di Fausto Anderlini – 1 novembre 2017
Pensiero di Bao
Con viva e trepidante emozione riporto questo elegante intervento di Tommaso Montanari su MicroMega dal titolo “Caro Vendola, Grasso non è “un programma politico vivente”. [nelle parentesi quadre le note di redazione]
ll “programma vivente” di una Sinistra coraggiosa, nuova, anti-sistema, capace di parlare come parlano Jeremy Corbyn e Pablo Iglesias non potrebbe mai essere un pezzo apicale (per quanto pulito) del sistema [come Pietro Grasso]: ma dovrebbe semmai essere un precario, una donna discriminata, un disoccupato, un povero, un ricercatore in fuga all’estero, un migrante. Un lavoratore piegato del Jobs act, un insegnante umiliato dalla Buona Scuola, un soprintendente spezzato dallo Sblocca Italia: non un esponente di spicco del partito che ha fatto tutto questo.
[Questo “programma vivente” posso esserlo solo IO, e pregherei che non mi si nominasse invano].
in calce riporto l’intervento di Tomaso Montanari, ma questo post di Anderlini ha avuto numerosi commenti su facebook e ne riporto alcuni che mi pare chiariscano “lo stato dell’arte”
Sergio Caserta: tenace riaffermazione del bisogno innanzitutto di una leadership collettiva e di non subire la superfetazione dell’individuo mediaticamente dominante. Chi è passato per l’esperienza di una grande partito, sa che sia la o il leader sono sempre esistiti ma erano il frutto non solo di una rigorosa selezione, soprattutto erano l’espressione di organismi dirigenti collettivi che alla fine condividevano la scelta attraverso un duro confronto. la o il leader, può e deve rispondere a diverse caratteristiche personali: cultura, eloquio, carisma, esperienza, potere, influenza, visione prospettica, passione, capacità organizzative, coerenza, eticità, appeal. Quel che non dovrebbe avere il leader di una sinistra veramente nuova, dovrebbe essere di non rappresentare le usurate pratiche deambulatorie di collocazioni e ricollocazioni cui siamo purtroppo abituati. Se non nasce prima un decente progetto politico, non è il caso di pensare a leadership.
Fausto Anderlini: Scusa Sergio ma scambiare Grasso per un leader personalistico e mediatico è far torto all’intelligenza…. nessuno pensa che Grasso sia un ‘Leader’, ma solo una prsonalità rilevante che potrebbe svolgere al meglio la funzione di rappresentanza della nostra coalizione…. ci vuole tutta l’imbecillità di un aspirante demiurgo in tutto simile ai leaderetti del ’68 per scrivere quelle cazzate su Micro-Media (e sto leggero, perchè penso anche di peggio, cioè a una certa volontà di nuocere al processo unitario….)
Sergio Caserta: Io non ho detto che Grasso e’ quel tipo di espressione, non manipolare il senso delle mie parole. Qui si parla di metodo che e’ sostanza.
Fausto Anderlini: ma qui si commentava l’uscita del Montanari…. un palese tentativo di mettere bastone fra le ruote pro domo sua…. come se non conoscessimo entrambi l’antropologia di chi propone questa esercitazione di metodo…. suvvia Sergio
Sergio Caserta: Penso che occorrerebbe impegnarsi per un cambiamento di cultura politica. Tornare a pensare inseme, abbandonare l’edonismo dell’immagine che si è inculcato nella testa di tanti cosiddetti leader. Non parlo di Grasso ovviamente che stimo. Se non comincia questo lavoro dalle fondamenta, non costruiremo niente di serio
Claudio Pagani: Per non fare “impazzire” definitivamente la maionese eviterei OGNI attacco personale a questo o a quest’altro dentro il perimetro della potenziale lista civica – sinistra cercando di privilegiare sempre lo spirito unitario; di protagonismi ce ne sono fin troppi..
Fausto Anderlini: ecco giusto…solo adesso, dopo questo attacco proditorio a Grasso, mi vien da catalogare Montanari come un cretino dannoso….prima no, e dire che ero anche andato al Brancaccio ….
