Anderlini: “Non vorrei scadere nel culto della personalità. Ma ammiro Conte e la sua capacità di tenere la rotta”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini
Gli idealisti
Non vorrei scadere nel culto della personalità. Ma ammiro Conte e la sua capacità di tenere la rotta. In un mare in tempesta e con una ciurma isterica e ostile. Assillato su innumerevoli fronti: la pandemia, la volubilità delle regioni, le fibrillazioni della maggioranza, il flagello di Italia Viva, i partner europei, i sequestrati in Cirenaica, la task force, le categorie in rivolta, i cortei, la stampa nemica e i media irridenti, i costituzionalisti….. Sono colpito dalla sua imperturbabile attitudine raziocinante e argomentativa, che non cede a scarti nevrotici, istrionismi, forme di arroganza, deliri di onnipotenza e beaux gestes narcisi. Al caso stemperati con un uso misurato dell’ironia. Indici di ‘compostezza’, ovvero di una struttura biopsichica stabile e aderente al ruolo. A Conte il vasto e malevolo concerto dei critici imputa all’unisono molti vizi capitali: la mancanza di leadership, l’abusivismo, il trasformismo, l’assenza di titoli, l’attaccamento al potere. Aspetti che in realtà possono essere letti a contrario, cioè come qualità. Basta rovesciare il criterio di osservazione e guardare l’esercizio della premiership di governo nelle circostanze date. Non avendo egli risorse politiche proprie, non essendo nè un leader di partito nè un commis d’état accreditato. Si può essere premier senza essere leader mentre il trasformismo può essere un modo adeguato di muoversi nella realtà di fatto cogliendone le opportunità. Non è proprio questo che intriga nel personaggio ? Un ronzino, un comune puledro di ignota origine genetica che in un mondo di presunti fenomeni equini prende il posto riservato ai cavalli di razza selezionati dalle migliori scuderie. E tiene la pista fangosa con duttile determinazione e stoico equilibrismo. Fino all’ultimo respiro. Vera dote dell’uomo politico. Del ‘non importa continuiamo’ di conio weberiano, che celebra la razionalità rispetto al valore del grande professionista nelle circostanze avverse, si può fare anche un’altra lettura. Come capacità di confidare in una condotta razionale e assidua, tenendo il ruolo istituzionale in un mondo aleatorio e imprevedibile pervaso da inconsulte correnti di irrazionalità. I perfettini sedicenti liberal-progressisti (come Mauro e Veltroni dimentichi di avere a suo tempo incarnato i loro desiderata nel mentitore istrionico di Rignano) imputano a Conte e al governo giallo-rosso la mancanza di progetto, di decisione e di visione ideale. Come se il tenere a bada gli incubi impedendo che assumano forma reale, persino con ponderate titubanze, tenendo aperta la porta a desiderabili evoluzioni, non fosse già in sè preferibile piuttosto che coltivare sogni imprecisati Di recente ho sentito De Benedetti e Cacciari accusare Conte d’essere ‘attaccato’ al potere. Grottesca esternazione sulla bocca cadente di un magnate che non ha resistito alla tentazione di fare inside trading con l’uomo di Rignano al potere. Sorprendente in un filosofo che ha dimestichezza con i classici del pensiero. Un conto infatti è la libidine di potere che infrange le regole e tracima nell’arbitrio. Altro conto l’attaccamento al ruolo fin dove la regola lo consente. Che è invece esercizio della responsabilità. Derogare da questo ‘attaccamento al potere’ aprendo il varco ai libidinosi non sarebbe una forma di idealismo, ma solo di cretinismo.
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