Il fragile alibi dell’emendamento

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Gianni Ferrara
Fonte: Il Manifesto
Url fonte: http://fondazionepintor.net/costituzione/ferrara/senato/

Un Senato direttamente dipendente dal governo per l’erogazione dei fondi a regioni e comuni, una legge elettorale che annulla la rappresentanza in nome della governabilità. Una deriva non emendabile

di Gianni Ferrara, 14 novembre 2014

I risul­tati dell’elezione di Midterm dimo­strano ampia­mente che anche la forma pre­si­den­ziale di governo, pur non essendo quella che trae il mas­simo di demo­cra­zia dalla rap­pre­sen­tanza poli­tica, con­tiene con­trap­pesi rile­vanti che ne impe­di­scono derive auto­ri­ta­rie. Coloro che hanno deno­mi­nato pre­si­den­zia­li­sta la ten­denza che da un ven­ten­nio a tale deriva sta tra­sci­nando la forma di governo in Ita­lia pos­sono ora con­sta­tare che impro­pria­mente e non tanto nega­ti­va­mente deno­mi­na­vano una regres­sione ben più grave e pro­fonda. Quella diretta a sof­fo­care la demo­cra­zia ita­liana mediante la muta­zione gene­tica delle ele­zioni che da stru­menti del potere popo­lare di rap­pre­sen­tarsi per l’esercizio del potere sta­tale veni­vano tra­sfor­mate in atti di inve­sti­tura, da parte dello stesso potere popo­lare, del tito­lare unico del potere statale. Renzi è il pro­dotto di tale deriva, ne ha car­pito il senso, se ne è impa­dro­nito, lo ha iscritto sulla sua ban­diera, lo ha assunto come pro­gramma di governo per tra­durlo in regime. Ha colto il grado di ero­sione subito dalla nostra Costi­tu­zione quanto ad effet­tiva fedeltà alle sue norme e al suo spi­rito, anche, se non soprat­tutto, da parte dei ver­tici dello Stato. Ne ha dedotto la neces­sità di sta­bi­liz­zare que­sta deriva for­ma­liz­zan­dola col mas­simo pos­si­bile di forza giu­ri­dica, la forza della legge costituzionale.

Il senso delle riforme isti­tu­zio­nali di Renzi è que­sto. Coin­volge gli aspetti salienti del dise­gno di legge sulla “riforma” del Senato e di quello sulla legge elet­to­rale. Offre com­pat­tezza ed orga­ni­cità a cia­scuna delle due nor­ma­tive pro­po­ste e le inte­gra. Soprat­tutto sot­trae il dise­gno com­ples­sivo ad un esame e ad una valu­ta­zione con­formi a Costi­tu­zione. E non per caso. Innan­zi­tutto per­ché il par­la­mento cui è deman­data l’approvazione dei due dise­gni di legge, — non mi stanco di rile­varlo — è ille­git­timo per inco­sti­tu­zio­na­lità, accer­tata dalla Corte costi­tu­zio­nale, della legge sul pro­ce­di­mento di ele­zione di tutti e due i suoi rami. Una decla­ra­to­ria di tal tipo, in uno stato di diritto e in un paese civile, avrebbe dovuto com­por­tare lo scio­gli­mento delle due camere. In Ita­lia, invece, si con­sente ad un par­la­mento ille­gale di legi­fe­rare anche in mate­ria costi­tu­zio­nale e, addi­rit­tura, al fine di instau­rare un nuovo regime poli­tico. Quello che deri­ve­rebbe dalla con­giun­zione della cosid­detta “riforma” del Senato col sistema elet­to­rale deno­mi­nato ita­li­cum. Un regime che eli­mi­ne­rebbe ogni con­trap­peso al potere ese­cu­tivo, ogni con­tro­po­tere da opporre a quelli del capo del Governo. La con­giun­zione dell’una e dell’altra “riforma”, già per essere stata pro­po­sta, sot­trae il suo con­te­nuto ad un pro­ce­di­mento legi­sla­tivo sostan­zial­mente con­forme a quello costi­tu­zio­nal­mente pre­scritto dalla Carta costi­tu­zio­nale.