Carlo Soricelli: Tomaso (no Tommaso) è per me sono una figura nuova che può fare e dare molto alla sinistra. Certo che il segnale veramente forte sarebbe quello di candidare e portare in primo piano qualcuno che venga dalle categorie elencate. Benedetto Cecchetto è un operaio, guarda Fausto come scrive e le analisi che fa. Credo che colpirebbe anche te per la lucidità con cui analizza quel che succede. E guarda io ne conosco tanti come lui, ma la “spina dorsale” della sinistra che erano i lavoratori che sono stati massacrati di più proprio dalla sinistra. Stanno regalando il mondo del lavoro alla destra come negli Stati Uniti, e senza lavoratori non si va da nessuna parte. È questo che poi vuol dire Tomaso Montanari.
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ecco l’intervento di Tomaso Montanari
Caro Nichi, Grasso non è “un programma politico vivente”
Provo una istintiva simpatia, e una ovvia stima di fondo, per Pietro Grasso. E guardo con ammirazione, gratitudine e affetto alla figura di Nichi Vendola. Sono due pezzi della Sinistra che vorrei.
Ma quella Sinistra la vorrei più larga, coraggiosa, innovativa. Capace di parlare a tutti, e di fare una politica diversa.
Una politica in cui le case non si costruiscono dai tetti. Credo profondamente che uno dei drammi della politica italiana sia questa, apparentemente insanabile, deviazione leaderistica. Una deviazione endemica a destra, capace di sfigurare il Pd di Renzi, e alla fine fatale anche per i 5 Stelle, prigionieri della dinastia Casaleggio e prostrati davanti al trono di Di Maio.
Ma nemmeno la Sinistra riesce a essere diversa. Hai voglia a dire che la cosa importante sono le cose, il progetto, il programma. Hai voglia a dire che i portavoce si decidono solo dopo, e dal basso. Hai voglia a parlare di rinnovamento. Hai voglia a parlare di leadership plurale. Di parità di genere. Quando all’orizzonte della cronaca effimera del Palazzo si profila un autorevole maschio, in età sufficientemente alta, ecco il leader bell’e fatto: ne abbiamo visti più di uno, negli ultimi mesi.
E il “noi” ridiventa subito un “io”: nel trionfo di autoreferenzialità che è il vero disastro di questa sinistra ombelicalmente romana.
È un problema di metodo: la tentazione della bacchetta magica personalistica vince ogni altra aspirazione. Svelando che la Sinistra non si afferma perché non è abbastanza diversa: perché non pensa diversamente, perché non ha il coraggio di praticare, e non solo di predicare, un altro modo di fare politica.
Ma è anche un problema di merito. Perché tutto quello che ho detto resterebbe vero anche se si parlasse, che ne so, di Maurizio Landini. Ma almeno si capirebbe cosa stiamo dicendo. E invece no.
Con il massimo rispetto per la persona e per il ruolo istituzionale, vorrei sommessamente dire che il presidente del Senato per me non “rappresenta un presidio vivente dell’Italia della Costituzione repubblicana”. In questa legislatura è successo di tutto: il Pd di Renzi ha fatto strame in ogni modo della Costituzione. E Grasso ha deciso di lasciare il Pd (e non lo scranno altissimo in cui il Pd l’ha collocato) quando ormai tutto è compiuto, fiducia sul Rosatellum compresa (una fiducia che poteva, e doveva, non essere concessa): un epilogo sul quale il moderatissimo Stefano Folli ha scritto cose difficilmente controvertibili.
Sia chiaro, non avrei chiesto a Grasso di fare chissà quali gesti e oggi sono felice che egli sia uscito dal Pd: un importante elemento di chiarezza, che strappa dal vero volto del partito di Renzi un altro pezzo di velo. Ma da qua a definire Pietro Grasso “un presidio vivente della Costituzione” c’è un passo che il senso della realtà consiglierebbe di non compiere.
