Autore originale del testo: Massimo D'Alema
Trascrizione di Giovanna Ponti (1)
L’EUROPA E IL FENOMENO MIGRATORIO
Io penso e lo dico nel libro che una delle poche novità positive nello scenario internazionale molto difficile (ci sono guerre, ci sono conflitti commerciali… ) è il modo in cui l’Unione europea ha reagito alla crisi del Covid, alla pandemia, ritrovando le ragioni di una solidarietà europea e soprattutto liberandosi dal vincolo delle politiche di austerità per intraprendere una politica di sviluppo e di crescita, anche correndo il rischio di aumentare l’indebitamento. Insomma quando si fanno debiti per investire e creare lavoro, questi debiti sono buoni. Nel quadro di una politica europea che ha riscoperto alcuni valori di solidarietà e di coesione, che sembravano essere totalmente accantonati nel nome delle politiche di austerità, la Commissione europea vuole riaprire anche il problema di una comune assunzione di responsabilità in materia di politiche migratorie. L’approccio è molto prudente. L’ accordo di Dublino dice che il Paese dove arrivano i rifugiati, i profughi, se ne fa carico. E’ un accordo che sostanzialmente lascia ciascun Paese alle prese con questa sfida, con questo problema. Da tempo la Commissione europea propone un meccanismo di ripartizione delle responsabilità, cioè se i rifugiati arrivano in Italia o in Grecia o in Spagna ci deve essere un meccanismo per cui queste persone possono essere redistribuite fra i diversi Paesi europei. Questo non è facile perché la Commissione europea può soltanto proporlo. L’accordo di Dublino non è una regola comunitaria perché il problema dell’immigrazione non è materia della Comunità europea, ma è materia di politica nazionale e l’accordo di Dublino è un accordo intergovernativo quindi può essere cambiato solo se ciascun governo è d’accordo, non lo può cambiare Ursula von der Leyen, anche se secondo me lo cambierebbe. Io non ho dubbi sulla volontà politica oggi della presidente della Commissione europea e pure della Germania che si è fatta carico in una misura assai consistente del flusso dei migranti e dei rifugiati soprattutto dal Nord Africa. Non è vero che l’Italia è stata lasciata sola, come dice una certa propaganda, perché una buona parte di quei rifugiati sono andati in Germania, magari sono sbarcati da noi ma alla fine sono stati accolti in Germania che si è fatta carico della quota maggiore di rifugiati scappati dall’Africa nel corso degli ultimi tre o quattro anni. Però noi sappiamo che un accordo intergovernativo deve essere accettato anche dai vari Orban, cioè da quei governi che sono nazionalisti e sono contrari ad ogni forma di solidarietà in materia di immigrazione. Quindi non è facile raggiungere un risultato, sarà un negoziato molto difficile. Forse qualcuno ha equivocato e pensava che bastasse una decisione della Commissione europea, ma non è così. La Commissione europea può aprire un tavolo, ma poi alla fine saranno i governi nazionali a decidere.
