Autore originale del testo: Corradino Mineo
Chi ha paura del rosso? diceva uno slogan del Maggio francese. Oggi risponderei: Vincenzo De Luca, rieletto presidente in Campania con 7 voti su 10. Aveva minacciato di chiudere tutto: non lo ha fatto. Voleva usare il lanciafiamme: l’ha usato contro una bambina di 5 anni, “geneticamente modificata, nutrita col plutonio”, che chiedeva di andare a scuola come oggi fanno tanti studenti da Torino a Napoli. Definiva il Carderelli “eccellenza europea”, ma non gli forniva medici e mezzi. Ora che, alla fine, Speranza ha trasformato la Campania in zona rossa, De Luca chiama Di Maio sciacallo, castiga l’intesa tra il suo partito, il Pd, e gli “incompetenti” 5stelle, chiede una “solidarietà nazionale”.
Mi fa pensare a Trump, questo De Luca. La loro autostima cresceva con il successo on-line, con il disprezzo per i concorrenti, con il mantra America First o prima la Campania, con il corpo a corpo, a parole, ingaggiato col virus. Quando il gioco si è rotto, sia il grande che il piccolo trublione (citazione di Rabelais) hanno dato di matto. Trump, asserragliandosi in una Casa Bianca che deve lasciare o raccontando di aver messo messo a posto, lui, il virus, con il vaccino, che non vuole però dare allo Stato di New York, colpevole di avergli disubbidito. De Luca, orientando la rabbia degli invisibili contro i nemici: Di Maio, De Magistris, Saviano.
40mila nuovi contagi, 550 decessi, ma l’indice RT, cioè il numero delle persone che un malato infetta, comincia a calare. Segno che i sacrifici delle libertà, i divieti della circolazione e degli assembramenti, a qualcosa sorse servono. E se fra un paio di settimane prenderà a diminuire anche la corsa ai pronto soccorso e la pressione sulle terapie intensive, potremo avere il Natale. Con tante precauzioni e molte severe rinunce, ma lo avremo. Ripeto, se!
306 grandi elettori, quanti ne ebbe Trump nel 2016, cinque stati strappati, Wisconsin, Michigan, Pennsylvania, Arizona e Georgia, 5milioni e 300mila voti in più. Biden è il 46 esimo presidente degli Stati Uniti. Dopo il Papa, si congratula con lui la Repubblica Popolare Cinese. Joe chiama anche Conte e si promettono di lavorare insieme contro virus e riscaldamento globale. Però Donald ha rubato la palla e pare deciso a nasconderla fino al 20 gennaio. Ha dovuto -è vero- rinunciare al ricorso in Arizona e al tentativo di invalidare il voto in Pennsylvania, ma ha messo il bulldozer Giuliani a capo di tutte le cause. L’anatra zoppa azzoppa l’America.
E poi? Poi hanno ragione i volontari, i migranti muoiono in mare come al tempo di Salvini. Boris Johnson usa il complotto delle donne -tra loro la sua compagna- per fare una mezza marcia indietro sul Brexit No-Deal. Antonio Bassolino è stato assolto per la diciannovesima volta: i tempi lunghi della giustizia condizionano il confronto politico. Papa Francesco è molto popolare, la sua chiesa assai meno, lo spiega Diamanti. Il Covid non è una passeggiata e spiana la strada a molte altre malattie: per Bonaccini una polmonite bilaterare, per Nilla Zilli, cantante, un’otite che la testa le scoppiava. I lavoratori della pulizia restano senza contratto, i giovani stagisti sempre non pagati. Chi condonerà i nostri debiti? Si vedrà.


