Fonte: facebook
di Alfredo Morganti – 5 dicembre 2014
Saviano oggi, su Repubblica, torna sul caso Roma. E lo fa con una perplessità, che è insieme una considerazione: “non so se sia chiaro a tutti cosa sia accaduto a Roma”. Aggiungendo: “E cosa molto probabilmente sta accadendo altrove in Italia”. Ecco: c’è questa consapevolezza? È chiara la effettiva entità della cosa? Sarebbe già molto che questa coscienza vi fosse, perché proprio da lì dovremmo ripartire. Sono due almeno le evidenze. La prima, è che la politica ha perso. È nella mani della tecnica, della finanza, della comunicazione, ora pure della criminalità. Ed ecco la seconda evidenza: la criminalità, appunto, non minaccia più le istituzioni, non le ricatta, ma se ne impossessa, le soggioga, le compra. Piazza uomini chiave in posti chiave. Toglie sovranità alle assemblea di rappresentanza. Distilla la sua filosofia e la rende filosofia dell’amministrazione pubblica. E cresce una base criminale della politica, anzi della politica ridotta a gestione diretta e discrezionale del denaro pubblico con metodi alquanto spicci. Oggi che l’amministrazione prende sempre più il posto della politica come rappresentanza, il danno appare davvero esponenziale.
Perché è accaduto questo? Da una parte la criminalità fa il suo mestiere, nasce per questo. Ma dall’altra ci sono precise responsabilità di chi non è criminale. Come scrive Saviano: “accade che in politica ci si venda, si ipotechi la propria anima per pochi spiccioli […] Accade che la politica non abbia autorevolezza e idee proprie, accade che la politica venga percepita come occasione di guadagno, un mestiere che arriva senza dover studiare, senza curriculum ed esperienza”. Ecco il punto. Senza dover studiare, senza curriculum e senza esperienza. È storia d’oggi, purtroppo. Aggiungo di mio, che oggi la politica (o quel che ne resta) cresce nel deserto dei partiti, nel vuoto delle organizzazioni di massa, delle comunità che per anni hanno tenuto alto il tasso di partecipazione nel nostro Paese. Che per anni hanno fatto formazione, hanno fatto studiare le nuove classi dirigenti, hanno creato esperienze e percorsi, hanno mantenuto un raccordo tra istituzioni e società. E poco importa ora che in quei partiti ci fosse anche il male (corruzione, disonestà, interesse privato), perché in quegli stessi partiti c’era anche l’antidoto contro il male: partecipazione, passione popolare, orizzontalità delle decisioni, assemblee, discussioni, volontariato, idee, pensieri, disinteresse, territorio, quartieri, scuole, luoghi di lavoro. Oggi tutto questo non c’è più, nemmeno laddove ce n’era in abbondanza, come in Emilia Romagna. Leggete assieme l’astensione di massa, la crisi delle amministrazioni locali e quella dei partiti, e sarà come fare 1 + 1 = 2.
Che fare? Vado per punti. Rifondare la politica in Italia è la base di tutto. Restituirle autonomia rispetto agli altri poteri. Ricostruire i partiti di massa. Riposizionarli su basi di partecipazione. Cancellare le primarie all’italiana. Semmai riaprire i circoli e ridare una base di massa effettiva alle botte di comunicazione estemporanee della leadership. Ripristinare un rapporto di fiducia coi cittadini. Rinnovare e rafforzare le istituzioni rappresentative: altro che verticalizzare sempre il potere, giocando tutto sul potenziamento dell’ambito decisionale, sull’ultramaggioritario, sui mandati diretti e le deleghe. Se si continua a colpire la rappresentanza, non ci si deve poi lamentare se le istituzioni non rappresentino più nessuno, e si apra un baratro coi cittadini: è nella logica delle cose! E poi, come suggerisce Saviano, far studiare i giovani che vanno a fare i consiglieri, gli assessori, i parlamentari, i ministri. Ma anche quelli che vanno a fare volantinaggio (sempre di meno rispetto ai neoministri, debbo dire). Perché studiare non è solo acquisire nozioni e competenze tecniche, ma è soprattutto interagire con un humus e una tradizione, sentirsi parte di un costume, di un ethos, di una cultura dell’onestà e della dedizione al bene pubblico. Oggi molti di costoro sono ignoranti (nel senso largo che ho detto) e, perciò, inadeguati pur se provvisti di un master all’estero. E poi si deve stare accanto ai dirigenti e agli amministratori che oggi sono soli, senza un partito vero a fianco, e subiscono le pressioni dei poteri esterni, a partire da quelli criminali. Infine, dobbiamo ripensare la tradizione e prendersene cura nel profondo pur rinnovandola: non bastano, anzi sono controproducenti i Pantheon delle figurine Panini che ogni tanto qualcuno espone quale carta di credito personale. I Pantheon vanne bene per i narratori, i comunicatori e i cantanti come Jovanotti, appunto. Per chi fa politica non c’è altro spazio stretto che la cultura e lo studio. E se non vi sta bene andate a cantare o a scrivere narrazioni da qualche altra parte. Questo è quanto.


