di Alfredo Morganti – 13 ottobre 2016
Insomma, io sono un dylaniano di ferro. Credo che Dylan abbia composto e inciso album che sono senza dubbio pietre miliari dell’espressione artistica in genere. Credo abbia contrassegnato la storia della cultura moderna, e allargato il campo musicale a forme espressive anche di tipo letterario. Sono peraltro convinto che la poesia sia contenuta proporzionalmente in ogni espressione linguistica e comunicativa, non solo perché ce lo ha spiegato in modo convincente Roman Jakobson, ma per intima convinzione personale. Credo, d’altra parte, che se si esprime una funzione poetica (nel senso di una forte enfasi posta sul linguaggio in sé, sulle sue forme, sulle ricorrenze, ripetizioni, sulle sue auto evidenze formali e sugli effetti di ‘tecniche’ espressive in genere), se si esprime una funzione poetica, dicevo, in un claim pubblicitario o elettorale (il famosissimo ‘I like Ike’), tanto più c’è poesia in ‘Vision of Johanna’.
Anzi. Il punto non è questo, dunque, non è la possibilità di considerare che la poesia traversi o meno l’intera produzione linguistica dell’uomo. tanto più quella artistica. Il punto vero è che quel nome (Nobel per la letteratura) è allora sbagliato, e andrebbe cambiato, tipo ‘Nobel all’espressione artistica’. Allora sì che molte più cose e molte scelte avrebbero davvero senso. Detto ciò, finché continua a definirsi Nobel alla ‘letteratura’, dovrebbe premiare poeti, scrittori, letterati. E ce ne sarebbero! Almeno per coerenza con l’intitolazione. Sennò avviene il fenomeno strano per cui l’Accademia di Svezia definisce il suo premio Nobel ‘alla letteratura’ e poi premia registi, cantanti e giornalisti e chissà chi altro in futuro. Magari il politico che fa ‘narrazione’! È una cosa questa che lascia perplesso persino un dylaniano come me, che dovrebbe invece limitarsi a gioire per la vittoria di Dylan. Come pure gioisco peraltro, ma senza nascondere le mie perplessità.
