di Alfredo Morganti – 24 novembre 2016
Ho letto in ritardo questa intervista a Massimo Cacciari (Repubblica del 22 novembre). Dopo aver detto che la sinistra è sostanzialmente finita (senza idee, conservatrice, abbarbicata alla Costituzione e incapace di riformare il welfare), dopo aver detto che è lontana dalla realtà e che c’è troppa gente che non si sente rappresentata da essa, Cacciari prescrive questa ricetta: “Bisogna fare semplicemente politica, tornare a rappresentare i ceti in sofferenza, fare discorsi di verità, smetterla di sbandare, di assecondare e imitare la destra, perché poi le contraddizioni si pagano”. Ecco, questo (negatelo se potete) è il ritratto preciso, perfetto, inequivocabile di Pier Luigi Bersani. Semplicità politica, rappresentanza degli ultimi, politica verità, onestà intellettuale, netta distinzione dalla destra. Questo ritratto lo fa uno che aveva abbracciato l’Italia Futura di Montezemolo. Oggi tutta confluita presso il PD, i Ministeri e gli incarichi di consulenza.
Ce l’avevamo, l’Italia giusta era lì, Bersani era lì, ed era pronto a tentare di districare la matassa di tatcherismo e di reaganismo, di cosmopolitismo e di liberismo, di élitarismo e di conservatorismo sociale che ci aveva avviluppato. C’era, e avrebbe potuto imprimere un particolare segno politico e sociale a una situazione davvero complessa e ingarbugliata. Quella stessa sinistra che Cacciari definisce morta aveva, in un colpo di reni provvidenziale, sorprendente, trovato il bandolo della matassa, o un punto di svolta, o almeno un appiglio utile, come accade ai free climbers. E noi quell’uomo (quelle idee, quel partito, quelle speranze, quel sentimento di appartenenza) lo abbiamo trattato come lo abbiamo trattato. È stato persino deriso per la sua serietà (merce rara). Abbiamo rigettato senza nemmeno pensarci troppo quelle idee semplici, di tutela sociale, di rilancio dello sviluppo senza proclami, di tutela attenta e scrupolosa della democrazia parlamentare, di onesta e utile difesa dei corpi intermedi come se tutto ciò fosse acqua fresca, come se fosse nulla. Robaccia. Passatismo. Pensieri malandati di una ‘vecchia’ sinistra. Come se queste non fossero le ‘idee’ che invece stiamo cercando.
Oggi, a sua insaputa!, anche a uno come Cacciari parte un colpo e gli esce fuori che sarebbe, invece, proprio questo ciò che servirebbe. Ma ci voleva la Brexit per capirlo? Ci voleva Trump? Ci voleva una sorta di rivolta antiestablishment e antiélite? Ci voleva un cavolo di referendum insensato, tutto giocato sulla pelle della Costituzione, proponendo in alternativa un testo del tutto impastocchiato? Andatevi a leggere quel che dicevano a sinistra prima della Brexit e di Trump. Era tutto un florilegio di cervelli in fuga, di diritti civili, di ceti liberal, di eccellenze che andavano difese, di operai che sono tutti morti, di nuovi ceti, macrobiotico, expo, start up, innovazione, 4.0, 5.0, robotizzazioni, digitale, rete, miracolo italiano, visi protesi al futuro, compiti a casa da non fare più, mode e tendenze mainstream. E adesso? Ora sono ricomparsi i ceti sofferenti, le contraddizioni vere, la necessità di ‘rappresentare’ una società malata, che si astiene sempre più dal voto – oggi serve chi si opponga al tatcherismo di accatto e d’antan, chi dialoghi con la sofferenza sociale, non la nasconda sotto il tappeto del ‘nuovo’. Ed eccolo il difetto vero della sinistra: non capisce più niente. Chiacchiera a vuoto. Fa comunicazione. Soffre le mode. È senza terra e senza radici. Arriva sempre dopo. Le sfugge la realtà. È élitaria. E vive in un cilindro di sogni e di ideologia altrui, da cui è normale che poi sbuchi fuori il coniglio Matteo Renzi.