E, soprattutto, davvero non riesco a capire come Grasso sarebbe “per noi, un programma politico vivente”. Sono un alieno, un marziano digiuno di politica politicata – i professionisti non fanno che ricordarmelo, e li ringrazio –: e forse è proprio per questo che non riesco a capire come sia possibile dire ogni giorno che le politiche di destra del Pd hanno sfigurato il Paese, e poi dire che, fino a giovedì scorso, il nostro programma politico era nel Pd.
Qui arriviamo al nocciolo della questione: che non è personale, ma è culturale.
Il motivo per cui milioni di giovani preferiscono i 5 Stelle alla Sinistra è che quest’ultima non ha il coraggio di dire che bisogna rovesciare il sistema. Un sistema che lascia fuori della porta metà del Paese. Una Sinistra troppo preoccupata di ‘rassicurare’ gli spettatori dei talk show, apparendo moderata, affidabile, “di governo”. Una Sinistra che, raccontando a se stessa che è tattico scegliere un servitore dello Stato, finisce col raccontare a tutti gli altri che sta scegliendo di servire lo stato delle cose. Una Sinistra convinta di non vincere perché troppo alternativa: e che invece non convince, e non vince, perché è troppo timida, conformista, prevedibile. Una Sinistra che non può dire di voler rifare lo Stato dalle fondamenta candidando chi per cinque anni è stato il numero due dello Stato. Anche se si tratta di una eccellente persona, come in questo caso. Una Sinistra subalterna al Pd: perché si autocondanna a ruotare intorno all’elettorato, e al ceto politico, di quel partito, come un satellite ruota intorno a un sole malato. Una Sinistra che sembra non trovare altre parole, altre persone, altre biografie.
Commentando il suo eccellente risultato elettorale, Corbyn ha detto: “i commentatori si sono sbagliati”. Ecco, abbiamo bisogno di una Sinistra che spiazzi i commentatori politici, non che ne assuma la logica tutta interna e autoriferita.
Pensiamoci: smentendo ogni logica di scelta dal basso, si usa un metodo di investitura interno al sistema (ripeto: dal “noi” all’ “io”) per scegliere un pezzo eccellente del sistema che (da qualche ora) sembra essersi dissociato.
E senza chiedersi cosa, quel pezzo, pensi di tutte le questioni cruciali intorno alle quali stiamo costruendo il progetto di questa nuova Sinistra. Perché chi sa cosa pensa l’ottimo Pietro Grasso del reddito di dignità, o della riforma Fornero o della progressività fiscale? Non lo sappiamo perché il suo ruolo gli imponeva di non farcelo sapere: ed è giusto che sia così. Ma come facciamo, allora, a dichiararlo “programma politico vivente”?
È proprio imboccando queste scorciatoie che la politica dei politici si trasforma in gioco di prestigio indifferente alla realtà del mondo. Ed è allora che il mondo, giustamente, le volta le spalle.
Il “programma vivente” di una Sinistra coraggiosa, nuova, anti-sistema, capace di parlare come parlano Jeremy Corbyn e Pablo Iglesias non potrebbe mai essere un pezzo apicale (per quanto pulito) del sistema: ma dovrebbe semmai essere un precario, una donna discriminata, un disoccupato, un povero, un ricercatore in fuga all’estero, un migrante. Una lavoratore piegato del Jobs act, un insegnante umiliato dalla Buona Scuola, un soprintendente spezzato dallo Sblocca Italia: non un esponente di spicco del partito che ha fatto tutto questo.
Francamente non so come andrà a finire il tentativo di costruire una lista di Sinistra che non sia solo la somma dei partiti in Parlamento a sinistra del Pd e del loro ceto politico.
Ma so che senza coraggio, senza fantasia, senza la capacità di liberarsi da complessi di inferiorità, conformismi, mimetismi, tatticismi e attese messianiche del leader questa Sinistra continuerà a parlarsi allo specchio, i Cinque Stelle continueranno a trionfare, e mezza Italia a non votare.
Quando ci decideremo a invertire la rotta?


