Il confronto tra il “bomba” e il professore

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini, Maria Pia De Noia, Alfredo Morganti, Gian Franco Ferraris, Andrea Colli, Cinzia Zini, Pina Manzolillo, Rina Nardi,Roberta Mirra, Giulio Cavalli,
Fonte: facebook

Il confronto di ieri sera in tv su La7 tra Renzi e Zagrebelski ha suscitato le reazioni e le interpretazioni più varie; qui cerco di dare un piccolo sunto delle opinioni apparse su fb. Molti contestano la conduzione di Mentana, personalmente condivido il pensiero di Roberta Mirra:

Intanto complimenti. Impresa non semplice gestire tali diversità. Zagrebelski si è mostrato estremamente paziente, privo di qualunque tono sgradevole o saccente. Trovo sia stato molto compiuto nel suo ruolo, sincero nel volere spiegare con garbo una materia che conosce, anche se la materia può risultare ostica e noiosa. L’altro ha usato i soliti argomenti elementari e allusioni a scenari improbabili. Ottimo lavoro.

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per correttezza verso chi legge, devo dire che io sono di parte e la penso come Pina Manzolillo:

Assistere, ieri sera, alla pretesa di mortificare e ridicolizzare il garbo e la cultura, da parte di un altissimo rappresentante delle Istituzioni, è stato allucinante. Altro che rozzo populismo dei grillini, qui siamo in presenza di un barbaro che mostra disprezzo per i più alti valori della democrazia e della civiltà e lo fa dall’alto di uno scranno che imporrebbe di difenderli. E` vero, neanche Berlusconi arriverebbe a tanto. Ma l’orda di incivili plaudenti rappresenta il vero pericolo, il terreno becero sul quale prolifera questa nuova sottocultura. Oggi, come mai in precedenza, è necessaria una resistenza culturale, se non vogliamo finire tutti come bruti ominidi complici di un pauroso arretramento dei costumi. Il NO è solo l’inizio.

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Nel fronte del NO, ci sono giudizi tranchant su Renzi, che condivido, come quello di Rina Nardi:

Chi ha bisogno di fare il gradasso rivela solo la sua inadeguatezza. Che più passa il tempo, più appare evidente.

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Poi ci sono quelli che ritengono che Renzi abbia vinto il confronto, come Cinzia Zini:

Non c’è bisogno di dire che sui contenuti non c’è stata gara. Ma in tv, oggi, prevale lo spot, l’alzata di voce, lo sgambetto mediatico… insomma, la “prevalenza del cialtrone”.

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 un concetto simile lo ha esposto Alfredo Morganti:

 ….. Per dirla tutta, se fosse dipeso da me il confronto Renzi-Zagrebelsky io non lo avrei mai fatto nemmeno se fossi stato sicuro che il Prof avesse potuto battere SUL SUO TERRENO Renzi. Lo abbiamo visto per Giachetti vs D’Alema: sul piano dei contenuti ha vinto D’Alema, dal punto di vista televisivo ha prevalso Giachetti. Ma questo la dice tutta. La battaglia comunicativa va fatta, ma cambiando le regole. Non l’uno contro uno, con un interesse dell’arbitro rivolto soprattutto a far prevalere l’aspetto spettacolare, quello dello specifico televisivo. Ma tre-contro-tre, almeno, con altri tre giornalisti che fanno le domande, e la possibilità di rispondere senza nessuno che ti sovrasti. Noioso? Meglio. La noia batte la verve della comunicazione-politica e spiega meglio, a chi vuol capire, come stanno le cose. Spiace dirlo, ma a queste condizioni il ‘Sì’ e il renzismo sono favoriti.

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questi sono i commenti argomentati, poi ci sono tanti interventi del fronte del NO, fortemente critici verso Zagrebelsky, a cui risponde bene  Maria Pia De Noia:

Smettela di dire che Renzi non vi piace se poi nei confronti diretti, come avversario, vi aspettate uno come lui.

In fondo è il motivo per cui lui è lì: perché tanti nel criticare Berlusconi in realtà, nel loro inconscio, cercavano uno uguale a lui ma col cappello di sinistra. E lo hanno trovato.

