Massimo Cacciari: Quella strada a Est persa dall’Europa

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Massimo Cacciari
Fonte: La stampa

Quella strada a Est persa dall’Europa

I giovani subiranno un destino di cui sono stati solo comparse

Danno fiato alle trombe propagandisti e ideologhi, blogger di ogni risma, influencer da strapazzo – ma perché, in un salto d’epoca come quello che attraversiamo, che ha o potrebbe assumere timbri apocalittici, tace la voce dei più giovani? Nessun movimento, non una organizzazione di qualche tipo, non un giornale, cartaceo o online che sia, non una manifestazione indetta da loro in prima persona, a rivendicare il fatto, nudo e crudo, incontestabile, che il futuro, piaccia o no, dovrà appartenere alla generazione che ora vive nella scuola, nell’università o inizia, per lo più maltrattata e precaria, la propria carriera lavorativa.

Non è stato sempre così in epoche analoghe, anzi: è avvenuto spesso l’opposto. Fuori dalle sedi tradizionali del potere politico e accademico, nascevano movimenti che, magari a volte con l’arroganza che è giusto si trovi in uno spirito giovane, cercavano di elaborare un proprio, autonomo punto di vista critico sullo stato delle cose. Si formavano gruppi di studio, si organizzavano corsi alternativi. Non solo ’68, fenomeni analoghi erano sempre avvenuti alla vigilia delle grandi crisi nella società europea. E guarda i disastri combinati, dirà l’amico benpensante. Meglio così, già di confusione ce n’è abbastanza. E di ragioni di aver paura anche. Farla ancora crescere con indignazione e contestazione, con le “assemblee discutidore” di cui i giovani sono soltanto capaci, serve a togliere il sonno, non a risolvere i problemi. E così sia – i giovani subiranno un destino di cui non saranno stati che comparse legate da relazioni puramente virtuali, un destino di cui ignorano le cause, poiché proprio il “conoscere per cause”, il conoscere che detesta l’immagine fugace, la propaganda, l’ideologia, sembra oggi il nemico numero uno.

Assistiamo – poiché così è: oggi assistiamo e basta – a eventi che oltrepassano di anni luce la dimensione semplicemente militare o politica. Eventi che decideranno non soltanto su conflitti e equilibri inter-statuali, ma della nostra civiltà. Una direzione politica può essere modificata anche rapidamente. È formata di parole che mutano di significato e di altre che si possono combinare. Una lingua no, è una struttura forte. E io credo che la politica dell’Occidente stia ormai parlando un’altra lingua rispetto a quella che sembrava avere appreso dopo la tragica lezione della seconda Grande Guerra. Certo, non era una lingua costruita “more geometrico”, una lingua inventata, aveva in sé storie e esperienze diverse, attingeva alla tradizione illuministica come a quella cristiana. Ma era viva. E parlava a persone concrete, non a individui astratti. A loro diceva che un ordine mondiale è concepibile solo in termini federalistici, in base a “foedera” tra soggetti politici reali, non sognando macro-imperi universali. A loro diceva che la guerra intra-occidentale andava bandita per sempre, dopo che essa aveva condotto per due volte l’intero pianeta al disastro. Ma affermava anche che se in un conflitto manca il riconoscimento dello stesso nemico, se questo è demonizzato come il barbaro, la guerra si trasforma necessariamente in guerra di sterminio e rende possibile solo armistizi, non la pace. In quella lingua antica, che non si deve più insegnare ai giovani, si diceva che i principi del nostro diritto escludevano la rappresaglia su civili in risposta anche al più tremendo atto terroristico. Si riconosceva, immagina un po’, anche il diritto di un popolo a vivere su una propria terra.

Intanto l’Europa ha forse definitivamente perduto la possibilità di respirare con due polmoni, come speravano Paolo VI e Wojtyla: una volta caduto il socialismo reale, così pensavano, l’Europa avrebbe finalmente potuto essere Occidente e Eurasia insieme. Speranza crollata. Per colpa di Putin? Lui solo l’Anticristo? Piace crederlo? Bene, lasciamolo credere. L’effetto non cambia: senza una relazione vitale con il suo Oriente l’Europa non potrà mai essere una potenza politica globale, né dal punto di vista demografico, né per le risorse energetiche disponibili, né sotto il profilo economico, produttivo, tecnologico. Questo la politica estera americana l’ha sempre saputo con matematica esattezza. Ed è riuscita a impedirlo. Se ne possono bene capire le ragioni. Molto meno perché l’Europa abbia prima abbandonato e poi addirittura combattuto quella strategia, che era stata di tutti i suoi più grandi leader socialdemocratici e cristiano-popolari, strategia del tutto corrispondente ai suoi interessi fondamentali. In essa si rifletteva anche la speranza dei più grandi Papi. Laddove il Concilio Vaticano poneva la complementarietà tra Chiesa d’Oriente e Chiesa romana, oggi s’erge una muraglia cinese. Kafka racconta che la muraglia cinese era piena di buchi e passaggi franati; speriamo ne sia rimasto qualcuno e ci si possa ancora incontrare.

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