di Alfredo Morganti – 14 aprile 2017
“Quando era al governo il segretario del Pd, era sufficiente parlasse con se stesso per allineare il principale partito di maggioranza al governo. Ora che non è più così, è naturale che si debba discutere”. Lo ha detto Matteo Orfini, alla Stampa. Ho prontamente focalizzato l’immagine potente di quest’uomo che parla con se stesso, magari usando il solo linguaggio interiore, in un solipsismo anche suggestivo, lo ammetto. Ho immediatamente assunto quest’immagine, quindi, a simbolo della politica del nostro Paese, a ritratto del renzismo, a icona di quel che i renziani avrebbero voluto fare se avessero potuto (ma non hanno ancora rinunciato a fare). Pensate. Se fosse andata in porto l’accoppiata nuova Costituzione-Italicum e se fossero davvero riusciti a disintermediare, oggi il filo rosso che lega la democrazia rappresentativa italiana e che ‘cuce’ tra loro gerarchicamente le istituzioni italiane si sarebbe notevolmente accorciato.
Il processo decisionale si sarebbe ridotto a una specie di schiocco di dita, di tale fattispecie: il Capo del Governo ha un’idea, ne parla al Popolo magari tracciando i numeri sulla lavagnetta, occupa militarmente i TG per convincere anche i sassi, chiede al ‘suo’ governo di approvare il provvedimento legislativo corrispondente – dopo di che va alle Camere, parla ai ‘suoi’ (come direbbe la Meli), nemmeno deve convincerli, perché sono tutti capilista o nominati (il Senato nemmeno ci sarebbe più) e ottiene così l’approvazione del provvedimento in un lampo. Grazie alla disintermediazione, lo stesso Capo del Goveno avrebbe anche evitato estenuanti trattative con sindacati, partiti e magistrature (le lobby no, con quelle avrebbe trattato senza problemi). Insomma si sarebbe praticamente rivolto a se stesso ‘parlandosi’, e avrebbe risolto con una strizzatina d’occhio un iter democratico altrimenti articolato com’è nella natura delle democrazie.
Questo hanno in mente al PD. Il solipsismo democratico. Quella cosa per cui il Capo è a capo di tutto e controlla tutto l’iter procedurale, così che approvare un provvedimento diventa una veloce quanto vaga sciocchezza. Un ‘allineamento’, appunto, per usare le parole di Orfini, a cui siamo grati: grazie a queste parole oggi possiamo decifrare in toto il renzismo. Un’ideologia che, se potesse, ridurrebbe la democrazia a un click, anzi al pensiero pensato in segreto da chi sta al vertice. Un allineamento di me con me stesso. Uno scambio fulmineo di opinioni nella mente. Un solipsismo che cancellerebbe la discussione, perché l’unico ‘scambio’, a chiamarlo così, avverrebbe nella testa dell’uomo solo al comando, al quale un premio maggioritario assegna il trono. Adesso che non c’è più un unico soggetto alla testa di tutto, sembra dire Orfini, adesso che una selva di istituzioni si frappone tra partito e Palazzo Chigi, “è naturale che si debba discutere” (Orfini). E qui ‘naturale’ va letto come ‘purtroppo’: come sarebbe bella la politica senza un dibattito pubblico, senza discussioni o confronto delle idee, pensano forse al PD.


