di Alfredo Morganti – 13 marzo 2017
Scorro certe pagine fb renziane e vedo il ‘tifo’ vero, quello da curva, quello da arena pugilistica, acritico, inneggiante, come se il mondo finisse col renzismo. Ora capisco perché l’uso delle metafore calcistiche. Non sono metafore, è realtà letterale. Non mimano il tifo, fanno il tifo. Non sono una platea, ma una tribuna da stadio. Non sottolineano con un commento, no, fanno standing ovation. È un consenso che si potrebbe misurare con l’applausometro, tanto è solo chiassoso e quantitativo. Il Lingotto ’17 non è stata una ‘convenscio’, ma una kermesse di supporter, dove si fanno selfie e si chiedono autografi, dove il clima è celebrativo, dove si comprano i gadget e finisce con ‘sotto la curva!’. Capisco perché Renzi abbia giocato tutto sull’orgoglio, il senso di appartenenza, i moti dell’animo: non poteva fare altro con quel pubblico lì. E lui non voleva altro da quel pubblico lì. L’obiettivo è un bel tifo e tanto consenso elettorale. Punto.
Per la politica ci sarà tempo, magari di soppiatto con qualche amico-nemico, stretti stretti in un patto segreto. Intanto si fa grancassa, si accendono gli animi, si gioca con le parole: compagno, eredi, reduci, vigliacchi, traditori, e magari venduti o infami. Da rottamatori a detrattori il passo è breve.
E come si costruisce un ‘tifo’, una ‘tifoseria’? Nell’amore acritico verso la propria squadra (che Renzi adesso ci tiene a chiamare ‘comunità’); nel rancore agonistico verso i nemici, l’altra squadra, quella dei vigliacchi; e nel derby che scatta inevitabilmente. Non più ‘Io’ contro tutti, ma ‘Noi’ contro ‘Loro’. In una stracittadina che sembra in realtà uno Strapaese. Non andrai mai solo, cantano dalla curva, e dalla platea del Lingotto al loro Capo. Che tu vinca, che tu perda, non ti abbandoneremo mai. Cosa ha detto d’altronde Del Rio? “I napoletani non avevano paura che Maradona giocasse troppo la palla. Perché senza Maradona il Napoli giocava, ma non vinceva lo scudetto”. Non è solo una metafora calcistica, ma è come dire: il nostro campione viene prima di tutti, non lasciamolo mai solo. La leadership viene prima di tutto, pure dei contenuti, pure delle idee, pure dei sentimenti: sennò, come si vince? A questo è ridotta la dialettica nell’opinione pubblica italiana, a un coro da stadio che sale dal parterre infuocato del ‘Lingotto’. E a tanti improperi verso i traditori. Punto.


