di Alfredo Morganti – 7 maggio 2018
Mattarella ha detto proprio così: governo neutrale rispetto alle forze politiche. È la certificazione che la crisi della rappresentanza non riguarda più solo la base elettorale del Paese, ma anche il vertice esecutivo: né l’una né l’altro si specchierebbero più nelle forze rappresentate in Parlamento. Un vertice neutro, da una parte, e un elettorato sfiduciato e sempre più lontano dalla politica democratica, dall’altra. In mezzo un corpo politico che stenta a trovare un rapporto di fiducia cogli italiani e che non riesce a esprimere nemmeno un governo. Le forze politiche, educate al maggioritario e alla politica mediale, non riescono nemmeno a concepire la possibilità di una mediazione parlamentare e alla luce del sole. Il populismo, d’altra parte, corrompe la capacità di intermediare, di rappresentare autonomamente in aula, spinge la politica nella trappola degli umori sociali e mediatici. La loro combinazione ha disarticolato il sistema della politica italiana, consegnandolo mani e piedi a una specie di circo mediatico, dove tutti mostrano i muscoli e nessuno offre una prospettiva seria e condivisibile. Adesso ci ritoccano le elezioni. Con la stessa legge responsabile del casino attuale. Ha detto bene Chiara Geloni, il Rosatellum ha prodotto una campagna maggioritaria e poi ha gettato le forze politiche nella logica del proporzionale. Una specie di Giano bifronte partorito da chi (Renzi per primo) voleva solo impedire ad altri la vittoria, per spingere tutti in una palude, com’e poi avvenuto. Lo stesso che poi, dopo aver chiesto il voto utile contro i ‘populisti’, li avrebbe voluti assieme al governo, per mero calcolo politico. Il Paese è in mano a degli avventurieri, e il risultato è questo. La non-vittoria di 5 anni fa oggi varrebbe oro. La crisi della democrazia rappresentativa è nel suo punto più alto, quello in cui la sinistra è destinata a soccombere.


