Fonte: hyperpolis
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di Paolo Solimeno 28 novembre 2016
La modifica costituzionale proposta ( http://www.camera.it/leg17/126?pdl=2613-D ) ha radicali difetti di legittimità e coerenza, propone un modello di democrazia lontano da quello prefigurato dal costituzionalismo democratico in cui sono iscritte le migliori democrazie occidentali, nate o perfezionatesi nel secondo dopoguerra. Insieme alla legge elettorale n. 52 del 2015, l’Italicum, trasformerebbe il sistema italiano in un premierato forte, senza garanzie, con una Camera succube del capo dell’esecutivo.
7. La modifica del Titolo V: un forte accentramento. L’intervento sul Titolo V è un forte revirement accentratore rispetto al principio tendenzialmente federalista introdotto nel 2001 tanto da consegnarci uno stato centralista, più di quello della originale versione del titolo del 1947. Le competenze esclusive statali del nuovo art. 117, II c., si moltiplicano (da 31 a 48), sono introdotte materie esclusive regionali, ma con riserve parziali allo stato che è chiamato a disciplinare parte delle materie, la regione dovrebbe completare, riproponendo così in sostanza la “competenza concorrente” che il legislatore si vanta di aver abolito: tutt’altro, si introducono concetti nuovi e non ancora vagliati in cui lo stato si contende le materie con le regioni, dettando ora le “norme generali e comuni”, ora le “disposizioni di principio”, ora imponendo interessi nazionali o sovranazionali su quelli regionali, ora semplicemente dettando una parte della disciplina (cfr. U. De Siervo, “I più chediscutibili contenuti del progettato art. 117 della costituzione”,su osservatoriosullefonti.it, 1/2016). In più, come detto sopra (punto 4, b), il Governo può esercitare con iniziativa legislativa una supremazia e chiamare a sé materie pur di esclusiva competenza regionale. La modifica non ha voluto toccare statuti e competenze delle cinque regioni a statuto speciale per il veto posto dai parlamentari rappresentanti di quei territori, consegnandoci così un sistema che costa miliardi di euro ogni anno ed una disparità ora intollerabile, e da tempo comunque priva di ragioni, rispetto alle spogliate regioni ordinarie: gli statuti speciali potranno esser modificati solo con “intesa” con i loro consigli, mentre oggi basta che siano “sentiti”; tutto il capo IV del ddl non si applica, mentre si applica il potere di espandere ulteriormente le loro competenze.


