Cittadini senza scettro. Le riforme sbagliate

per Gabriella
Autore originale del testo: Gianfranco Pasquino
Fonte: Egea
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Cittadini senza scettro. Le riforme sbagliate - Pasquino Gianfranco - wuz.it

CITTADINI SENZA SCETTRO – di GIANFRANCO PASQUINO – ed. UNIVERSITA’ BOCCONI

 da www.egeaonline.it

Riformare le Costituzioni e le istituzioni, nei sistemi politici democratici, è un compito tanto delicato quanto nobile. Per adempierlo è indispensabile possedere conoscenze, non soltanto giuridiche, ma soprattutto politologiche, approfondite e comparate. Questo saggio offre ai lettori gli elementi necessari per capire quali riforme sono in discussione in Italia, quali riforme sono già state effettuate, spesso male, quali criteri debbono essere utilizzati per valutarle. I giudizi sono argomentati e severi. Riforme che non consentono ai cittadini di eleggere i candidati che preferiscono e, più in generale, che non restituiscono loro lo scettro della sovranità, sono riforme brutte, sbagliate, controproducenti. Criticarle e proporre alternative, proprio quello che fa questo libro, è un dovere, non soltanto “scientifico”, ma civico.

L’introduzione al libro di Gianfranco Pasquino

Qualche mese dopo la conclusione dei lavori della Commissione Bicamerale per le Riforme Istituzionali, detta Commissione Bozzi dal nome del suo presidente, il deputato di lungo corso del Partito Liberale Italiano Aldo Bozzi, l’editore Giuseppe Laterza mi propose di scrivere un libro sulla mia esperienza, su quanto era successo in Commissione, sullo stato delle riforme istituzionali.
Avendo lavorato regolarmente, con una seduta tutte le settimane, dalla fine del novembre 1983 al 1° febbraio 1985, la Commissione aveva prodotto molto materiale utile, interessante, di buona qualità. Sulle prime risposi negativamente alla proposta dell’editore. Con Eliseo Milani, anche lui senatore della Sinistra Indipendente e grazie al formidabile aiuto del giovane consulente giuridico Pietro Barrera, avevamo appena terminato la stesura della Relazione di Minoranza (tuttora disponibile negli uffici del Senato), che conteneva la nostra visione complessiva della tematica, le nostre critiche alla Relazione di Maggioranza, le nostre proposte. In seguito, inaspettatamente, si aprì una finestra di opportunità.
A partire dalla seconda metà di luglio ebbi tutto un mese da dedicare all’argomento. Mi trovavo a Harvard, ospite dell’ufficio che il collega Robert D. Putnam mi aveva gentilmente lasciato per l’estate e in grado di usufruire dell’imponente biblioteca dell’Università. Scrivendo in piena tranquillità (non c’erano ancora i telefonini) tutti i pomeriggi, poiché la mattina insegnavo alla Harvard Summer School, tranne una pausa piscina, e due o tre ore dopo cena, completai un dattiloscritto.
L’editore lo prese al volo e fu in grado di pubblicarlo splendidamente (nessun pasticcio e nessun refuso) in circa tre mesi. Ci accordammo subito sul titolo che prendeva spunto da un importante volume sulla Costituzione scritto da Lelio Basso, Il Principe senza scettro. Democrazia e sovranità popolare nella Costituzione e nella realtà italiana. A quel principe, ovviamente il popolo, sovrano secondo il primo articolo della Costituzione, chiaramente non il capo del governo (come qualcuno fraintese allora e altri, peggio, continuano a sbagliare oggi), era possibile restituire lo scettro attraverso ben congegnate riforme istituzionali. La partitocrazia, di governo e di opposizione, lo aveva espropriato. Da questa riflessione e da questo impegno deriva quel titolo che, almeno nel linguaggio quotidiano, certamente non nella pratica, ha avuto un certo successo.
Il debutto del libro avvenne nella mia città, Torino, il 15 dicembre 1985, con due presentatori d’eccezione: il relatore della mia tesi di laurea Norberto Bobbio e l’onorevole Pietro Ingrao, presidente del Centro per la Riforma dello Stato. Seguirono molte altre presentazioni (ma pochissime recensioni), fra le quali ricordo con piacere quella, nel giugno 1986, all’Istituto Gramsci di Grosseto con Achille Occhetto, allora coordinatore della segreteria del Partito Comunista Italiano, che era diviso fra una burbera maggioranza di sedicenti nobili conservatori costituzionali e una minoranza di innovatori.
Ancora oggi, ascoltando i cantori della «Costituzione più bella del mondo», è difficile dire chi ha vinto. Quello che è certo è che Occhetto condusse il partito sulla strada dei referendum e delle riforme elettorali. In seguito, con enorme fatica si fece anche altro, non sempre di buona qualità, come documento in appendice, in particolare la pessima legge elettorale formulata e approvata dal centro-destra nel novembre-dicembre 2005. L’eterogenesi dei fini ha voluto che proprio gli inconvenienti prodotti da quella legge elettorale, da ultimo, nelle elezioni del febbraio 2013, seguiti da una sentenza della Corte Costituzionale che, praticamente, ne distrugge gli assi portanti, abbiano rimesso in moto il discorso sulle riforme necessarie e possibili.
La Costituzione è certamente una splendida sessantenne, come dichiarò in quell’anniversario il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Sicuramente, qui la mia valutazione si distacca da quella del presidente. Non basteranno pochi ritocchi a quelle che sono più che semplici rughe per consentirle di svolgere gli essenziali compiti, finora adempiuti con altalenante successo, di restituire effettivo potere al popolo sovrano, di incanalare il conflitto politico, di oliare i freni e di bilanciare i contrappesi istituzionali, di garantire la  libera competizione fra tutti i soggetti politici. Infatti, alcuni articoli della Costituzione, nient’affatto soltanto nella seconda parte (Ordinamento della Repubblica) ma anche nella prima (Diritti e doveri dei cittadini), sono invecchiati e meritano di essere, se non eliminati, significativamente riscritti (anche, se qualcuno ci riuscirà, «al femminile»). La partitocrazia, alimentata da partiti molto più deboli, non ha mollato la presa.
Dunque, a trent’anni di distanza dal mio libro, si pone ancora il problema di come riuscire a «restituire lo scettro al principe». Le pagine che seguono mirano proprio a reimpostare il problema, a criticare i terribili semplificatori e gli ostinati conservatori e a formulare le migliori soluzioni possibili. Esistono.

