CLARICE LISPECTOR, DISORIENTAMENTO E SRADICAMENTO SPIRITUALE
Poco tempo prima di morire, la scrittrice brasiliana di origini ucraine Clarice Lispector* pubblica il suo ultimo libro dal titolo “A hora da estrela” ovvero L’ora della stella. A differenza dei precedenti libri che erano rivolti a svelare la psicologia e le profondità dell’anima, carenti di dialoghi e dal lento avanzare, questo ha una vicenda tracciabile e con personaggi definiti. La protagonista Maccabea è una giovane donna del Nord est brasiliano, di origini umili, insignificante, orfana, rachitica, che ha appena coscienza di esistere. Vive in un limbo impersonale, senza raggiungere né il peggio né il meglio. Solamente vive, ispirando e respirando, ispirando e respirando. La voce narrante dice che era incompetente, incompetente per la vita. Dolce e obbediente, solo vagamente percepiva l’assenza di una coscienza propria. Non sapeva di essere infelice, non pensava in Dio, e Dio non pensava in lei. Dio è di chi riesce ad afferrarlo, dice la voce narrante. Maccabea non faceva domande, indovinava che non c’erano risposte, non indagava e viveva d’istinto. Non chiedeva la ragione dei castighi della zia perché non è necessario sapere tutto e il sapere non era importante nella sua vita. Si nasce e si capisce subito, nessuno ti insegna, così come nessuno ti insegna a morire al momento giusto, come se prima avessi studiato a fondo la rappresentazione del ruolo di stella. Perché nell’ora della morte la persona diviene una stella brillante del cinema.
Persa l’unica zia, si sposta a Rio de Janeiro dove si impiega come dattilografa e nel tempo libero ascolta la radio. Per una delusione d’amore e in preda alla disperazione, consulta una chiromante che le predice un futuro luminoso, ben diverso da quello che di lì a poco lo aspetta.
La voce narrante è un altro protagonista del racconto: parla anche di sé e si giustifica dicendo che così facendo, scopre fatti della sua propria esistenza e il suo destino, e si chiede: Sono un mostro, o questo che sento è essere una persona? Se Maccabea avesse la sciocchezza di chiedersi “Chi sono io”, cadrebbe a terra stesa di colpo. Continua la voce: il fatto é che la domanda: “Chi sono io” genera una necessità. E come soddisfarla? Chi indaga sé stesso ammette di essere incompleto. Perché allora scrive? Scrive perché la narrazione tocca un fatto delicato: la creazione di una persona intera che senza dubbio è viva come chi si siede alla macchina da scrivere. La persona che scrive, allora, si trasfigura in altro per condividere il destino letterario di Maccabea, per cercare la verità inventando una storia, poiché si sente ugualmente estraneo sulla Terra e senza dimora.
La chiromante accoglie Maccabea con affetto, la tranquillizza, si presenta e le racconta la propria vita, quando finalmente comincia l’oracolo. La giovane sente ora di stare in un vortice della sua esistenza, un punto in alto. Impallidisce quando la chiromante indovina il suo passato grigio e insulso, la delusione amorosa, e viene a sapere della sua imminente perdita del lavoro. Ma la chiromante predice anche che la sua vita presto cambierà completamente, già dal momento in cui esca dalla porta. Sarà un’altra persona, ritornerà al lavoro. La giovane sente come uno squillo di tromba celestiale, in preda a una forte trepidazione per l’imminente futuro che prevede anche un uomo danaroso, bianco e biondo, in un’auto di lusso. Frastornata da tante aspettative, sente che la sua vita sta già migliorando quando dà un bacio alla veggente, lei che non aveva mai baciato nessuno.
Esce dalla casa, è ormai il crepuscolo. Sente intimamente di essere già cambiata per le parole della cartomante, piena di futuro, con una speranza così violenta come mai aveva conosciuto. Così come ci sono sentenze di morte, la cartomante le aveva decretato una sentenza di vita. Tutto era così grande che sentiva desiderio di piangere. Al discendere dal marciapiedi per attraversare la strada, il destino si materializzò in un Mercedes enorme che la investì. Maccabea ebbe ancora tempo di accorgersi che già cominciavano a compiersi le previsioni della veggente. E pensò: oggi è il primo giorno della mia vita: sono nata. Si mosse lentamente e si accomodò in posizione fetale. Si abbracciava da sola con la volontà di ricevere un grande abbraccio. Ripeteva senza cessare: Io sono, Io sono. Chi era, non lo sapeva, e cercava nel suo intimo il soffia di vita che Dio dà.
*1920-1977
FILOTEO NICOLINI
Clarice Lispector, ritratto di Giorgio De Chirico



