Il tempo sta per scadere, SOS per il clima

per Gabriella
Autore originale del testo: Federico Gennari Santori
Fonte: pagina 99
Url fonte: http://www.pagina99.it/news/scienza/7363/clima-onu-ipcc-copenhagen-climate-change.html

Clima, "Agire subito per fermare riscaldamento globale. Vicini al punto di non ritorno"

 

Presentato ieri a Copenhagen, il Summary Report chide definitivamente il quinto rapporto sul clima dell’Ipcc, l’agenzia delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. Per la prima volta compaiono insieme dati sull’evoluzione del riscaldamento globale e indicazioni stringenti per le politiche di mitgazioni. Ban Ki-moon invita i governi a un intervento deciso in vista della prossima conferenza sul clima di Parigi.

 

«La scienza ha parlato. Non c’è ambiguità nel messaggio». «I leader devono agire. Il tempo non è dalla nostra parte». Così il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha introdotto la presentazione a Copenhagen del Summary Report che chiude il quinto rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) delle Nazioni Unite. Una «relazione storica», che sintetizza il contenuto di tre documenti da oltre 1500 pagine, pubblicati tra settembre 2013 e aprile 2014, che hanno preso in esame le basi scientifiche dei cambiamenti climatici, gli impatti che hanno su scala globale e le politiche per mitigarli. Si tratta del contributo più corposo ed esaustivo mai fornito nella storia, realizzato con la partecipazione di oltre 830 studiosi da 80 paesi del mondo che hanno collaborato con più di 1.000 autori esterni e 2.000 revisori esperti, passando in rassegna circa 30 mila pubblicazioni scientifiche. Una spiegazione multimediale e interessante, con video e schede si sintesi, è fornita dal sito italiano #clima2014, lanciato oggi e realizzato da Mauro Buonocore, Jacopo Crimi, Neva Chieregato e Carlo Palma.

 

Dopo l’ultimo rapporto del 2007, per la prima volta l’Ipcc unisce alla constatazione del riscaldamento globale e all’analisi della loro incidenza la definizione di interventi concreti volti a contrastarli. «Abbiamo i mezzi per limitare il cambiamento climatico», ha detto Rajendra Pachauri, presidente dell’Ipcc. «Le soluzioni sono molteplici e permettono un continuo sviluppo economico e umano. Ciò di cui tutti abbiamo bisogno è la volontà di cambiare». Siamo di fronte a una realtà «innegabile, che non può essere semplicemente allontanata da politici che non hanno il coraggio di affrontare le prove scientifiche». «Ulteriori ritardi nell’affrontare il cambiamento climatico sarebbero pericolosi e profondamente irrazionali».

 

Cambiamento osservato nella temperatura di superficie terrestre, 1901-2012 [IPCC]

 

Il Summary Report fissa in maniera definitiva alcuni punti. Tanto per cominciare, il cambiamento climatico esiste, è «inequivocabile» e ha conseguenze concrete sull’economia mondiale e sullo sviluppo umano, confutando una volta per tutte anche la argomentazioni degli ultimi negazionisti climatici. L’origine del fenomeno di cui il mondo intero è testimone è «chiaramente antropica», e quindi dovute ad attività umane, emissioni di gas serra e deforestazione in primis. Non solo, la concentrazione di CO2 nell’atmosfera, dovuta principalmente all’impiego del carbone come fonte di energia, continua a crescere in maniera inesorabile. Ma contenere l’aumento della temperatura media della Terra (14°C) entro i 2°C rispetto all’era preindustriale – soglia che gli scienziati riconoscono come l’unica in grado di evitare danni irreparabili per la nostra sopravvivenza sul pianeta – è possibile.

 

Il primo intervento necessario è ridurre drasticamente le emissioni su scala globale, dal 40 al 70% tra 2030 e 2050, per arrivare ad annullarle entro il 2100. Più vulnerabili al cambiamento climatico sono i paesi in via di sviluppo, a cominciare dai piccoli stati-isola (SIDS), e decise misure di contenimento potranno salvaguardare la sicurezza alimentare, migliorare l’accesso al cibo e ridurre la povertà globale. Evitando, tra l’alto, conflitti sociali, aumento dei flussi migratori e guerre, perché «il cambiamento climatico – sottolinea il rapporto – può amplificare i fattori ben documentati alla radice di conflitti violenti come la povertà e crisi economiche».