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1 commento

cambio1715040 21 Ottobre 2017 - 8:48

Ai Cittadini lo scettro capita in mano ogni 5 anni per un paio di giorni, con l’obbligo di consegnarlo ad un nuono Parlamento, ma senza leaders “naturali” capaci di andare oltre i bei
discorsi, gli editoriali puntuali, le conferenze affollate, i seminari
di approfondimento, i libri con dentro tutto il da farsi, non sa che farsene e si astiene in % crescenti.

Leaders “naturali” che disertano il loro compito,
che sfuggono alle loro responsabilità e lasciano un popolo ad
arrovellarsi nella consapevolezza della disgrazia e della propria
orfanità!

Cittadini orfani di leaders “naturali” e
costretti ad essere condotti da capetti improbabili, solo ambiziosi e
presuntuosi patologici, che con l’aggressività caratteriale tentano di
supplire a tutto quel tutto che manca loro per essere guide sagge
capaci di trarre dalla palude un grande paese ed il suo popolo.

Cosa
deve fare di più una Cittadinanza che dichiarare ad ogni indagine demoscopica
di non aver più fiducia nell’offerta politica oltre il 90%, oltre
astenersi dal voto in % crescenti quasi maggioritarie, oltre ad offrire
alla discontinuità, alla cesura di un “VAFFA” urlato e reiterato 8,5
milioni di voti, cosa deve fare se leaders credibili e affidabili non
scendono dal loro piano attico a raccogliere il voto e lo scettro dai Cittadini, limitandosi a predicare?

Un Popolo senza leaders “naturali”,
senza guide sagge, può fare solo casino: basta prediche dal pulpito,
scendete a prendere lo scettro che tocca a voi, “leaders naturali”
tenere in pugno!

Paolo Barbieri

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