LA CRISI EGEMONICA DELL’OCCIDENTE
Noi siamo di fronte a una crisi dell’ordine mondiale e questa crisi è la crisi dell’egemonia del mondo occidentale. In particolare dopo la guerra fredda l’ordine mondiale si è modificato. Prima l’ordine era bipolare, c’era il campo sovietico e il campo occidentale e nella contrapposizione e nell’equilibrio tra questi due mondi si manteneva un ordine. Finito il bipolarismo, caduto il muro di Berlino, il mondo si è riunito intorno all’Occidente e i suoi valori, perfino nacque perfino l’illusione che questo segnasse la fine della storia. Si teorizzava che tutto il mondo sarebbe diventato economia di mercato, liberal-democrazia. Questa visione si è rivelata sbagliata. Anzi questa idea ha suscitato mille reazioni e contrapposizioni e via via si è erosa questa capacità di egemonia del mondo occidentale. Vent’anni fa sembrava che tutto il mondo si incamminasse verso la democrazia: l’est europeo, poi l’America Latina sino al mondo arabo. Oggi noi assistiamo ad un processo contrario: c’è una crisi delle grandi democrazie e semmai nel mondo hanno forza i regimi autocratici che producono classe dirigente, producono stabilità, quello che le democrazie non sono più in grado di produrre. Io utilizzo una categoria gramsciana e parlo di una crisi che è crisi di egemonia, la fase in cui viene meno una egemonia , quella dell’Occidente liberal-democratico, ma non c’è una nuova egemonia e quindi, Gramsci diceva, si manifestano fenomeni gravi e conflitti. Questo è esattamente il momento che il mondo sta vivendo, un interregno.Io non credo, e lo dico anche nel libro, che noi passeremo dall’egemonia dell’Occidente all’egemonia cinese per varie ragioni. Il modello cinese non è un modello esportabile, la Cina è un interlocutore insostituibile, ma non sarà la nuova potenza egemone. Immagino un mondo senza egemonie, cioè un mondo in cui si costruisca un multilateralismo efficace. L’Occidente è pronto ad andare in questa direzione? In questo momento l’Occidente è attraversato da spinte e derive di chi reagisce al declino, e questo è il sovranismo americano, attraverso l’uso della forza che non accetta il ridimensionamento del ruolo dell’Occidente e si oppone attraverso un inasprimento dei conflitti. L’amministrazione di Donald Trump si muove sullo scenario internazionale per accentuare i conflitti. Invece di perseguire una convivenza in Medio Oriente, ha lavorato per creare un asse tra Israele e le monarchie del golfo, con buona pace dei diritti umani, contrapposto al mondo islamico rappresentato dall’Iran sciita, ma anche da parte della Turchia che è sunnita. Si sono create le condizioni perché l’intero mondo islamico, l’islam politico, sia nella sua versione sciita sia nella sua versione sunnita, si opponga all’Occidente. A un Occidente che sta lì più come garante di un equilibrio militare che non come promotore di distensione. La distensione comporta il riconoscimento del ruolo di questi Paesi anche nei diritti. Quindi in Occidente c’è una spinta a reagire al declino attraverso il rilancio di una strategia di scontri sul piano militare, sul piano commerciale, sul piano politico ideologico. Invece per me la strada da percorrere è quella della costruzione di una coesistenza pacifica di un equilibrio multilaterale. Questo è il grande tema dei prossimi anni. In questa situazione l’Europa potrebbe avere un ruolo fondamentale. Io direi che l’Europa è ancora largamente orientata verso la ricerca di un equilibrio multilaterale però non sempre ha la forza di affermare il suo punto di vista.
GLOBALIZZAZIONE, RUOLO DELLO STATO,SINISTRA
Il capitalismo europeo è stato un modello in cui non è che non ci fosse il conflitto, però lo Stato ha avuto una capacità di mediazione e di costruzione di un compromesso sociale. L’equilibrio è stato costruito attraverso un processo in cui i lavoratori, oltre alla difesa sindacale dei loro diritti, poi hanno usato gli strumenti della democrazia. L’welfare è stato anche il frutto del compromesso sociale. Tu padrone hai lo sviluppo in profitto, io ti tolgo una parte di questo profitto e lo utilizzo per fare l’assistenza gratuita, la scuola eccetera. Tutto questo ha avuto come soggetto in Europa lo Stato democratico. Con la globalizzazione questa capacità dello Stato democratico di essere il mediatore del conflitto e di essere anche il garante del compromesso sociale, funzione che ha tenuto insieme crescita capitalistica, diritti fondamentali e diritti sociali, questa capacità è venuta meno. Il capitalismo è diventato globale, è andato alla ricerca del massimo profitto delocalizzando il lavoro andando a sfruttare il lavoro laddove le tutele erano minori e la politica non è stata più in grado di regolare questo processo. La dimensione politica è rimasta dimensione nazionale, mentre la dimensione del capitalismo è diventata globale. Quindi si è aperta una contraddizione enorme ed è questa lacerazione l’origine della crisi del mondo occidentale .Dopodiché si è detto che la colpa è della competizione cinese , ma il problema è che tu non puoi avere una crescita economica senza regole e senza politica. Questo deficit di politica è stata la ragione di fondo per cui ad un certo punto la globalizzazione selvaggia è prevalsa e c’è stato anche il grande spiazzamento della sinistra. Gramsci in “americanismo e fordismo” dopo la crisi del 29, quando era in carcere e qui si vede il genio, scrive che ci si misurerà con la contraddizione tra il carattere, lui scriveva ‘ cosmopolitico dell’economia ‘ noi diremmo globale, e il carattere ristrettamente nazionale della politica. Descriveva esattamente il nodo teorico con il quale ci si sarebbe misurati molti anni dopo.