Lo sot­trae per­ché svuota, liquida, vani­fica lo stru­mento prin­cipe di par­te­ci­pa­zione alla deli­be­ra­zione par­la­men­tare: l’emendamento. Emen­dare signi­fica cor­reg­gere, miglio­rare, espun­gere difetti, eli­mi­nare imper­fe­zioni. Sup­pone un testo emen­da­bile. Ha sem­pre ad oggetto espres­sioni nor­ma­tive spe­ci­fi­che, non può rife­rirsi ad un dise­gno com­ples­sivo di regime poli­tico, per­ché impli­che­rebbe la sua inces­sante ite­ra­zione a fronte di ogni enun­ciato o fram­mento di enunciato. Infatti. Un testo che pre­vede un Senato di con­si­glieri regio­nali e di sin­daci (uno per regione) eletto dai con­si­glieri regio­nali, un Senato che si com­pone quindi di espo­nenti di un ceto poli­tico che, secondo le Pro­cure della Repub­blica, non si è rive­lato come esem­plare per dedi­zione rigo­rosa al pub­blico inte­resse, si può emen­dare solo pro­po­nendo una sua radi­cale ed oppo­sta deri­va­zione e com­po­si­zione. Il dise­gno nor­ma­tivo di organo ideato come stru­mento di legit­ti­ma­zione per­ma­nente del governo e del suo capo per­ché tra­mite obbli­gato per la ero­ga­zione da parte del governo delle risorse finan­zia­rie neces­sa­rie alle regioni e ai comuni può essere emen­dato solo con­fi­gu­ran­dolo come organo di garan­zia, attri­buen­do­gli fun­zioni limi­ta­tive e con­di­zio­nanti del potere del governo. Non lo sono quelle pre­vi­ste dal testo appro­vato dal Senato l’8 ago­sto scorso. Non sono tali le com­pe­tenze par­te­ci­pa­tive alla legi­sla­zione costi­tu­zio­nale ed in mate­ria di (alcuni) diritti, alle deci­sioni con­cer­nenti la for­ma­zione e l’attuazione degli atti nor­ma­tivi dell’Ue, al rac­cordo tra Ue, Stato ed altri enti costi­tu­tivi della Repub­blica. Non lo è la par­te­ci­pa­zione in misura non certo rile­vante alla ele­zione del Capo dello stato, dei mem­bri non togati del Csm e alla com­po­si­zione della Corte costi­tu­zio­nale con l’elezione di due giu­dici. Nulla quindi che possa empè­cher, poco da sta­tuer. Quanto alla legge elet­to­rale, come si può emen­darla se si vuole che debba, in ogni caso, pre­co­sti­tuire mag­gio­ranza e governo all’atto stesso delle ele­zioni? Che debba pog­giare sul cosid­detto “pre­mio di mag­gio­ranza”, su di un falso di evi­denza imme­diata ed indi­scu­ti­bile e, per­ciò, assente da ogni legge elet­to­rale d’Europa. Un falso che pri­vi­le­gia quella che è, e resta, una delle mino­ranze, pur se si è avvi­ci­nata alla metà più uno dei voti ma senza rag­giun­gerla. Una mino­ranza che col “pre­mio” si appro­pria di seggi che sot­trae a tutte le altre mino­ranze, quelle che, som­man­dosi, for­mano la mag­gio­ranza nume­rica ed effet­tiva dei voti espressi. Un “pre­mio” che quindi viola un prin­ci­pio fon­da­men­tale della demo­cra­zia, il prin­ci­pio di egua­glianza secondo cui a con­di­zioni, a situa­zioni uguali (nella spe­cie, quella di mino­ranza) debba cor­ri­spon­dere trat­ta­mento eguale. Che dà tutto il potere a chi decide le can­di­da­ture e le asse­gna e che, come lea­der del par­tito che ottiene un voto in più di cia­scuno degli altri, diventa capo del governo. Il nuovo regime poli­tico che Renzi mira a instau­rare è que­sto. È la que­stione della demo­cra­zia in Ita­lia che il par­la­mento, che la sini­stra del Pd soprat­tutto ha di fronte. Non la si può affron­tare con gli emen­da­menti. Per­ché non sono emen­da­bili. Vanno inte­gral­mente respinti. Per bloc­care la rot­ta­ma­zione della demo­cra­zia da parte dell’autoritarismo in cami­cia bianca.

  da il manifesto (che è anche tuo, riprenditelo !) del 15 novembre 2014 –

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