Il ‘centrosinistra’ e la sinistra riformista, larga e plurale del futuro

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 6 giugno 2017

Lo ripeto: a me la parola ‘centrosinistra’ piace sempre meno, credo che abbia perso di ‘appeal’ e, forse, nel nuovo regime ‘proporzionalista’, significhi pure sempre meno. A me piace, piuttosto, l’idea di una sinistra riformista, plurale, di governo, aperta, e credo che questo debba essere il futuro, appunto. Detto ciò, va anche detto che la politica deve fare i conti con la realtà, con il quadro in cui opera, e che la ‘tattica’ conti, e non si tratti solo esibire principi e punti di vista strategici anche personali, ma di rimestare nel ‘torbido’ della fase in corso. Diamo allora un’occhiata al panorama politico attuale. Siamo in una fase che, per quanto proporzionalista in nuce, vive ancora le calde memorie della passata Seconda Repubblica e del suo clima ‘maggioritario’ e ‘polarizzante’. Renzi sta tentando di appropriarsi in termini monopolistici di questo termine (centrosinistra) e, ovviamente, lo fa a modo suo (‘il PD è il centrosinistra’, ha detto). Nei confronti di Pisapia ha già lanciato, a questo riguardo, una stilettata, bollandolo tout court come ‘sinistra radicale’. Il segretario del PD mica è scemo, sa che le parole valgono molto e hanno una loro suggestione, e magari solleticano la memoria e stuzzicano settori dell’elettorato, pur se le condizioni politiche appaiono oramai profondamente mutate.

Immaginate allora come Renzi abbia preso le dichiarazioni di Prodi, Letta, Bindi, Veltroni e del primo in particolare, pronto a spostare la sua tenda canadese altrove, come ha detto esplicitamente. Prodi è il ‘simbolo’ di quella stagione ulivista e di centrosinistra, e il suo trasloco vorrebbe dire la perdita del ‘consenso’ di chi a quella stagione guarda con interesse reale o con semplice nostalgia. Non è un caso che Pisapia (uno dei destinatari in positivo del messaggio prodiano) e Bersani, che a me non pare affatto fuori forma, anzi, utilizzino ancora il ‘magnetismo’ di quel termine (centrosinistra) e propongano a Prodi una ‘casa’ nuova, dinanzi alla sempre più evidente deriva neocentrista piddina. Se l’operazione di ‘centrosinistra’ messa in campo da Pisapia riuscisse ad accogliere la diaspora dal PD degli ulivisti e dei cattolici democratici, e se questa diaspora si saldasse con la sinistra che è già fuoriuscita dal partito, e con i tantissimi elettori provenienti da quel filone politico, assisteremmo a una specie di crack, ossia al superamento dello sbarramento elettorale da parte delle forze di sinistra non renziane.

Questo evento sarebbe per Renzi una iattura completa. Se leggete certe dichiarazioni di Rosato, che apre a tutti e tutto (persino a D’Alema) pur di scongiurare ogni possibile fuga di esponenti e voti ulivisti, e pur di evitare ogni possibile ‘saldatura’ tra ulivisti, scissionisti e sinistra, credo che avrete un quadro esatto della fifa nera che il PD nutre verso eventuali ‘smottamenti’ politico-elettorali nel proprio seno. Per uno come Renzi che si sta giocando tutto il cucuzzaro in questa sua voglia di rivalsa (rispetto ai referendum) e di vendetta (verso gli scissionisti), nella fretta di tornare a comandare, la possibilità stessa che anche un solo voto gli sfugga credo lo mandi al manicomio. E allora. Il termine ‘centrosinistra’, gli echi ulivisti, la nostalgia prodiana non sono sufficienti verso il futuro, ma lo potrebbero essere senz’altro al presente, in una fase in cui il renzismo sta tentando la sua soluzione finale. Assicurarsi una rappresentanza parlamentare, dove si tengano assieme il passato ulivista e il futuro di una sinistra riformista all’altezza del nuovo panorama proporzionalista, in opposizione alla deriva neocentrista del PD, è il primo passo per sbarrare la strada alla banda dei quattro (Renzi, Grillo, Berlusconi, Salvini) che ha fatto l’accordo per ‘prendersi’ il Parlamento. Poi, dopo, sarà necessario avviare un ragionamento più ampio, finalizzato alla ricerca di soluzioni e programmi più avanzati. E puntare a una sinistra riformista che guardi verso il futuro più che accartocciarsi verso il passato. Ma, per ora, per i tempi accelerati che portano in fretta e furia a elezioni anticipate, questa resta un’altra storia.

