Cafoni PD: i ragazzi suonavano ma nessuno ascoltava

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti/Emilio Cabasino
Fonte: facebook/ corriere della sera
Url fonte: http://www.corriere.it/politica/15_febbraio_24/lettera-padre-renzi-ragazzini-suonavano-distratto-buona-scuola-autogol-826e54d6-bbf1-11e4-9889-956e36696542.shtml

di Alfredo Morganti, 24 febbraio 2015

Le mie scuse

Oggi, intervistando Andrea Cozzolino (PD), Repubblica gli ricorda che “ormai da mesi è impegnato nelle primarie”. Capite? Da mesi! A dimostrazione che le primarie sono divenute un’istituzione totale, come il carcere, l’ospedale, il manicomio, l’esercito. Una cosa che impegna tutte le tue ore, che organizza la tua vita, che si è reificata al punto da detenere per mesi un deputato europeo che avrebbe potuto far meglio a Strasburgo, anche perché è ancora quello l’incarico di rappresentanza politica per cui è stato eletto. Ma le primarie sono soltanto una delle propaggini del PD, solo una delle sua epifanie. Come non citare la sovrabbondanza di comunicazione mediale, che esce dalla pila come il bollore dell’acqua calda? Una profusione, un eccesso, una prodigalità che lascia sfiniti. Siamo ormai sommersi, l’Italia lo è, dagli hashtag, dai selfie, dai tweet mattutini, dall’oratoria da speaker tv, dai post, dagli streaming, dalle ‘narrazioni’, dai siti realizzati ad hoc, dalle parole-chiave, dalle slides di Proforma, dai libri fotografati alla Feltrinelli, dalle foto coi bambini, dalle battutacce, dai patinati che raccontano biografie sino a partire dalla prima comunione. Dinanzi a questo profluvio, i cucù di Berlusconi e la sua Storia Italiana erano pinzillacchere.

In compenso, forse a bilanciare questo sciabordio, non c’è più un partito, la politica è ridotta a fatto di costume, gli organismi dirigenti a esibizioni televisive, i ragionamenti politici a velenose reazioni. Una pochezza politica che potrebbe essere contenuta nei 140 caratteri di un tweet, o anche meno. Ma più di tutti è sparita la sinistra, quella politica, quella sindacale, quella sociale, quella culturale, quella sentimentale e affettiva. Sommersa e cancellata da qualcosa che stento a definire (non vorrei usare il termine destra, perché questi sono pure peggio). Certo, qualcuno dirà che, se ci hanno messo così poco a metterla in un angolo, forse la sinistra era poca cosa. Può darsi. Ma la sinistra moderna in Italia ha più di cento anni di vita, e non può oggi nascondersi dietro gli alibi, i tatticismi o peggio. C’è il lavoro come base per un nuovo progetto. C’è una prateria da occupare, nel caso si fosse dotati di un gruppo dirigente, di contenuti, di cultura politica, e quindi di una base sociale cui riferirsi. Ma tutto questo non c’è. E non è detto nemmeno che ci sarà a breve.

Perciò, io credo che un giorno, anche vicino, dovremmo chiedere scusa agli italiani per aver partecipato a questo ambaradam mediale che molti si ostinano a chiamare partito democratico. Scusa per le primarie infinite, per le irregolarità ai seggi, per i circoli ridotti a sgabuzzini dove i ras locali patteggiano, per i loft, i tweet, per la montagna di hashtag, per i trentenni direttamente nominati ‘padreterni’ senza neanche passare per il via, per un ceto politico che mi ricorda la Milano da bere, per le monetine che un giorno pioveranno sulle nostre teste. Scuse sincere, che si tramutino un giorno però in una ripartenza. Nel frattempo le scuse le chiedo io, anche se non dovrei, ai ragazzi che hanno suonato al convegno del PD per la scuola. Lo hanno fatto dopo il discorso del Capo, ma nessuno se li è filati, anzi sono pure stati danneggiati dalle urla, dai selfie e dai saluti sguaiati del tipo ‘io c’ero’. Il convegno doveva ‘narrare’ il senso del PD per l’istruzione e per la formazione culturale. Lo ha fatto, in fin de’ conti. Perché ci ha solo raccontato, con questo episodio, il vuoto di rispetto che si promana e l’arroganza del potere esibita come un trofeo mediale. Chiedo scusa perché è pure colpa nostra, della sinistra, se oggi dei giovani musicisti (ragazzi che provano, studiano, faticano) vengono dileggiati e se noi siamo messi in un angolo.

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I ragazzini suonavano ma nessuno li ascoltava»

La lettera di un padre a Renzi: la Buona Scuola dovrebbe iniziare dal rispetto prima delle belle parole, ma lei stesso non ha prestato attenzione. È un autogol

di Emilio Cabasino

 

Matteo Renzi mentre ascolta l’orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia
Matteo Renzi mentre ascolta l’orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia

Egregio signor primo ministro,

oggi (domenica, ndr) mia figlia quattordicenne ha suonato con la JuniOrchestra dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia, a Roma, all’evento del Pd, «La Scuola che cambia, cambia l’Italia». È tornata a casa in lacrime umiliata e mortificata dalla totale assenza di attenzione da parte del pubblico durante la loro esecuzione successiva al suo intervento. Mentre i ragazzi erano impegnati nella difficile esecuzione di musiche di Beethoven e di Tchaikovsky il pubblico in sala era principalmente impegnato a prodigare saluti, non solo parlando a voce alta, ma camminando e urtando i ragazzi, rendendo di fatto impossibile l’esecuzione stessa.

Lei stesso non ha prestato alcuna attenzione alla musica preparata e studiata dai ragazzi espressamente per questa circostanza.

Ma è mai possibile? Un convegno che parla di educazione e di scuola (anche sottolineando l’importanza della musica per la formazione di buoni cittadini) e i cui partecipanti trattano i ragazzi e il loro impegno in questo modo? Credo che la Buona Scuola inizi proprio da qui: dal rispetto dei ragazzi prima di tante belle parole e oggi questo è venuto drammaticamente a mancare. Un drammatico autogol per il Pd e per il mondo della politica!

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