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c’è poi Giulio Cavalli:

Ancora un volta colgo una reazione bifronte dopo un confronto con Matteo Renzi: c’è che si dice deluso per come l’oppositore sia stato “schiacciato” dal punto di vista televisivo e, insieme, chi invece rivendica orgoglioso proprio questa disabitudine ai modi della comunicazione più contemporanea: in pratica quando qualcuno si permette di dire che Zagrebelsky forse non sia proprio la persona giusta da contrapporre al premier in una trasmissione come quella di Mentana (e praticamente tutta la nostra televisione) viene assalito da chi invece ci vorrebbe convincere che essere poco avvezzi alla televisione sia un vanto. “Preferisco un professore poco comprensibile a un venditore di pentole.” Beh, scusate, io no. Io no.

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infine, ci sono i commenti di chi non ha visto il dibattito, come Fausto Anderlini, che paradossalmente è quello che condivido di più:

Non ho visto il duello in diretta, ma da quel che ho sbirciato nei frammenti sui social la recita non è stata diversa da quella dove era impegnato Smuraglia. Da una parte il demagogo che parla sopra le righe e vellica l’uditorio con la sloganistica, dall’altra il pacato ragionatore che tiene il registro dell’analisi critica e concede al massimo qualche tocco di ironia. Ammesso che questi confronti spostino flussi rilevanti di opinione, difficile dire chi abbia vinto/perso. Come se in campo fossero due squadre che praticano sport diversi. Tuttavia lo stesso fatto di un capo politico con un imponente apparato a suo servizio che cerca faziosamente di azzannare con l’armamentario polemico un pacato e solitario professore di diritto costituzionale ne rende palese la debolezza. Infatti dove sono i ‘leoni’, come all’assemblea della Coldiretti, piovono fischi. Per me più Renzi alza la voce, più fa il bullo e lo strafottente, più il No avanza. Il difetto peraltro sta nell’origine: l’aver impostato le cose in modo protervo, come una prova di forza e insieme di bassa manovra politica, anzichè di dialogo, persuasione ed egemonia. Un difetto, al punto in cui sono le cose, a maggior ragione dopo il tardivo ravvedimento di Napolitano, impossibile da correggere. E’ sempre più evidente come la cd. ‘riforma’ sia ad usum personae, cioè finalizzata a rafforzare il potere personale di un capo e del suo seguito. L’oligarchia, appunto..

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Penso che Anderlini abbia ragione, basta volgere lo sguardo nel fronte del SI, si vede un fronte in estrema difficoltà a dover difendere le posizioni di Renzi; una parte dei seguaci di Renzi passano agli insulti gratuiti a Zagrebelsky, altri tacciono, stupiti dalla debolezza delle argomentazioni renziane  e dalle sue ultime uscite, come il ponte di Messina, francamente insostenibile.

Scusate se ho chiamato Renzi “il bomba”, ma non ho potuto trattenermi, dopo averlo sentito ripetere più volte che lui ha studiato sui libri di Zagrebelsky, libri peraltro piuttosto astrusi, mentre non ha letto neanche le copertine.

Concludo con una riflessione. Il messaggio del SI è semplice e diretto: i politici del passato non hanno concluso nulla, Renzi finalmente propone una riforma che taglia il numero dei politici e i costi della politica. Il partito della nazione abiura la Politica. Il fronte del NO è variegato, va da chi vuole il presidenzialismo a chi definisce la nostra Costituzione la più bella del mondo e quindi non va cambiata, di conseguenza le argomentazioni sono a volte contraddittorie. Zagrebelsky ha avuto la capacità di dimostrare che la riforma di Renzi è conservativa degli attuali privilegi della classe politica(1). 

Io penso che i tempi siano maturi per un cambio di rotta, per costruire un’ampia coalizione che proponga una legge elettorale rispettosa degli elettori e una profonda riforma dello Stato, la vera piaga del nostro paese.