Ora come si costruisce una rete politica in grado di governare i processi economici, di ridurre le disuguaglianze, di ridurre l’impatto sulla natura? Soltanto la cooperazione tra i poteri nazionali può creare una rete di regole. Questa è la grande sfida della sinistra perché l’altra risposta, e cioè torniamo alla sovranità nazionale è una risposta regressiva, illusoria per molti aspetti. Questo è esattamente il tema di oggi con cui ci si misura anche nella lotta politica.
LE ELEZIONI AMERICANE
Le elezioni americane saranno un cruciale passaggio per definire gli equilibri futuri. Forse non tanto le scelte immediate. Io non credo che se dovessero vincere i democratici questo porterà immediatamente ad un apaisement con la Cina perché ci sono ragioni di fondo che muovono gli Stati Uniti ad una linea di confronto con la Cina. Fino a che la Cina è stata la fabbrica del mondo, dei manufatti con poco valore aggiunto, non è stata un problema, ma nel momento in cui i cinesi hanno cominciato ad investire sulla innovazione e sono diventati competitivi ed hanno addirittura superato gli americani in alcuni campi delle nuove tecnologie, in particolare del digitale, allora sono diventati un problema. E’ stata avvertita in America la perdita di un primato. Però in Trump la reazione americana alla perdita di un primato diventa pericolosa per il mondo intero perché Trump ha una carica di rozzezza e di aggressività che mette a rischio la coesistenza pacifica e gli equilibri internazionali. Ora, io penso che la Cina debba essere criticata per il ritardato allarme in materia di Covid, ma, a parte il fatto che è stato dimostrato variamente che i focolai di questa pandemia c’erano fuori dalla Cina anche prima che si manifestassero a Wuhan, l’ultima persona al mondo che può criticare per questo la Cina è il Presidente degli Stati Uniti. Quando, seppure con ritardo, l’allarme è stato lanciato, quando l’OMS ha dichiarato la pandemia, il Presidente americano ha detto che era una bufala e che gli USA non si sarebbero fatti mettere in ginocchio da una influenza. Tanto è vero che la gestione ritardata, maldestra è stata disastrosa per gli Stati Uniti. Come fa a rimproverare i cinesi di avere detto in ritardo quello che per lui era una bufala? Ciò non fa che aggravare la situazione di tensione internazionale. Io non so come va a finire perché parliamo di un Paese che ha attraversato una crisi profonda e di una macchina di propaganda che ha una sua potenza. I democratici dovrebbero avere abbastanza agevolmente la maggioranza dei voti, perchè avranno massicciamente i voti delle grandi aree metropolitane, ma siccome il sistema elettorale americano non è l’elezione diretta del Presidente ma l’elezione indiretta del Presidente da parte dei rappresentanti dei vari Stati, a volte anche avendo milioni di voti in più, come capitò anche a Hillary Clinton, si può non essere eletti presidente se negli Stati chiave prevale l’altro candidato. Quindi il risultato è molto imprevedibile e nello stesso tempo è un risultato fondamentale. E’ fondamentale che torni ad esserci una guida democratica in grado di riprendere il dialogo con l’Europa. Non sarà un dialogo comunque facile, ma avere una guida democratica negli Stati Uniti significa che Europa e Usa tornano a parlare la stessa lingua, Questo è fondamentale perché l’Occidente torni a rappresentare i valori positivi che non sono il razzismo, le barriere commerciali, la politica di potenza. La nostra linga è la democrazia, i diritti umani.