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due commenti e replica di Alfredo Morganti

 

Mal Volio Perdonami Alfredo, ma mi pare che questa tua descrizione non abbia piena corrispondenza con quello che sta accadendo in MDP e dintorni. Bersani e D’Alema sono divisi su Pisapia, il quale dal canto suo non sembra voler costruire un’alternativa a Renzi. Al contrario ha cercato per settimane un accordo con il PD, senza riuscirci. Dunque la situazione è in realtà molto più lacerata di quello che sembra.

Alfredo Morganti Al di là dei conflitti che traversano Art. 1 MDP (e mi sembrerebbe strano il contrario), io dico un’altra cosa. L’ulivismo in questa fase elettorale proporzionalista (con sbarramento!) è un elemento forse non più centrale, ma di peso. La parola centrosinistra raccoglie ancora echi e pesa a sua volta. Non conta la mia opinione, né forse lo stato delle forze extra PD, adesso. Conta la necessità che l’obiettivo di Renzi non sia raggiunto, ossia: la riduzione del Parlamento a quattro forze politiche, due delle quali pronte a fare man bassa; la cancellazione dallo stesso Parlamento della sinistra italiana, e la marginalizzazione, dunque, di risorse, intelligenze, movimenti, progetti, riformismi e radicalismi che dir si voglia. Le elezioni sono talmente domani che il lusso di fare progetti è rinviato a ottobre. Primum vivere, non si scappa. Si tratta di raccogliere energie e umanità, senza disdegnare le memorie uliviste, di centrosinistra, i frutti di una stagione che oggi è fuori contesto, ma che ha rilasciato echi e tracce. Il fatto che D’Alema e Bersani siano divisi su Pisapia, è come dire che stiamo marciando con gli stivali affondati nel fango. Lo stesso D’Alema però parla ancora di centrosinistra,come negarlo? Qual è l’alternativa? Consentire a Renzi che si realizzi il suo disegno? Tutti col PD? Prodi, Letta, Bindi, Pisapia, e noi a riservarci uno spazio ristretto, magari coerente, ma fuori dal Parlamento? Lo dico per chiarezza: per me la politica è un sistema dei partiti e una democrazia parlamentare, e se sei fuori dalle Camere purtroppo non sei nessuno. E questo è il rischio, questo è ciò che ha in mente Renzi. Asfaltarci in via definitiva. Poi certo, i miei sono solo giudizi personali, sbagliati quanto si vuole. Ma temo davvero che le cose stiano proprio così 🙂

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Fausto Anderlini Condivido alfredo, ma è solo un lato della questione, non il tutto. Se si vuole fare massa critica bisogna considerare non solo l’elettorato nostalgico del centro-sinistra, ma anche quello disamorato, inviperito, grillizzato, esasperato che alla sola idea di rientrare nel tritacarne centro-sinistro col Pd non ne vuol sapere mezza. Ne consegue che l’attenzione verso i moderati prodiani, lettiani, pisapii ecc. ecc. npon può spostare l’asse della colizione a sinistra del Pd in acque vacue, moderate e indeterminate. Articolo uno deve essere il centro della mediazione, non il portatore d’acqua. Non possiamo corerre il rischio di rifare la stori del ’96 in sedicesimo, col Pisapia al posto di Prodi. Oltre che irrispettoso verso quella storia sarebbe anche ridicolo. E respingerebbe assai più elettori di quanti ne attira (almeno in via d’ipotesi)…

Alfredo Morganti Fausto sono d’accordissimo. Lungi da me ogni forma di moderatismo. Stavo ragionando in termini tattici, quasi cinici. Uno smottamento di Renzi in quel delicatissimo settore (che è l’ulivismo) sarebbe di grande giovamento per superare lo sbarramento e per consentire una rappresentanza in Parlamento. Ma nulla tolgo, ovvio, alla necessità (dicevo anche a Mal Volio) di parlare direttamente a un Paese in ginocchio, e di riconfigurare una visione di sinistra, che non funzioni, come dici tu, solo da portatrice d’acqua di figure nobili, rispettabili ma moderate e di poco appeal verso tanti elettori che su questa strada, oramai, non sono più disposti a seguirci. Anche se l’accelerazione che ha impresso Renzi ci sta togliendo terreno sotto i piedi, e ci sta limitando nelle scelte e nelle possibilità.

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