 

Emissioni annuali di gas serra su scala globale, 1970-2010 [IPCC]

 

«La transizione ad una low carbon economy è tecnicamente possibile», ha detto Youba Sokona, co-presidente del terzo gruppo di lavoro Ipcc, che si è soffermato sulle misure di contenimento. Ma «a mancare fino ad ora sono state politiche e istituzioni adeguate. Più aspetteremo ad agire, più costerà adattarci e mitigare il cambiamento climatico». Secondo gli standard dell’economia attuale (business as usual), i consumi nel mondo dovrebbero crescere tra l’1,6 e il 3% entro la fine del XXI secolo. Nello scenario di una mitigazione ambiziosa, l’incidenza sulla crescita economica dovrebbe essere di appena lo 0,06%. Un «rischio gestibile» secondo Sokona. Ma sta ai governi adoperarsi per evitare che l’economia mondiale vacilli e impostare concrete politiche di cooperazione internazionale, con una giusta ripartizione degli oneri, perché «nulla sarà possibile se ciascuno rivendicherà i propri particolari interessi», ha aggiunto Rajendra Pachauri.

 

Innalzamento del livello medio del mare [IPCC]

 

La terza parte del rapporto Ipcc, pubblicata nell’aprile 2014 e richiamata dal Summary Report, delinea un quadro ipotetico della direzione che dovrebbero prendere i flussi finanziari su scala globale tra il 2010 e il 2029, per ridurre efficacemente le emissioni e raggiungere l’imminente traguardo del 2030. Mettendo insieme le stime di vari modelli analizzati, gli investimenti annuali in tecnologie per la produzione di energia elettrica da combustibili fossili dovrebbero diminuire di circa 30 miliardi di dollari (-20% rispetto al 2010). Le risorse investite in fonti rinnovabili e nucleare dovrebbero invece aumentare di circa 147 miliardi di dollari (+100 % rispetto al 2010 ).

 

Infine, le spese per l’ammodernamento delle attrezzature esistenti e per l’efficienza energetica nei trasporti, nell’edilizia, nell’industria crescerebbero di circa 336 miliardi di dollari. Le variazioni ipotizzate sono state calcolate sull’attuale investimento nel sistema energetico globale, pari a circa 1200 miliardi di dollari all’anno. A Copenhagen Ban Ki-moon ha persino rivolto un messaggio agli investitori, come i gestori dei fondi pensione: «Si prega di ridurre gli investimenti nell’economia basata su combustibili fossili e dal carbone e spostarli sulle energie rinnovabili». Diversi studi del resto, hanno previsto conseguenze devastanti sull’economia e sullo sviluppo globali, come Risky Business e Better grow, better climate della Global Commission on the Economy and Climate.

 

Estensione del ghiaccio marino artico tra luglio, agosto e settembre [IPCC]

 

La relazione conclusiva dell’Ipcc giunge in un momento critico per l’azione internazionale sui cambiamenti climatici, con l’imminente scadenza di un nuovo accordo sulle politiche di contrasto da realizzare entro il 2030, che dovrà essere definito alla prossima conferenza internazionale sui cambiamenti climatici dell’Onu (Cop 21), che si terrà a Parigi nel dicembre 2015. Circa un mese, 120 capi di stato e di governo si sono incontrati presso a New York per un meeting preparatorio voluto da Ban Ki-moon in persona per dare inizio agli stringenti negoziati in vista della Cop di Parig. Contemporaneamente nella Grande Mela e in altre città del mondo si è svolta la People’s Climate March, che ha visto centinaia di migliaia di manifesanti chiedere un intervento deciso. Il leader del movimento ambientalista americano Bill McKibben, intervistato su pagina99, ha parlato «della più grande manifestazione ambientalista di sempre».

 

«Non siamo qui per parlare. Siamo qui per cambiare la storia». Aveva detto Ban all’apertura dei lavori, ma le buone intenzioni potranno essere verificate soltanto a Parigi, dove saranno definite le politiche di riduzione delle emissioni per il cosiddetto “dopo 2020”, scadenza del Protocollo di Kyoto, il primo accordo internazionale sul clima siglato nel lontano 1997 e mai ratificato dagli Stati Uniti, prima economia mondiale oggi superata dalla Cina nella classifica dei grandi inquinatori. «Abbiamo questa opportunità e la scelta è nelle nostre mani» ha concluso Pachauri. «Spero che questo rapporto soddisferà i bisogni dei governi del mondo e fornirà la base scientifica per i negoziati su un nuovo accorgo globale sul clima».

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