di Fausto Anderlini – 8 ottobre 2017
Stupidità 2.0. Dalla predazione violenta dell’Italicum all’abigeato del Rosatellum
L’esperienza dei fatti suggerisce che se c’è una legge bronzea nei fenomeni politici questa risiede negli effetti perversi o controintuitivi e che le uniche profezie che si avverano sono quelle che si autoannullano. Solo l’eterogenesi dei fini regna sovrana e già Cristoforo Colombo l’aveva capito con quel suo ‘buscar el levante por el poniente’.
Al Pd renziano pensano di allettarsi con un furbo tarzanello, ma si accorgeranno che il piacevole vino annacquato è null’altro che rancido aceto. Vediamo, riassumendo per punti ma prendendola lunga, il perchè.
1. Il Mattarellum fu certo una buona sintesi. Non solo perchè la dose di vino maggioritario era preponderante. Ma perchè era consustanziale, per quanto dotato della necessaria duttilità, alla ristrutturazione bipolare del sistema politico in due schieramenti avversi. Nelle circostanze italiane funzionò come un antidoto alla smobilitazione e favorì la politica coalizionale. Contravvenendo ai dettami del modello di Anthony Downs per il quale il maggioritario porta in auge l’elettore mediano deflazionando l’elettore radicale posto alle ali. Con l’effetto di produrre una convergenza dei massimi partiti (al centro) tramite la loro contrapposizione elettorale secondo uno schema binario. Uno/zero, e tutto il resto inutile.
2. Un altro dei risultati del Mattarellum fu di rafforzare le basi territoriali dei partiti esplicitatesi con il sistema proporzionale adottato alla Costituente. Da questo punto di vista il Mattarellum fu assai più in linea di quanto si riconosca con la geo-politica della prima repubblica. La Lega prese il posto della Dc nelle zone bianche del nord, Forza Italia si radicò nel nord-Ovest e in Sicilia, la destra Post fascista nel sud in genere, mentre l’Ulivo monopolizzò l’Etruria rossa, e conquistò basi territoriali nella Campania, nella Basilicata e in tutte le grandi aree urbane. L’Ulivo e il centro-sinistra aderirono al sistema ancor meglio del centro destra, grazie a classi dirigenti più radicate e capaci di coalizione. Fu cioè più capace di appropriarsi del plusvalore maggioritario. Proprio grazie alla sua più complessa articolazione coalizionale (di partiti, movimenti, realtà associative). Se si guarda ai dati sia politici che amministrativi si vede che lo stesso super-additum personalistico delle candidature monocratiche si afferma grazie alla base coalizionale, non contro di essa. Infatti i candidati monocratici erano scelti con accordi coalizionali e programmatici, non con le primarie.
3. Questa aderenza del sistema elettorale alla realtà sociale del paese e alle costituenti politiche e sociali territoriali fu depotenziata col proditorio colpo elettorale del ‘porcellum’, il cui scopo era proprio di sottrarre al centro-sinistra il plusvalore territoriale di cui era capace. Ma fu la stessa creazione del Pd veltroniano, col suo impianto basato sull’autosufficienza maggioritaria a favorire l’opera di evacuazione. Il Pd azzerò la dialettica coalizionale sostituendola con la ginnastica alla lunga distruttiva delle primarie. Raggiungendo alla fine un doppio, perverso, risultato: la desertficazione del proprio campo coalizionale e la mediocrizzazione della classe politica, addirittura rovesciando in senso repulsivo il fattore ‘personalistico’ (tanto è vero che molti candidati a sindaco prendono meno voti delle loro coalizioni)..
4. L’avvento del M5S, da un lato, e al seguito la mutazione del Pd renziano hanno segnato definitivamente il passaggio di fase. La situazione che si è creata vede un elettorato smobilitato e decomposto su linee multipolari, con la tendenziale uniformizzazione del panorama nazionale e lo scardinamento dei cleavages sociopolitici e geografico-territoriali. Un processo che colpisce più il blocco di centro-sinistra, dove il Pd non ha più sicure basi territoriali nel mentre è deprivato del tradizionale spazio coalizionale, che il centro-destra. Il quale ultimo può ancora confidare sulla roccaforte leghista del Nord-Est e su una pluralità di soggetti politici.
