di Alfredo Morganti 10 maggio 2016
A dimostrazione che anche i sistemi politici non sono più quelli di una volta, il neocentrismo renziano tutto sembra meno che neocentrismo. Nel senso che è tutt’altro che ‘moderato’. Anzi. Non parlo solo della truppa, che si sbizzarrisce su FB con uno stile aggressivo a dir poco. Mi riferisco ai colonnelli, ai generali, allo stesso capo. Non hanno alcun dono della mediazione, non la cercano, la considerano come un’onta. Se possono sbeffeggiano (#ciaone) o fanno gli arroganti. Sono saliti in cattedra col desiderio di rottamare, e preannunciano a ogni istante ‘svolte’, rivincite, tempi nuovi, strappi, congressi decisivi, plebisciti, ripartenze, rifacimenti dell’Italia. Vogliono dare la sveglia a un Paese presunto dormiente, mentre loro svolgerebbero il compito dei giovani fustigatori. Non è tanto il linguaggio da caserma di taluni ‘Puristi’ del PD a testimoniare questo approccio tutt’altro che ‘moderato’, ma il diffuso spirito decisionista che anima le loro uscite (dal post al comizio), la voglia di dare un taglio, l’idea che prima di loro il diluvio, che la storia inizi da loro, e verso tutto il resto vada tracciata una linea di demarcazione. Noi siamo quelli che ‘fanno’, gli altri chiacchierano. Ai vostri dibattiti, replichiamo con il nostro lavoro. Noi non abbiamo tempo, noi dobbiamo lavorare. Noi tireremo diritto, perché noi inauguriamo tempi nuovi, tutti gli altri sono passatisti. Il futuro è tutto, la storia ci fa schifo. Sì-No. Ante-post.
C’è qualcosa, tuttavia, che stona nella formula di ‘neocentristi estremisti’, che così bene si attaglia all’attuale vertice del PD. Ed è il fatto che non è una formula ‘politica’ in senso forte. Non è succedanea di altre espressioni di successo come ‘opposti estremismi’, o come ‘convergenze parallele’, ‘compromesso storico’, ‘centrismo’, ‘alternativa di sinistra’, ‘autonomia socialista’, ecc., che si sono succedute nel tempo. Non lo è perché non è una formula politica vera e propria. Perché oggi non è possibile una formula politica vera e propria. Al più etichette che distinguano il ‘carattere’, lo stile, oppure fungano da didascalia esemplificativa per i media. Il neocentrista estremista è una figura del tutto extrapolitica, come una figurina che si muove senza più un fondale che non sia costituito dalle proprie ambizioni personali. Soldati che combattono in assenza di una guerra, insomma. Fantasmi senza un castello. Politici senza politica. Urlano, gridano, comandano, danno indicazioni, annunciano, ma parlano da un microfono che è solo il loro, calcano un palco ‘privatizzato’, sguarnito di sostanza effettiva, pur se stracolmo e affastellato dagli antichi simboli.
È tutto ‘riscritto’ e ricontestualizzato a tempi nuovi che non parlano di politica, ma che al più ne sono una parodia. Il centrismo è solo geometrico, difatti, un ‘luogo’ fisico del potere. L’estremismo è solo parolaio, come una specie di sordo recitativo. È l’ambizione che regge la commedia, il cinismo, l’arroganza gioviale, qualche ‘ciaone’ a buffo, ma forse (e soprattutto) un disegno politico ormai evidente, il cui obiettivo è l’isolamento e poi la dissipazione della sinistra politica e sociale. Ci stanno riuscendo, difatti, tale è lo stato della sinistra in Italia oggi. Mi spiace solo che sia bastato un Renzi a portare a termine il compito. Siano bastati la minaccia della rottamazione e un estremismo parolaio. Vuol dire che l’obiettivo era davvero a portata a mano. Vuol dire che la sinistra già non esisteva più, o quasi.


