, anzi, può impedirgli di raggiungere la verità. E l’anima non ha bisogno del corpo per conoscere e conoscersi, perché il mondo intellegibile è separato dal mondo sensibile. Il filosofo platonico arriva ad affermare di conoscere il suo essere anche se privato di sensazioni.

Nulla di ciò che l’uomo conosce attraverso i sensi o in altro modo ha alcun valore finché l’anima non lo ha esposto alla luce del pensiero. La filosofia diventa per Platone la scienza delle idee come mondo del vero essere, e l’idea è la manifestazione dello spirito attraverso la rivelazione del pensiero. La luce dello spirito risplende nell’anima dell’uomo e vi si rivela sotto forma di idee; l’anima umana, afferrando l’idea, si unisce alla forza dello spirito. Non abbiamo bisogno di estendere la conoscenza alla materia, perché in essa non c’è verità. Raggiungiamo la verità solo se spogliamo l’immagine del mondo di tutto ciò che non è idea. Per Platone, l’anima umana vive nell’idea. I Fisici, seguaci conseguenti di Platone, ma senza fare cenno all’anima, direbbero di vivere comodamente nell’idea matematica che alberga nel loro sistema nervoso.

Il discepolo di Platone, Aristotele rappresenta col maestro il culmine del pensiero greco. Con lui il pensiero assume la sua funzione di comprendere con le proprie risorse l’essere e gli eventi del mondo. Ora si tratta di confermare il pensiero ovunque nei vari campi del sapere.

Aristotele usa il pensiero come uno strumento che penetra nell’essenza delle cose. Per Platone, il compito era stato andare al di là della cosa o dell’essere del mondo, quando l’anima porta in sé l’idea, che aleggia in un mondo spirituale di verità. Aristotele intende al contrario immergersi negli esseri e negli eventi, e ciò che l’anima trova in questa immersione, lo accetta come essenza della cosa stessa. L’anima sente come se avesse solo estratto questa essenza dalla cosa e come se l’avesse portata nella forma-pensiero, per acquisirla come ricordo della cosa. Per Aristotele, le idee sono nelle cose e negli eventi.

L’insegnamento di Aristotele nel medioevo si propaga nelle università, si diffonde tra gente avida di sapere. È scienza, prima di tutto, prima di essere filosofia, e per il suo valore scientifico si impone, non per una affinità con l’atteggiamento del cristiano, al punto che Aristotele è studiato e reinterpretato, ripensato per renderlo compatibile con il dogma religioso. L’atteggiamento spirituale dell’aristotelismo è la passione per lo studio, il desiderio del sapere scientifico. Studia il mondo, non l’anima; il mondo è una natura, o meglio un congiunto gerarchico e ordinato di nature, stabile e decifrabile, che possiede un essere proprio, e questo essere che Dio gli ha conferito, una volta ricevuto, la creatura lo possiede, è suo. Infatti, il mondo e i suoi esseri sono mobili e mutevoli, soggetto al divenire, temporale. Ma ciò non esclude la permanenza, perché se gli individui cambiano, appaiono e scompaiono, il mondo non cambia, le nature rimangono le stesse. Per questo sono nature. Il primo atto dello spirito umano è la percezione degli oggetti naturali, e solo per un ragionamento il soggetto si rivolge a sé stesso e si conosce. La natura dell’essere umano è data dal pensiero che comincia con la percezione sensibile, elabora la sensazione, e poi astrae la forma dalla materia a cui è legata. La capacità di astrazione permette la scienza. Niente però è nell’intelletto che prima non sia stato nei sensi. E per questo gli esseri spirituali possono essere raggiunti solo con la ragione, compresa l’anima.

Spiegare l’essere reale per mezzo dell’essere matematico appare problematico al discepolo di Aristotele contemporaneo di Galileo, perché questi corpi che si muovono in linea retta in uno spazio vuoto, infinito, non sono corpi reali che si spostano in uno spazio reale, ma corpi matematici che si muovono in uno spazio matematico. La linea divisoria tra il seguace di Aristotele e il seguace di Platone è molto chiara e netta. Se rivendichiamo per le matematiche uno stato superiore, e se inoltre le attribuiamo valore reale e decisivo in fisica, siamo platonici. Se al contrario vediamo nella matematica una scienza astratta, di minor valore della fisica e metafisica che trattano dell’essere reale, se inoltre affermiamo che la fisica si basa sull’esperienza e si edifica sulla sensazione perché la matematica deve contentarsi con il ruolo secondario di ausiliare, siamo aristotelici. Nelle dimostrazioni relative alla natura, dice l’aristotelico, non bisogna cercare l’esattezza matematica. Non si deve. Perché? Perché la natura dell’essere fisico è qualitativa, e come già detto non si conforma alla rigidità e precisione dei concetti matematici.

Ma Galileo fece della matematica lo scenario della realtà fisica e così fu condotto ad abbandonare il mondo qualitativo e a relegare a una sfera soggettiva tutte le qualità sensibili delle quali era costituito il mondo aristotelico. Il pisano non si emoziona davanti alla varietà delle cose, quando per esempio afferma che tutti i corpi cadono con la stessa accelerazione, proprio tutti! Si sente invece animato dal grande ideale di Archimede di ridurre il reale alla geometria. Identifica lo spazio fisico con quello della geometria di Euclide. Forse Galileo, dopo Archimede, è stato il primo a considerare che le forme matematiche trovano realizzazione effettiva nel mondo. Tutto ciò che si trova nel mondo è soggetto alla forma geometrica, tutti i movimenti seguono leggi matematiche, non solo quelli semplici ma anche quelli irregolari, e questi ultimi hanno anche essi una forma geometrica, solo più complessa. L’assenza in natura di rette e circoli perfetti non rappresenta una obiezione al ruolo dominante della matematica in fisica. Per Galileo, nella conoscenza matematica lo spirito umano raggiunge la stessa perfezione dell’intelligenza divina, afferra perfettamente una data proposizione e con una certezza così assoluta come la possiede la natura.

