Dazi, il nobel Joseph Stiglitz: “L’Ue non ceda, risponda con una tassa aggiuntiva sulle aziende Usa. Trump non ha alcun principio economico, è solo un bullo. La sua America è in declino, le imprese italiane dovranno guardare altrove”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Sara Tirrito
Fonte: La Stampa

Dazi, il nobel Joseph Stiglitz: “L’Ue non ceda, risponda con una tassa aggiuntiva sulle aziende Usa. Trump non ha alcun principio economico, è solo un bullo. La sua America è in declino, le imprese italiane dovranno guardare altrove”

«L’Unione europea, se unita, ha un’economia più forte di quella statunitense. Non deve cedere ai ricatti di Donald Trump». Parla così Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’Economia e già capo economista della Banca Mondiale, pochi minuti dopo l’annuncio di dazi del 30% dagli Usa all’Ue. Sostenitore di una politica economica comune europea, da sempre critico nei confronti dell’amministrazione Trump, Stiglitz ritiene che la mossa della Casa bianca non sia solo ingiustificata: è pericolosa. «Trump non agisce secondo alcun principio economico – dice – è semplicemente un bullo che usa il potere economico come unica leva. Se potesse, userebbe quello militare». Commentando a caldo la lettera Usa contro l’Unione, Stiglitz non ha dubbi: «Trump non conosce lo stato di diritto. Gli Stati Uniti hanno perso credibilità. Il futuro sarà altrove, l’Ue risponda con una tassa aggiuntiva alle aziende americane».

Professor Stiglitz, Trump ha appena annunciato dazi del 30% sull’Unione europea. Se lo aspettava?

«Dall’inizio della sua amministrazione, Donald Trump è stato continuamente incostante. Ha sempre fatto un tira e molla: ora sì, ora no. Non c’è alcun principio economico alla base di quello che sta facendo. È semplicemente un bullo che usa l’unico strumento di potere che pensa di avere. Se fosse più facile usare il potere militare, probabilmente lo farebbe. Ma ora ha in mano il potere economico».

Crede che ci sia una strategia politica dietro questa scelta?

«Trump pensa che, siccome gli Stati Uniti sono la più grande economia e tutti vogliono vendere negli Stati Uniti, lui abbia un enorme potere. Come ha detto più volte, pensa di avere le carte giuste in mano. Ma è una visione profondamente distorta dei rapporti economici internazionali».

Come dovrebbe reagire l’Unione europea secondo lei?

«La mia opinione è molto netta: l’Europa non dovrebbe cedere. Gli accordi attuali sono frutto di negoziati durati a lungo. E l’Europa, se resta unita, è un’economia più grande degli Stati Uniti. La Cina ha dimostrato che, quando rispondi con la forza, Trump fa marcia indietro. Ma se cedi, lui chiederà sempre di più. Sarebbe un errore molto grave mostrarsi arrendevoli. Certo, ci sono dispute di lunga data, ma sono state gestite in modo ragionevole».

Trump sostiene che l’Europa penalizza gli Stati Uniti, in particolare nel settore automobilistico. Cosa risponde?

«L’Europa compra meno automobili dagli Stati Uniti rispetto a quante ne esporta nel Paese. Ma questo succede perché le automobili statunitensi non sono adatte alle strade europee. Consumano troppa benzina, e in Europa il carburante è molto più caro. Non è discriminazione, è una questione di domanda e offerta. Gli Stati Uniti non producono ciò che gli europei vogliono comprare. Trump ha totalmente torto nel parlare di trattamento ingiusto».

E sul fronte tecnologico? Anche lì Trump accusa l’Ue di colpire i colossi digitali americani.

«Il Digital Services Act non è una legge contro le Big Tech americane. È una norma pensata per proteggere i cittadini europei dai pericoli posti dalle piattaforme digitali, che siano americane, cinesi o di qualsiasi altro Paese. Non c’è alcuna discriminazione. È perfettamente legittimo che l’Europa voglia tutelarsi. La maggior parte delle piattaforme sarà pure americana, ma la legge è globale. E necessaria».

Secondo lei come dovrebbe articolarsi la risposta europea ai nuovi dazi?

«Serve una risposta economica equivalente. Bisogna fare in modo che la reazione non danneggi i cittadini europei come le tariffe di Trump danneggiano i consumatori americani. L’Ue dovrà essere selettiva, come ha già dimostrato di saper fare. Potrebbe anche valutare ulteriori azioni contro specifiche aziende americane. Una possibilità è imporre una tassa aggiuntiva sui profitti delle grandi aziende statunitensi, per compensare i danni inflitti all’economia europea».

Trump continua a dire che riporterà l’industria negli Stati Uniti. Ci riuscirà attraverso i dazi?

«Non penso che le tariffe genereranno posti di lavoro. Danneggeranno invece tutti i consumatori americani. Come ha mostrato la Cina, è difficile avere una guerra economica limitata. Gli Stati Uniti hanno iniziato la guerra commerciale e la Cina ha risposto, ampliando il conflitto a settori strategici come i minerali critici e i magneti. E ora vediamo che persino il Brasile è stato attaccato per aver difeso lo stato di diritto contro Bolsonaro. Trump non si ferma davanti a nulla».

Crede che l’Europa possa ancora negoziare con Trump?

«Non c’è limite a quello che Trump farà. Chi pensa che si debba cedere si sbaglia completamente. Non ha senso dello stato di diritto, né giustizia, né equità. Agisce secondo una logica miope e mutevole. Non è affidabile. Sarebbe sciocco pensare di poter concludere un accordo significativo con lui. Se gli Stati Uniti impongono dazi del 30%, l’Europa deve rispondere con una contromossa economica intelligente».

Guardando al futuro: l’Asia può davvero sostituire il mercato americano per le imprese europee?

«Non è solo l’Asia. È anche l’America Latina. È l’Africa. Il mondo sta cambiando. Ci sarà una nuova geoeconomia in cui gli Stati Uniti avranno un ruolo minore. Hanno dimostrato di non essere partner commerciali affidabili. Non rispettano il diritto internazionale. Firmano accordi e poi li stracciano. Sono una quota in declino del Pil globale. L’attacco alle università, alla scienza e alla tecnologia indebolirà ulteriormente il Paese. Le aziende non possono prosperare in un ambiente così incerto. Guarderanno altrove».

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