5. A parte l’obbrobrio dell’ennesima legge elettorale varata a ridosso delle elezioni e i limiti di costituzionalità, il Rosatellum 2.0 si basa su un sistema di mere convenienze, dove la reintroduzione di una certa dose di maggioritario è escogitata non per rilanciare un modello coalizionale di programma (come messo mestamente in risalto da Arturo Parisi) ma per rendere inefficaci (acquisendoli a sè) i voti andati alle forze non allineate (M5S e sinistra). Un furto di rappresentanza in vista di una gestione trasformistica del rebus della governabilità. Infatti se con un sistema proporzionale puro ben difficilmente Pd e Fi avrebbero acquisito i numeri per una maggioranza, col Rosatellum 2.0 possono tentare il colpo. Entrambi, Pd e Fi, sperano di fare il pieno nella parte maggioritaria, anche sfruttando lo specchietto delle allodole di un voto utile nel nome di una finta alternanza. Con effetti distorsivi sulla rappresentanza ulteriormente accentuati nella parte proporzionale grazie al dispositivo del riparto dei voti andati al candidato e non alle liste.
6. Per usare un’immagine semplificata ma consona al caso il Pd è passato dal tentativo di praticare una teoria iper-premiale (avere una maggioranza di seggi col minimo dei voti, come era nell’Italicum bocciato dalla Corte) all’appropriazione di seggi per abigeato. Cioè al furto di soppiatto del bestiame (voto) dei vicini. Allora la grandeur di Renzi pensava di imporsi tramite l’appropriazione violenta di una maggioranza attraverso una lotta titanica di uno contro tutti. Ora, facendo di necessità virtù dopo le tante sconfitte, l’operazione è di spigolare di soppiatto e furtivamente, dietro la fiction di una riverniciatura neo-ulivista, una maggioranza neo-centrista di tipo trasformista…..
7. Ma alla lunga la furbizia rivela il suo limite. Il vero partito tafazziano, malgrado le trombette vogliano far credere il contrario, è il Pd medesimo. Infatti è del tutto evidente, per le ragioni suddette, che il nuovo sistema è assai più funzionale per la destra che per lui. Sicchè i voti rubati alla sinistra e ai cinque stelle andranno soprattutto a Berlusconi e compagnia. Contrariamente al Pd Fi non è isolata e può appoggiarsi ad alleati facilmente amalgamabili (per cultura politica) e dotati di basi territoriali (la Lega su tutti). Sul maggioritario sarà Fi a far la parte del leone. E’ una pia illusione che nelle ex zone rosse il Pd faccia il pieno. Il Pd renziano le ha decalcificate e senza il sostegno della sinistra (impossibile nelle attuali circostanze) andrà sotto.
8. Il Pd è anche un partito di stupidi. Col voto disgiunto avrebbe potuto limitare i danni provando a ripristinare il superadditum personale del candidato. Avvalendosi, come avveniva in passato, del beneficio di qualche desistenza. Ma vi si è tenacemente opposto, per conservare il controllo totale della cricca renziana che ha in mano il Pd. Col risultato degno dello stupido di Cipolla (cui tanto rimandano tipi come Fiano e Rosato), di danneggiare la rinascente Sinistra ma soprattutto sè stesso. Un capolavoro che lo costringerà ad andare all’accordo con Fi neanche da posizioni di forza.
9. Nel mutato contesto trasformistico e truffaldino dove l’elettorato è trattato come una sorta di popolo bue da tradurre in carne in scatola l’appello al voto utile potrà valere solo per gli sciocchi. Ma non oltre. L’unico voto utile, per la democrazia italiana, sarà per una autentica e seria formazione di sinistra. Da costruire subito senza il minimo indugio. L’alternativa essendo di andare a fare le civette sopra un comò destinato a sfasciarsi perchè costruito con legno marcio.
P.s. Ancora ieri l’altro a Ravenna Pisapia ha dichiarato che è d’accordo, Rosatellum vigente, di presentare un candidato in ogni collegio, senza rendersi conto che il rosato è stato versato anche per lui. E che sta per berselo di gusto. Non credo che menta perchè in malafede. Credo proprio che non ci arrivi.


