di Mino Dentizzi 28 ottobre 2017
Da più di 20 anni si sente discutere di una legge che “aiuti le persone che aiutano le persone fragili”, i cosiddetti caregiver.
Lo scorso 27 settembre la Commissione Lavoro del Senato ha approvato a sostegno dei caregiver familiari un testo che prevede in 4 articoli il riconoscimento della figura di chi si prende cura, al di fuori di un contesto professionale e retribuito, di una persona, generalmente un familiare, assicurandole assistenza, supporto e sostegno necessari a causa dell’età, di una menomazione, di una patologia, in un quadro di assenza o carenza di servizi pubblici adeguati e sufficienti alla situazione. Un tema che investe ormai milioni di famiglie, con vari gradi di gravità in termini di sovraccarico personale, salute, relazioni e ricadute economiche. Le attese appaiono, quindi, notevoli.
La strada intrapresa non sembra, però, essere quella giusta; infatti, il testo unificato sul caregiver approvato è inadeguato e pieno di promesse teoriche e irrealizzabili. La Commissione Lavoro del Senato, infatti, per il tramite del relatore del provvedimento Pagano, è ben accorta a puntualizzare che non saranno attivate risorse specifiche e rinvia il problema alle Regioni, sempre nei limiti delle risorse disponibili, che ovviamente faranno quello che hanno fatto finora ossia nulla.
E’ stato ratificato un testo che prova ad accennare una definizione di caregiver, che abbozza possibili azioni di ambito regionale, che non attribuisce alcuna nuova responsabilità allo Stato, se non quella di indicare i criteri d’individuazione degli “assistiti”. Il resto (misure previdenziali, assistenziali individuali o di sistema …) è rinviato sine die. Un testo molto ridotto, quindi, in confronto alle attese e comunque non privo di coni d’ombra definitori e applicativi.
Per esempio la definizione che è data di caregiver familiare sottende un pensiero non condivisibile secondo cui l’attività di assistenza vada incentivata poiché è una scelta volontaria e apprezzabile. Se in alcuni casi ciò corrisponde al vero, in moltissimi casi non è per niente una scelta, ma il risultato dell’assenza o della mancanza di servizi territoriali sufficienti, adeguati, efficaci al sostegno delle persone e delle famiglie.
Si agisce sempre alla stessa maniera: si approvano leggi o regolamenti senza un finanziamento adeguato, che indichi una reale volontà della politica ad affrontare la tematica, e quindi sono destinate all’inutilità e all’obsolescenza. Si pensi, come esempio eclatante, al Piano Nazionale Demenze, lavoro di immenso valore clinico, solidale, organizzativo, che, però, finora non ha inciso minimamente sulla realtà dell’assistenza in Italia alle persone affette da deficit cognitivi perché priva di qualsiasi supporto economico.
Oppure alla legge sul Dopo di Noi, abbondantemente spacciata come atto di grande civiltà. ma priva anch’essa di qualsiasi forma di reale sostegno se non per coloro che le briciole destinate al provvedimento dovranno gestire.
Rimane come sempre la costante di una scarsa attenzione per le famiglie e le loro problematiche, di una incresciosa lotta tra poveri per la spartizione di pochissime risorse. Non si scorge un progetto che, seppure in vari anni, possa disegnare il futuro delle famiglie italiane, in tutte le sue forme più disparate; si pensi alla cura dei giovani e dei vecchi, alla costruzione di case adeguate, alla strutturazione di un mercato del lavoro rispettoso delle difficoltà di molti individui.
La logica basilare di una vera legge nazionale, eludendo i rischi di creare ventuno risposte diverse allo stesso bisogno, deve essere quella di realizzare i presupposti per cui il lavoro di cura non sia un obbligo (doloroso, problematico, impegnativo), ma una scelta dettata dagli affetti, da scelte personali, dalle condizioni della famiglia e dell’ambiente di vita. Ciò richiede interventi articolati, che vanno dal riconoscimento civile del ruolo e delle responsabilità, ai provvedimenti previdenziali, agli eventuali supporti economici. Purtroppo, però, nulla di questo si vede all’orizzonte di una politica sempre più rannicchiata su se stessa.
L’occasione perduta di definire una legge sui caregiver, che avrebbe significato l’inizio di una riflessione collettiva sulle esigenze molteplici delle famiglie, è particolarmente grave e la domanda sul dove andremo corre il rischio di rimanere senza risposta.


