LA SAVANA

per Filoteo Nicolini
Autore originale del testo: FILOTEO NICOLINI

LA SAVANA

Il caso della famiglia anglo-australiana, che vive nel bosco di Palmoli, in provincia di Chieti mi tocca da vicino e mi ricorda gli anni passati nella Gran Savana del Venezuela.

Ci arrivammo durante le vacanze, il viaggio fu difficile per lo stato della strada. Ci aspettava una piccola comunità di pionieri che si erano stabiliti da tempo in quei luoghi ritirati, selvatici e splendidi, in piena natura, con lo spettacolo dei Tepuyes e le cascate d’acqua. La Parrocchia, come poi cominciai per scherzo a chiamarla, sopravviveva ospitando di tanto in tanto qualche turista che si avventurava e cercava alloggio e cibo. Eravamo non lontani dalla frontiera, distanti dai centri abitati e commerci, si conduceva una vita autarchica senza grandi comodità, solamente l’essenziale. Era propizia per abbandonare cose superflue, si dava molto valore a ciò che era disponibile, ottenuto con sacrifici perché la cittadina più vicina era a quattro ore di strada impervia che richiedeva della doppia trazione. Bisognava quindi fare provvigioni ogni paio di settimane, e tornare a casa significava incontrare il rifugio anelato. Cominciammo intanto a esplorare, a formulare idee e progetti, accompagnati dal vicino che sembrava aspettarci. Decidemmo di costruire la nostra piccola casa rifugio, prima venne un piccolo capannone. Bisognava trasportare i sacchi di cemento dalla cittadina, l’arena e le pietre erano disponibili sul luogo, l’acqua si prendeva dal vicino ruscello, due giovani minatori ci aiutarono come aiutanti muratori. Era un capriccio, un lusso stravagante, o un telone che si alzava a poco a poco? Sicuramente, una avventura e un severo impegno. La costruzione della casetta fu lenta e piana di interruzioni. Costruimmo il pozzo settico, l’acqua si canalizzava dal vicino ruscello, ma fu gioco forza istallare un paio di serbatoi in alto per i frequenti periodi di siccità. In pochi mesi potemmo disporre di una casetta tipo capanna, accogliente e sobria, al riparo dalle piogge, dotata di lampade di kerosene per la sera, con i servizi essenziali. Poi vennero quattro pannelli solari con le batterie per poter azionare periodicamente una piccola lavatrice e ricaricare il PC. Connessioni wifi erano disponibili a una ora di strada, telefonia cellulare solo nella cittadina, dove tra l’altro ci si riforniva di bombole di gas e combustibile.

Nella Parrocchia c’erano numerosi bambini, che per un tempo avevano frequentato una scuola rurale, fono a quando la maestra si spostò in un’altra zona, e allora gli stessi genitori si turnavano per dare le lezioni. Padri e madri erano in maggioranza di origine europea con studi formali, e parlavano inglese e tedesco, oltre lo spagnolo. Anch’io mi prestai per qualche lezione nella comunità, e nell’occasione usammo una pittura scura che copriva una tavola di legno trasformandola in un rudimentale lavagna! Alcuni di essi presentarono poi gli esami della scuola dell’obbligo nella cittadina di frontiera.

I parti erano rigorosamente a casa, c’era un vicino esperto nell’assistenza con l’aiuto di una o due donne. Lo dico perché rimanemmo stupiti la prima volta. Il fatto è che in questa piccola comunità tutti avevano sviluppato capacità e talenti perché lontani dal mondo era necessario saper fare di tutto, dalla meccanica leggera, all’orto, all’allevamento di galline e polli e a quei piccoli lavoretti di manutenzione sempre necessari in casa e fuori. C’era l’ammonimento di fondo di valersi da sé stessi, di sviluppare le proprie doti, di acquistare fiducia nelle proprie capacità. Tutti sapevano leggere e scrivere, ovviamente, e qualcuno coltivava letture e creazioni artistiche. Il fatto di essere una piccola comunità era vantaggioso: si scambiavano favori e si approfittava delle competenze di ciascuno.

