Fonte: La Stampa
Massimo Cacciari: L’uomo ha sempre giocato a fare Dio, ora con
i progressi della ricerca scientifica e l’intelligenza artificiale siamo vicini a creare un essere umano perfetto. Distopia o utopia?
I progressi nelle ricerche bio-mediche, così come quelli nel campo dell’Intelligenza Artificiale vòlti a produrre una “machina sapiens” indistinguibile, anche per l’empatia di cui è capace, dall’intelligenza umana, accrescono con drammatica rapidità la sproporzione tra la potenza del sistema Tecnico-economico e le forme istituzionali-politiche ancora proprie delle democrazie occidentali. In altri regimi tale sproporzione può non essere avvertita proprio perché la simbiosi tra Tecnica e Politica si è in essi già realizzata, chiudendo la “gabbia di acciaio”.
Il mondo contemporaneo vive sospeso tra utopia e distopia, tra una possibile “felicità” e il più disumano orrore. Potremmo affrontare anche l’incurabile, come precipitare nella più mostruosa medicina di classe. Rendere un “bene- essere” la nostra esistenza sulla terra, come realizzare incubi eugenetici, sottomessi alla logica del profitto. L’intelligenza artificiale ha il potere di liberarci da ogni forma di lavoro meccanico e comandato, come quello di imporre un modello globale, uniforme di intelligenza, misurato in base alle sue prestazioni quantitativamente calcolabili e alla sua obbedienza al sistema. Proprio le scienze biologiche e mediche sono più di tutte di fronte a questo drammatico bivio: la capacità di aver cura della salute della persona nella sua integrità psico-fisica, di cui esse ora dispongono, viene ogni giorno più duramente attaccata da un modello organizzativo fondato sulla sostenibilità economica, che vede nel malato una macchina guasta e nel medico un applicatore di protocolli. L’universalità del diritto alla salute, conquista di un secolo di lotte sindacali, promossa anche da vasti settori di medici socialmente responsabili, va franando in proporzione opposta alla crescita dei saperi e alle concrete possibilità di cura che essi potrebbero offrire. La “solvibilità” diviene il carattere fondamentale che il malato deve presentare per essere curato in tempi ragionevoli. E comunque egli non sarà che un caso previsto negli archivi dei Big Data. La medicina a distanza, condotta essenzialmente da intelligenze artificiali, potrebbe concludere il processo. La “machina sapiens” che, dicono i suoi apologeti, giungerà a conoscerci meglio di quanto noi stessi ci conosciamo, sarà non solo la nostra guida di uomini schiacciati sulla dimensione economica e del consumo, ma anche il nostro medico. Non è però destino che la distopia si realizzi. Certo, tra le due strade che ci si presentano questa è la più facile. L’inerzia, ovvero le potenze tecnico-economiche fondamentali di questo tempo, spingono nella sua direzione. Ma possono esservi ancora scienziati e politici capaci di denunciare il pericolo, di opporre alla servitù che caratterizza le distopie (la fantascienza contemporanea ne è realistica rappresentazione) la utopia possibile, concreta della liberazione.


