Fonte: Il Corriere della sera
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di Gianfranco Pasquino – 5 gennaio 2017
Non è bizzarra l’aspettativa che i partiti esistenti tentino strenuamente di difendere se stessi di fronte a qualsiasi riforma elettorale e, se possibile, mirino ad avvantaggiarsene. E’ sbagliato, però, molto sbagliato, pensare che buone leggi elettorali, una volta congegnate, siano del tutto dominabili dai partiti e non abbiano effetti significativi su ciascuno di loro, sul sistema dei partiti, sulle modalità di competizione. Quando, poi, dalla teoria si scende alla pratica, allora i ragionamenti dovrebbero fare riferimento alle realtà conosciute e certificate. Ad esempio, il Mattarellum non fu elaborato per difendere e neppure per configurare il bipolarismo. Sicuramente, i referendari e i molti milioni di elettori che nel fatidico 18 aprile 1993 approvarono il quesito erano interessati al bipolarismo poiché desideravano fortemente costruire le condizioni elettorali dell’alternanza. Altrettanto sicuramente, però, non fu un fantomatico e inesistente bipolarismo, tantomeno parlamentare, a dare vita al Mattarellum.
Difficile dire esattamente quanti poli esistessero nel Parlamento eletto nel 1998, forse almeno quattro: Movimento Sociale, Lega Nord, Democristiani, Partito democratico della Sinistra (più Verdi e Rifondazione Comunista, forse la seconda anch’essa considerabile come polo). Eppure, furono quei molti poli ad approvare, sotto la costrizione del successo referendario, il Mattarellum. Ovviamente mai bipolaristi, i Democristiani neppure erano interessati a una legge elettorale in grado di favorire l’alternanza che, notoriamente, diventa più facile se il sistema dei partiti si approssima al bipolarismo. Tuttavia, se il Mattarellum non fosse (stato) un sistema elettorale tre quarti maggioritario applicato in collegi uninominali, la comparsa del bipolarismo sarebbe stata alquanto improbabile. Anzi, i Democristiani variamente diventati Popolari si comportarono come se fosse possibile mantenere/avere un sistema tripolare nel quale loro, collocati al centro, avrebbero deciso le alleanze di governo.
La spinta decisiva al bipolarismo la impresse, più di chiunque altro, Silvio Berlusconi che comprese rapidamente la necessità di costruire coalizioni in grado di presentare e sostenere un unico candidato nei collegi uninominali. Al Nord fece il suo debutto il Polo della Libertà: Forza Italia più Lega Nord. Nel Centro e nel Sud, il Polo del Buongoverno mise insieme Forza Italia e la neo-trasformata Alleanza Nazionale. I Popolari ebbero un esito disastroso. Sia il fautore dei collegi uninominali, Mariotto Segni, sia il relatore della legge che porta il suo nome, Sergio Mattarella, furono sconfitti nei loro collegi uninominali, ma rieletti grazie al recupero proporzionale (con le modalità apposite, scheda separata e candidature bloccate, disegnate per la Camera dei Deputati) e il partito nel suo insieme risultò irrilevante.
L’obiezione, troppo spesso pappagallescamente ripetuta, che il Mattarellum non è adatto ad un sistema partitico tripolare, è sostanzialmente sbagliata. Che uno o due dei poli esistenti non voglia il Mattarellum è plausibile, forse anche comprensibile, anche se discende da gravi difetti di miopia politica. Peraltro, nell’attuale Parlamento i poli sono più di due, almeno quattro: Partito Democratico, Movimento Cinque Stelle, Lega Nord (più, forse, Fratelli d’Italia) e Forza Italia, se non addirittura cinque qualora comparisse un’aggregazione di sinistra. La riproposizione del Mattarellum, con qualche correzione, ad esempio, per impedire le liste civetta, obbligherebbe a formare aggregazioni. Insomma, darebbe una forte spinta in direzione del bipolarismo, naturalmente penalizzando in maniera anche molto significativa chi non cercasse oppure non volesse alleati. Concludendo, il Mattarellum incentiva in maniera importante il bipolarismo e dovrebbe essere sostenuto da chi il bipolarismo desidera davvero. A non volere il Mattarellum sono i nemici del bipolarismo, che provengano dai ranghi dei sostenitori ipocritamente pentiti dell’Italicum oppure da quelli dei fautori di un sistema proporzionale, non tedesco, che nessun “latinorum” potrebbe legittimare e lustrare. Rimane, però, che chi voglia ristrutturare il sistema dei partiti italiani deve sapere che, se respinge il Mattarellum, non gli resterà che fare affidamento su leggi proporzionali purché dotate di alte soglie percentuali per l’accesso al Parlamento. Riuscirà ottenere qualche miglioramento rispetto alla situazione attuale, ma sarà molto improbabile che pervenga al bipolarismo.
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P.s.
Il sistema elettorale pare interessare solo i tecnici della politica eppure ha inciso sulla vita dei cittadini perchè il degrado politico (almeno da 25 anni) dell’Italia è anche il frutto di leggi elettorali truffaldine, di deputati nominati e di coalizioni messe in piedi per vincere con leggi ‘maggioritarie’ .
Questo intervento di Gianfranco Pasquino è interessante, anche se non ne condivido la sostanza: nel 1993 gli italiani si illusero di diventare una nazione matura che consentisse l’alternanza al governo, come da decenni accadeva nel resto d’Europa; ora sono consapevoli del fallimento della seconda repubblica. Inoltre, la formazione delle coalizioni negli anni ’90 fu favorita in buona parte per la ‘discesa in campo’ di Berlusconi che, grazie al potere economico e mediatico, riuscì a mettere insieme l’alleanza tra la piccola borghesia del nord (Lega nord) e i ceti reazionari del mezzogiorno (Alleanza nazionale). La coalizione di centrosinistra aveva come comune denominatore l’antiberlusconismo; peraltro si trattò di coalizioni che si decomposero nel momento di affrontare i nodi veri del Paese.
Ora, non si capisce con chi si potrebbe alleare il Movimento 5 stelle o anche il PD (a parte Pisapia) o la stessa Forza Italia che si colloca al centro in una posizione ostile al lepenismo di destra.
Il risultato, quindi, se si votasse con il mattarellum, sarebbe una specie di ruota della fortuna che potrebbe far vincere una forza politica che raccoglie una percentuale dei voti modesta o più facilmente non produrre nessun risultato: un parlamento Arlecchino dove in Veneto vincerebbe la Lega, in Umbria e Toscana il Pd, in Lazio, Campania e Sicilia il Movimento 5 stelle ecc.
Ancora due brevi osservazioni:
a) solo il fatto che le coalizioni sono chiamate ‘centrodestra’ e ‘centrosinistra’ è una sovrapposizione che spiega molte cose del fallimento del ceto politico della seconda repubblica.
b) Temo che nella scelta affrettata della direzione PD (compresa la minoranza di sinistra ) abbia giocato un ruolo importante il peso della tradizione per cui nei collegi uninominali i candidati di sinistra erano più conosciuti o credibili. Penso che oggi tuttavia il PD con il mattarellum, a parte la Toscana e l’Emilia, raccoglierebbe pochissimi seggi.