 01 ottobre 2016

Gian Franco Ferraris

Ps 2 ottobre 2016 –  I  Poteri del premier
Anche oggi si discute sul duello Renzi/Zag e Scalfari ha scritto che ‘ha vinto’ Renzi. Io ho guardato il confronto da tifoso di Zag, nei giorni successivi ho riflettuto a lungo e nella mente ripetutamente mi appare lo scontro sui poteri del primo ministro. Renzi sostiene che nella riforma i poteri del Premier non mutano. Zag distingue la forma dalla sostanza. Astruso? Forse.
Ma prendiamo ad esempio l’elezione del Presidente della Repubblica, cambiando il rapporto numerico tra deputati e senatori a vantaggio dei primi (630 a 100), il peso della Camera aumenta e se quest’ultima viene eletta con l’italicum (come con il porcellum) 340 parlamentari sono seguaci del premier. Mancherebbero un centinaio di voti e qui entra in gioco il macchinoso e antidemocratico sistema di nomina dei senatori. Ma non basta, occorre tenere seriamente in conto la vera patologia della politica italiana dall’unità ad oggi: il trasformismo ovvero il cambio di casacca e di schieramento da parte dei deputati. Fenomeno abominevole che al tempo di Renzi ha ripreso grande vigore, perché il cambio di partito avviene ovviamente dove conviene, verso il più forte.
Renzi a ben vedere governa da tre anni grazie proprio al trasformismo di Alfano (?), Verdini e seguaci, dei fuorusciti 5 stelle e di Sel. Anzi, per la prima volta abbiamo visto anche il trasformismo nel Pd, tra i deputati ‘fedeli’ di Bersani che era stato eletto con le primarie segretario di partito e candidato premier, passati alla corte di Renzi subentrato in corsa, sempre tramite primarie. Ricordo che il programma elettorale del Pd era completamente diverso dalle riforme e realizzazioni del governo Renzi.
Ora, basta riflettere un poco per comprendere che se passa la riforma ci sono buone probabilità che il premier scelga, oltre gran parte dei deputati, pure il Presidente della Repubblica. Amen (gianfranco f)

 (1) Andrea Colli Il nocciolo della questione centrato dal prof. Zagrebelsky ieri sera da Mentana, e che Matteo Renzi si rifiuta di capire perché fa crollare l’impianto della sua riforma costituzionale, è concentrato in questa frase che il costituzionalista ha declinato: “Il significato di queste riforme è conservativo, servono a blindare un sistema sempre più oligarchico. I fautori del No pensano che le vere riforme si fanno sul corpo, ovvero sulla classe politica, perché riformi se stessa. Con l’Italicum, la riforma raggiunge un risultato di premierato assoluto, più forte del presidenzialismo”.

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2 commenti

Bartaletti Silvano 2 Ottobre 2016 - 1:19

Ieri sera su La7 da Mentana ho visto la Cultura della
Civiltà confrontarsi con quella della Barbarie. Sono facilmente riconoscibili
perché l’una parte dalla sostanza per adeguarci la forma e l’altra parte dalla
forma per corrompere la sostanza. La prima si sforza di chiarire i rischi
insiti dietro l’apparenza, la seconda strumentalizza le parole usate a fini
propagandistici e imposta il confronto (allievo-professore) si da impedire o
perlomeno condizionare le possibili domande dell’interlocutore, forte del fatto
che la maggior parte degli ascoltatori non conosce i presupposti di Democrazia e
Libertà, scambiandole semplicisticamente per una questione puramente numerica
(maggioranze e minoranze a prescindere). Così come non riconosce per
“governabilità” la capacità di armonizzare interessi di maggioranza e minoranza
guardando al futuro, ma solo una necessità di imporre “soluzioni” contingenti
attraverso il “controllo” dei numeri. Per cui la nuova Riforma Costituzionale
si risolve nell’obbiettivo ‘sostanziale’ di ‘predisporre’ il necessario al fine
di avere i Numeri in Parlamento per una pseudo Democrazia e una reale
Oligarchia.

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Gabriella Cosentino 2 Ottobre 2016 - 18:31

In linea con l’opinione di Silvano Bartoletti, aggiungo che in un’ottica – mi rendo conto – utopistica abolirei dal vocabolario politico mondiale le espressioni come “vincere le elezioni” e simili, che secondo me concorrono concettualmente a creare molte storture. Una “vittoria” presuppone un traguardo finale, un punto d’arrivo, mentre invece chi viene eletto deve cominciare, “partire”. Il concetto di vittoria come esito di una “battaglia”, quindi come prevalenza violenta di una parte sull’altra, fa sì che la politica si riduca a uno scontro costante e inesauribile fra vincitori e vinti, come ha detto Zagrebelski; che le “punte” del percorso politico siano le elezioni e che la reale attività politica sia spesso soltanto la preparazione del prossimo confronto, ossia un “intervallo” fra una competizione elettorale e l’altra: attività modulata e rielaborata continuamente con l’occhio fisso al calcolo dei consensi e ai sondaggi, e quindi in base ad esigenze ed orientamenti mutevoli e precari e che nulla hanno a che fare con l’elevatezza della missione cui si è chiamati a conformarsi.

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