I funerali di Francesco, l’omaggio dei poveri e la “presenza” dei potenti

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Marco Travaglio
Fonte: Il Fatto Quotidiano

I funerali di Francesco, l’omaggio dei poveri e la “presenza” dei potenti

Un colpo di vento

Abbiamo insistito molto, da quando è morto papa Francesco, sulle appropriazioni indebite e i vilipendi di cadavere perpetrati dai politici italiani e stranieri, in una gara pressoché infinita di ipocrisia e mitomania. Ma non è detta l’ultima parola: oggi al funerale, complici l’emozione, la commozione e quel qualcosa che i credenti collegano al soprannaturale e i non credenti alla suggestione, potrebbe anche accadere il miracolo. Vent’anni fa, 8 aprile 2005, piazza San Pietro salutava un altro grande papa, Giovanni Paolo II, con 200 leader mondiali e 300 mila fedeli (più altri 2 milioni videocollegati in altre piazze di Roma). Mentre il cardinale decano Joseph Ratzinger, che di lì a undici giorni gli sarebbe succeduto, celebrava la Messa e pronunciava una strepitosa omelia, una potente brezza iniziò a sfogliare le pagine del Vangelo rosso poggiato sulla bara di legno. E lì, dinanzi a quella scena che nessun regista avrebbe potuto rendere meglio, anche il miscredente più impenitente vacillò. “Il nostro Papa – disse Ratzinger – è stato sacerdote fino in fondo, ha offerto la sua vita a Dio per le sue pecore e per l’intera famiglia umana… Non ha mai voluto salvare la propria vita, tenerla per sé: ha voluto dare se stesso senza riserve, fino all’ultimo momento per Cristo e così anche per noi… Il messaggio della sua sofferenza e del suo silenzio è stato così eloquente e fecondo”. E citò il Vangelo di Giovanni, là dove Gesù parla a Pietro, il primo pontefice: “Quando eri più giovane, andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”. Parole perfette anche per Francesco.

Visto che il meteo non lascia speranze di un diluvio purificatore, possiamo solo augurarci che oggi una parola, un gesto, un imprevisto, un colpo di scena o di vento lasci il segno nei potenti della terra intenti a celebrare se stessi, a mettersi in mostra a favore di telecamera, a misurare le distanze delle loro sedie da quelle altrui, a succhiare la ruota del carro funebre per arraffare like e consensi in conto terzi. Sognare una conversione di massa sarebbe troppo: miracoli così enormi non ne risultano neppure nei Vangeli. Ma un lampo di dubbio o di vergogna, al ricordo di una frase del Papa defunto, potrebbe toccare la mente e il cuore di chi regge il pianeta e indurlo a riflettere. E poi ad agire con un gesto di resipiscenza anche piccolo, al ritorno in patria: sulle politiche di guerra e di riarmo, sull’esecrazione della diplomazia, sui mutamenti climatici, sulle disuguaglianze, sul disprezzo dei deboli e delle minoranze, sulla repressione del dissenso, sulla violazione dei diritti umani. Non sappiamo se a papa Francesco siano già stati attribuiti miracoli: ma basterebbe quello.

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