Va senza dire che eravamo immersi nella natura appena si usciva di casa. La savana ha vegetazione per lo più bassa, con suoli arenosi e con pietre, con frequenti corsi d’acqua nell’epoca delle piogge, con pendenze a volte anche accentuate. Era necessario abituarsi presto all’incontro con piccoli e medi animali e insetti. Frequenti le formiche, gli scarafaggi, anche in miniatura, le zanzare, i fastidiosi moscerini. e ciò facilitava naturalmente la vicinanza, i contatti e le emozioni con la fauna tropicale. Si trovavano formichine in casa, e con le zanzare si inscenavano vere e proprie battaglie, ma spesso si batteva in ritirata e l’unica forma era rifugiarsi sotto la zanzariera, almeno per le zanzare di dimensioni normali. Infatti, c’era nel tardo pomeriggio la presenza di un invisibile infestante, detto puri-puri, che punge senza scampo proprio nell’ora in cui ci si prepara per vedere il tramonto con un aperitivo in mano, ed allora l’unica forma per difendersi era rifugiarsi al coperto della casa, spegnere le luci e coprirsi con una tela leggera!

Si davano a volte incontri ravvicinati con piccoli serpenti, sia detto. Ci sono serpenti detti cacciatori, questi fuggono al minimo segnale di presenza umana, dal lato opposto preso da chi li ha scoperti che si ritira anch’esso prudentemente. O con ragni. Ci sono ragni di tutti i tipi, piccoli tessitori abitanti di angoli, tetti, travi e spigoli della casa. Poi ci sono ragni più grandi, pelosi, anche pericolosi, ed essi sono oggetto di attenzioni ostili da parte dell’umano. Scorpioncini abbondano vicino ai luoghi umidi e bisogna fare attenzione.

Ma ci sono anche serpenti velenosi che non fuggono, anzi, danno battaglia. Si trovano con frequenza nella savana, nei terreni incolti, si nascondono vicino alle pietre, cercano l’umidità. Poi ci sono anche varietà di boa. Ricordo un incontro fortuito vicino al portone di casa. Battetti in ritirata strategica mentre il boa impaurito si allontanava dal lato opposto. Lucertole e gechi erano abitanti stanziali delle case, salivano al tetto ed era difficile sloggiarli. Ebbi addirittura due famiglie, ognuna rispettosa della casa dell’altra, la prima residente fuori del tetto e spostandosi sempre fuori della casa, la seconda stabile dentro, abilissima a spostarsi sul soffitto col dorso in basso! Le differenziavo, oltre per la zona di transito, anche perché erano più grassottelle quelle di fuori, più snelle quelle interne. Naturalmente, abbondavano animaletti per così dire domestici, come rane, rospi, topolini di campagna. Poi, in un crescendo di dimensioni vi sono pipistrelli, armadillos, iguanas, acures y picures, chigüires, perros de agua,, venados, rari tapiri. A poca distanza della casa non era raro vedere all’alba la volpe furtiva nei suoi spostamenti. E si udivano le scimmie urlatrici nel bosco, un coro che montava a poco a poco fino ad essere assordante. Mai, però, si lasciarono vedere.  Uccelli e passerotti sono tali e tanti che si perde il conto: golondrinas, pico de plata, loros, guacamayas, guacharacas ruidosas. Vale a dire rondini, pappagalli e uccelli di varie specie. Tutto ciò è preambolo per dire che sviluppai una visione a 180°, attentissima ai piccoli movimenti, tracciando a destra e sinistra, sopra e sotto in modo, naturale, automatico. Me ne è rimasto un riflesso qui in Italia, a volte scambio la mia stessa ombra che si sposta per una minaccia potenziale.

Alcuni di quei bambini, una volta adulti, si sono trasferiti in Europa. Altri sono rimasti, continuano la vita di prima, perpetuando l’esperienza di vivere a contatto con la natura e facendo crescere la piccola comunità con i loro pargoli. Di questi anni trascorsi nella savana mi piace ricordare quel sapere pratico fondato sull’esperienza diretta e il contatto costante con problemi legati all’auto sufficienza. L’ho spesso definito una esperienza intelligente di scambio e di sopravvivenza in un ambiente naturale, lontano da agi e soluzioni chiavi in mano. Nei miei ricordi, si conduceva una vita semplice dove i gruppi familiari si erano stabiliti lontani dalla città per allontanarsi e cercare la natura, la parziale autonomia, approfittando dell’orto, le api, la caccia, il turismo di avventura e le passeggiate ecologiche.

FILOTEO NICOLINI

 

  

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