Il premier impolitico e l’etica della politica

per mafalda conti
Il premier impolitico e l’etica della politica
Oggi Antonio Polito spiega sul Corsera che abbiamo un Presidente del Consiglio “che non sappiamo nemmeno per chi vota”. Lo scrive con tono soddisfatto, come se questa fosse la “modernità”, il progresso – come se fosse normale, anzi auspicabile che un Presidente del Consiglio sia (almeno apparentemente) un impolitico. Tant’è che lo stesso Polito mette in guardia il sindacato, nel caso volesse ribaltare questa situazione riportandoci agli anni settanta, proprio a partire dai quali sarebbe partita la stagnazione italiana. Anzi, il “declino” italiano. L’impolitico è la vera aspirazione della moderna borghesia dei bonus, quella che accresce i propri patrimoni, che compra giornali, che spoliticizza, che tenta di neutralizzare il conflitto (non regolare, ma proprio neutralizzare), che vede il progresso solo se vede accrescere le proprie fortune, sennò no.
Ma la Costituzione – alla cui lettera si dovrà tornare, pena l’eternità del nostro stato d’eccezione – dice che “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Non dice accodatevi a una borghesia proprietaria che smania dinanzi alle risorse pubbliche, ma stabilisce che i cittadini hanno diritto ad associarsi in partiti, per decidere assieme, collettivamente e come comunità gli indirizzi politici che si rappresentano in Parlamento. La Costituzione non dice, inoltre: “associatevi a partiti che già esistono”, dice invece “associatevi IN partiti”, ossia organizzatevi, create comunità politiche, costruite partiti politici per esserne la spina dorsale e promuovete forme di vita pratiche per essere protagonisti della vita pubblica. Non è solo un invito, ed è più che un diritto: direi anzi che è quasi un dovere: il richiamo a un’etica della politica (senza un’etica la politica è un guscio tecnico) per evitare che lo scettro vada nelle mani di chi “non sappiamo nemmeno per chi vota”. Proprio quello che manca oggi.
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