Dalla quarantena al ‘dispotismo illuminato’

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini

Dalla quarantena al ‘dispotismo illuminato’. Una ruminazione provocatoria nella notte buia.

E se l’alternativa vincente alla destra, e alla crisi della democrazia, fosse proprio una forma temperata di ‘dispotismo illuminato’ a forte vocazione sociale ?

La destra soffia sul fuoco delle crisi securitarie per aprire lo spazio per una ‘restaurazione’ basata su una sorta di ‘dispotismo arbitrario’ e ‘oscurantista’ dove un decisore caudillo sedicente carismatico avoca a sé ogni potere. ‘Bucando’ regole e protocolli attraverso una torsione ‘semplificazionistica’ estrema dell’azione politica, dietro una nube ideologica di motivi psicotici e irrazionali.

Tutto il gioco si riassume nel generare rotture nei rapporti fiduciari e nella creazione di capri espiatori. Paradossalmente questo gioco funziona assai bene sino a che l’allarme securitario resta limitato a una sfera percettiva abilmente stimolata da spregiudicati mestatori. Ma sopra una certa soglia, quando il dramma passa dalla virtualità subliminale di un generico disorientamento alla forma di una emergenza esplicita e concreta, mostra la corda. Facilmente chi cerca di lucrare un superadditum ‘personalistico’, proponendosi come ‘solutore spiccio’ cade in una ridicola sovra-esposiziione. Vedasi i casi caricaturali dei ‘governatori’, con i due coglioni del lombardo-veneto primi sul traguardo della goffaggine. Per non parlare dell’ossessivo protagonismo ostile di Salvini, di per sé elemento ansiogeno. In queste circostanze il ‘popolo’, gravato del pericolo, è ben lungi dal voler essere convocato in ordalie elettorali. Più razionalmente vuol essere curato-tutelato e si affida ai sistemi esperti. La cautela, l’affidamento fiduciario, la competenza, l’affidabilità dei sistemi organizzativi diventano la moneta corrente. Lo stato d’eccezione concreto seda gli spiriti bollenti e li inclina ala ricerca della stabilità e al rifiuto dellì azzardo.

Tutto il ciclo psicologico-politico alle nostre spalle è stato caratterizzato da un attacco senza precedenti a ogni forma di competenza istituzionalizzata e di intermediazione politica. Una vera fase iconoclastica con il cittadino qualunque erigentesi al centro della scena nel nome di una iper-democrazia a base diretta e/o plebiscitaristica. Una fase anarchica succeduta alla crisi della ‘prima Repubblica’ che ha portato all’incasso i 5S e poi alla loro crisi, autosuperandosi nell’unico esito possibile: l’oscurantismo demagogico securitario della Lega. Quale ultima reincarnazione del populismo berlusconiano delle origini. Ogni step del processo ha avuto i suoi leader pseudo-carismatici issati momentaneamente sugli scudi dei media: da Berlusconi a Salvini, passando per i vari Di Pietro, Renzi e il duo Grillo-casaleggio, tutti circondati da uno stuolo di comparse minori a caccia del loro quarto di celebrità. Vari segnali sembrano indicare che questa fase sregolativa sia giunta al suo turning point.

I governi ‘tecnici’, come l’esperimento Monti, sono stati tentativi effimeri e fallaci di rinverdire in guisa tecnocratica i fasti del ‘dispotismo illuminato’. Nel settecento la lotta dei principi assolutisti ai sistemi di privilegio particolaristici dell’ancien regime mirava a ispessire di funzioni e competenze l’amministrazione centralizzata. Mentre qui i diktat neo-liberisti sono stati usati come una clava contro i diritti sociali e le strutture dell’intervento pubblico. Smantellando lo Stato, cioè la sede concreta delle competenze, a favore di un mercato auterogolato dai propri talmudici algoritmi. Un dispotismo non ‘illuminato’ ma automatizzato in una forma pseudo ideologica di razionalità monetarista.

Oggi il combinato disposto della crisi epidemiologica, climatica ed economica, chiama in campo rinnovate esigenze di dirigismo pubblico per le quali il sovranismo nazionale, per la sua natura intimamente oscurantista, è inadeguato tanto quanto le speculari ricette neo-liberiste. Un nuovo interventismo statale e un uso calibrato di modelli top-down potrebbe rivelarsi la formula per rafforzare l’imprescindibile legame europeo. Introducendo ‘elementi di socialismo’ nello spazio europeo.

Se è palesemente fuori misura paragonare Giuseppe Conte a Giuseppe II d’Asburgo-Lorena, la bassa legittimazione ‘popolare’ del governo giallo-rosso associata alle condizioni esterne di necessità potrebbe essere riguardata non solo come limite ma anche come un’occasione. Se solo i ministeri a guida più palesemente politica e ‘responsabile’, cioè a vocazione operativa e interventista anziché agitatoria e propagandistica, potessero svolgere al meglio la loro funzione.

Come si espresse Voltaire “«Tout pour le peuple, rien par le peuple». Almeno sino a che non ci saranno in campo partiti rassomiglianti al ‘moderno Principe’ teorizzato da Gramsci.

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