IL GOVERNO ITALIANO
Il M5S vive una crisi culturale perché non ha trovato finora una leadership capace di produrre una nuova narrazione. Il Movimento è nato con una certa narrazione e cioè che non c’è più una destra e una sinistra, che c’è il popolo che insorge contro le élites politiche. Questo schema culturale ha portato dei risultati ma alla prova dei fatti si è dimostrato uno schema che non regge perché la destra e la sinistra c’erano, anzi direi che c’era la destra perché una certa parte della sinistra non c’era più, poi l’esistenza della destra ha aiutato anche la sinistra a ritornare in vita, diciamo, e loro, nella loro esperienza, hanno misurato che la destra e la sinistra non sono uguali. Oggi ci vorrebbe un leader 5Stelle in grado di motivare sulla base di una nuova narrazione l’alleanza tra quello che c’è, cioè l’alleanza tra cittadini e la sinistra. Quello che c’è è accaduto, ma non c’è nessuno che lo abbia motivato e fino a quando non accadrà questo quel movimento non avrà un centro, non avrà una prospettiva e vivrà una crisi. E la crisi di un movimento che, piaccia o non piaccia, rappresenta la maggioranza nel parlamento italiano perché lo hanno voluto i cittadini, se questo movimento non ritrova una sua ragione di essere coerente con la realtà, questo è qualcosa che minaccia la stabilità del governo. Il PD e altre formazioni minori della sinistra hanno trovato un loro equilibrio e sono un elemento di stabilità, hanno retto, hanno ritrovato una motivazione anche nei risultati elettorali, ma c’è l’incognita del M5S.Un movimento non sta in piedi se non è in grado di produrre una propria giustificazione di quello che accade e se è in crisi è un problema per il governo. Il governo ha gestito abbastanza bene la crisi, meglio di tanti altri governi europei, c’è stata prudenza, il SSN con tutti i colpi che ha avuto tutto sommato rimane un sistema universalistico valido, soprattutto dove è rimasto lontano da un certo modello di sanità aziendalistica che ha retto meno alla prova e penso alla Lombardia. Io , da vecchio che guarda ai giovani, sono molto contento del lavoro che ha fatto Speranza, è un compagno serio, come si diceva una volta, e non è che ce ne siano moltissimi in circolazione. Però oggi ci sono anche le risorse per investire, non si tratta solo di gestire l’emergenza ma di utilizzare il Recovery Fund non solo per rimettere in moto l’economia ma per introdurre dei cambiamenti profondi, un meccanismo di sviluppo alle imprese, per recuperare il welfare e la tutela alla salute intesa non come spesa ma come un grande volano di crescita e di innovazione, e poi per ridare forza al sistema produttivo del Paese con una accresciuta responsabilità dello Stato. La crisi ha reso evidente che è necessaria un’azione pubblica più attiva esercitata in modo intelligente e non come allargamento di poteri. C’è una grande presenza dello Stato nell’economia, ma io vedo meno una strategia, una chiara individuazione delle priorità su cui investire le risorse. Il rischio è che questi soldi finiscano in mille rivoli, in incentivi, in operazioni salvataggio anche non necessari e non invece essere utilizzati al servizio di una strategia che individui le grandi priorità economiche per lo sviluppo italiano e che recuperi un rapporto tra sviluppo e dimensione sociale. Ora i sindacati sono tornati in campo, e io lo considero un fatto molto positivo. Speriamo che questo dialogo con le forze sociali cerchi ad aiutare il governo ad andare nelle direzioni giuste.
1) CGIL TERNI, Camera del Lavoro
23 settembre 2020
Intervento di Massimo D’Alema


