Il tagliando, il governo e la segreteria del PD

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Il tagliando, il governo e la segreteria del PD
Probabilmente non sarà un referendum ad affondare il governo, né i nemici cattivi alle porte del Palazzo. Altro ci aspetta. Mi basta una frase di Andrea Orlando per capire che aria tiri, ben oltre gli esiti delle consultazioni alle porte. “Credo che si debba fare un tagliando – dice – per tener conto della fase nuova: la capacità progettuale del Paese è diminuita e ci troviamo nella situazione di dover spendere 209 miliardi di euro in un Paese che da molto tempo fa tagli” (compreso quello del referendum ai seggi parlamentari, vorrei aggiungere, ma lasciamo stare). Orlando è sin troppo chiaro, ed è come se parlasse di cose arcinote e risapute nell’ambiente. Serve un rimpasto di governo, dice, per adeguare l’esecutivo ai tempi nuovi del gruzzolo europeo. Mi pare, insomma, di capire che la minaccia più forte al Conte II venga in primo luogo da chi il governo lo sostiene, non da chi lo avversa. E che il Conte III debba presentarsi come un surrogato (ma di sinistra, più avanzato!) di un possibile Draghi I, per il quale invece oggi si stracciano le imprese, Repubblica e i renziani. Ho detto Conte III, ma non è detto che possa essere d’emblée un nuovo Draghi I (secondo il detto, perché lasciare a Lor Signori il Lorsignorismo?).
Queste parole, buttate lì e scarsamente considerate dai critici e dai commentatori, anticipano mirabilmente quale sarà la partita post-referendaria, qualunque sia il risultato del referendum, anzi, tanto più se vincerà il Sì e garantirà così margini di manovra sufficienti ai manovratori (“non escludo che possa esserci un effetto sull’assetto del governo” chiosa Orlando, dando l’idea che ciò sia prevedibile e possa accadere comunque). Il rimpasto è quindi dato come assodato, solo da dettagliare. E fra i dettagli possibili, perché no Zingaretti all’Interno? Si direbbe: finalmente un politico per rafforzare il presidio del Viminale! Con l’effetto parallelo delle sue dimissioni e con quello di aprire la strada ai pretendenti alla segreteria, primo tra tutti, guarda un po’, proprio il vice segretario Orlando, che ci anticipa il rimpasto come soluzione cool, di tendenza, indipendente da ogni altro evento. Certo, dopo un patto tra gentiluomini con Bonaccini, l’altro sfidante, il portatore non sano di renzismo e di strabordante protagonismo regionale. Grandi manovre insomma, tutto centrate sull’esecutivo, su Palazzo Chigi, sui ministeri, come se il Parlamento fosse solo una pendenza, una seccatura oppure optional come il climatizzatore. Ma questi sono i tempi. Diamine.
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