Galileo lascia intendere che la ragione umana è opera di Dio e che gli basta dirigersi verso sé stesso per incontrare i veri fondamenti della conoscenza che possiede la Natura creata da Dio. Segue dunque Platone. È noto che sulla porta dell’Accademia c’era il monito concepito per escludere dall’insegnamento del maestro chiunque non conoscesse la scienza della Matematica. Perché mai? Si intendeva così allenare i discepoli a frequentare il regno puramente spirituale basato sulla dottrina delle Idee. Il discepolo non avrebbe conosciuto nulla del Vero Mondo fin quando il suo pensiero fosse stato permeato da ciò che i sensi gli trasmettevano. La questione era quindi educarlo a sciogliersi dalle percezioni dei sensi, e lo studio delle matematiche serviva perfettamente. Platone vedeva nella scienza matematica il mezzo di allenamento alla vita spirituale, perché le immagini matematiche per così dire si librano tra il mondo materiale e il mondo spirituale.

Molto tempo è passato da quando Galileo introdusse la legge dei numeri per descrivere la caduta dei corpi. Oggi ci si affida alla matematica per arrivare ai risultati esprimibili in formule matematiche. Ci si sente su un terreno sicuro e familiare introducendo la matematica e le sue formule. Questo sentimento di sicurezza è stato caratteristico del pensiero scientifico e lo è ancora.

Quando conosciamo qualcosa matematicamente, con l’aiuto della geometria, dell’algebra e della matematica superiore non siamo di fronte al mondo e confrontando il mondo. Viviamo direttamente ed immediatamente con gli oggetti della nostra conoscenza matematica. Questo dà un senso di sicurezza assoluta. Formiamo internamente oggetti matematici con le loro connessioni, e quando a volte disegniamo sul foglio queste forme, è solo per la nostra comodità e aiuto alla memoria.

Ciò che chiamiamo matematico è sempre qualcosa di costruito interiormente. È qualcosa che vive solo nella parte della nostra vita dell’anima che non si occupa dei sensi in quanto tali. Allora, si comincia a capire la differenza. Nel mondo esterno gli oggetti della nostra conoscenza rimangono strettamente fuori di noi. Nella conoscenza matematica stiamo con tutta la nostra anima negli oggetti della nostra conoscenza, e ciò che si osserva come sostanza è il risultato di un’esperienza nella nostra anima di ciò che noi stessi abbiamo costruito.

I Fisici tendono a non lasciare i fatti nella forma in cui essi si presentano a noi, ma piuttosto a tingerli con quello che hanno creato con le formule matematiche, in modo da paragonarli e misurarli.

Questa internalizzazione del mondo esterno con il desiderio di esattezza è ciò che motiva la spiegazione matematica dei fenomeni, che si è estesa enormemente nella direzione della tecnologia.  Ma facendo così si rafforza l’impressione, stavo per dire suggestione, che quanto accade fuori si sviluppi nel modo che è stato ritratto e ci offra la realtà completa. E la realtà completa è fatta di qualità, individualità. Viste le origini sacre e spirituali della matematica, non c’è da meravigliarsi che la scienza ne abbia fatto una specie di religione indiscutibile, oggetto di fede indiscutibile. Peccato che ci conduca al materialismo!

La nostra coscienza abituale ci offre oceani di conoscenze spicciole, ma più l’essere umano sa e crede di sapere, meno comprende. La comprensione esige un distacco da quel che si considerano abitudini di pensiero o concentrati di informazioni minuziose e dettagliate.

Il nostro strumento di conoscenza è l’attività intellettuale portata alla luce del pensiero su cui avere controllo. Vediamo solo entità apparenti separate spazialmente, neghiamo che forze sottili muovano, diano forma e plasmino la materia. Ammettiamo solo cause meccaniche di effetti fisici, in netta separazione con cosmo visioni precedenti.

Come ricompensa, il nostro pensare è acuto, preciso, sviluppato. Bandire altre concezioni dalla scienza all’inizio della rivoluzione scientifica è stato un passo evolutivo necessario per far sorgere il pensiero esatto e chiaro. La scienza ha abbandonato qualsiasi ambito di ricerca che alludesse a forze immateriali, ai processi sottili responsabili di ogni forma di esistenza, ai principi fondatori e al loro agire polare.

Ma è tempo di riconoscere a ciò che fu bandito il pieno diritto di esistenza dal punto di vista cognitivo, e riproporlo all’esame imparziale affinché possiamo ritrovare le forze attive nel mondo con l’aiuto delle conquiste del pensiero razionale.

FILOTEO NICOLINI

Immagine: Frontespizio del Dialogo sopra i Massimi Sistemi del mondo, il tolemaico e il copernicano.

*caratteristicanaturaparticolaritàpeculiarità,prerogativaproprietàrequisitospecialità,  abilitàattitudineattributocaratterecostituzionedisposizionedonodotemeritopregiovalorevirtù

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