Autore originale del testo: Gianni Cuperlo
Me lo ha spiegato un amico, con quel tipo di sintesi che a volte ti apre lo sguardo anche su quanto preferiresti non vedere. Perché anch’io mi chiedevo cosa mancasse in questi giorni segnati da cifre che allarmano e denunce di ritardi che nessuno scarico di colpe risolve.
Manca il senso della tragedia.
Manca la percezione di angoscia vissuta da persone semplici, quelle che non hanno altro che la propria voce da usare per chiedere. Questo c’è dietro le percentuali dei contagi che salgono: un senso di solitudine che si misura quando chiami un numero e dall’altra parte non ti rispondono, quando sai che devi attendere ore o giorni per un tampone, quando devi organizzare la vita non potendo contare su altro da te.
Giorni fa è stato un filosofo, una delle persone più stimabili di questo paese, a commuoversi mentre sentiva le testimonianze di alcuni senza lavoro e reddito.
La classe dirigente, il ceto politico, ha il peso della responsabilità, va compreso. Deve decidere, scegliere. In questo va sostenuto. Ma quando una comunità è di fronte al dramma peggiore, quello che investe la salute, di sé e dei più cari che si hanno, ecco, lì in quel passaggio di tempo non bastano i decreti, i codici, le schermaglie tra leader o pseudo tali, lì non basta la razionalità. Lì deve esprimersi la vicinanza, l’empatia, di quel ceto politico verso la realtà della quale vuole farsi carico.
Non è materia questa che transita dagli equilibri tra partiti, o dentro i partiti tra correnti. E non è questione di nomi e incarichi e poteri o potentati. E’ non è neanche come si gestisce l’arte (se tale è) del comunicare, non c’entra l’uscita a effetto, il video che rimbalza perché anche nel momento faticoso c’è chi pensa che il fare guascone produca consenso. No, non è questa roba qui.
E’ altro, è quello che distingue l’autorevolezza di una politica che si sveste della forma e si fa solo sostanza che vuol dire anche emozioni, partecipazione al dolore vissuto o raccontato, ne ha scritto domenica il direttore de La Stampa dal letto di una terapia intensiva.
Sono i gesti che accompagnano i ruoli, i toni che si usano, le parole spese prima ancora degli impegni e delle promesse fatte. Sono le donne e gli uomini per ciò che sono nel profondo.
Questa non è una pagina dell’agenda.
Questa è una tragedia e la politica si ritrova, si rifonda, se la vive così.


